Cerchiamo innanzitutto di capire
cos’è l’endometriosi,
come si differenzia e
come trattarla. Si tratta di una patologia benigna, caratterizzata della presenza dell’endometrio – la mucosa che dovrebbe rivestire solo la cavità uterina – all’esterno dell’utero (extrauterino), come ad esempio sulle ovaie (la forma più comune è l’endometriosi ovarica) o su altre strutture pelviche o addominali, fra cui:
- il peritoneo pelvico (fossette pelviche, setto retto/vaginale, plica vescico/uterina);
- gli organi pelvici (vescica, uretere, intestino).
La presenza anomala di questa mucosa tende alla formazione di
cisti, la cui dimensione può variare da qualche millimetro fino a dieci centimetri nei casi più gravi. Possono comparire sia laterali che monolaterali, cioè trovarsi solo su un ovaio o su entrambi.
I
dolori caratterizzano l’endometriosi: la presenza anomala della mucosa crea uno stato di infiammazione cronica che si manifesta, appunto, con dolori che possono diventare talmente forti da impedire il normale svolgimento delle attività quotidiane.
Gli stadi dell’endometriosi più avanzati (di III e IV grado), danno diritto a una esenzione per alcune prestazioni specialistiche di controllo, poiché la patologia rientra fra le malattie croniche e invalidanti.
Spesso l’endometriosi viene messa in relazione con la
difficoltà a concepire un bambino e, nei casi più gravi, se trascurata, può portare a sterilità. Ma sono anche tante le donne che sono riuscite a portare a termine una gravidanza. Nel momento in cui viene diagnosticata tale malattia, è bene non abbattersi e non darsi per vinte, ma avvalersi di medici specializzati che possano consigliare le giuste terapie e l’iter terapeutico più adatto alle esigenze personali.
L’endometriosi può essere di diversi
tipi, che si caratterizzano per differenti particolarità. Vediamo le più comuni.