Maria Cecilia Hospital / 09 settembre 2014

Contenzioso medico-legale: la Società Italiana di Cardiochirurgia e l'Europa sollecitano l'Italia ad adeguarsi alla normativa comunitaria.

Contenzioso medico-legale: la Società Italiana di Cardiochirurgia e l'Europa sollecitano l'Italia ad adeguarsi alla normativa comunitaria.

Marco Pagliaro: “Chiediamo che l’Italia adegui la normativa a quella degli altri Paesi dell’Ue. Non è possibile adattare le leggi sulla criminalità alle pratiche chirurgiche. Le compagnie assicurative non vogliono più sottoscrivere polizze con gli specialisti e presto l’assicurazione sarà obbligatoria”.

Denunciabilità ridotta da 10 a 5 anni e tetto massimo di risarcimento fissato a 500mila euro
I presupposti per fare bene e in tempi certi ci sono. Le proposte di legge anche. Mettere ordine nella normativa riguardante il contenzioso medico-legale è una delle priorità della task force che nelle scorse settimane ha incontrato il Commissario europeo alla Salute, Tonio Borg.
Il Dottor Marco Pagliaro, cardiochirurgo a Maria Cecilia Hospital, struttura sanitaria di GVM Care & Research, ed esponente, dal 2007, della SICCH (Società Italiana di Cardiochirurgia) è portavoce delle istanze degli specialisti che chiedono con urgenza una rivisitazione dei dispositivi oggi eccessivamente penalizzanti per la categoria.

Dottor Pagliaro, qual è lo “stato dell’arte” della vostra battaglia sia in ambito Ue sia in Italia?
“In Italia molto presto sarà obbligatoria l’assicurazione professionale. La battaglia che vede uniti, su più fronti, le società scientifiche e chirurgiche, nonché le categorie mediche più a rischio – tra cui gli anestesisti, i ginecologici, gli ostetrici, i cardiochirurghi – è rivolta ad ottenere un accordo con le compagnie assicurative che allo stato attuale, considerata la normativa vigente nel nostro Paese, si rifiutano di sottoscrivere i contratti. Noi chiediamo al Governo una rivisitazione della legislazione attuale in quanto l’Italia, al pari della Polonia e del Messico, contempla l’accusa di omicidio colposo qualora la malattia vinca sulle abilità terapeutiche del chirurgo e del professionista. L’adeguamento è assolutamente necessario e urgente. Chiediamo inoltre, ad uniformità con gli altri Stati dell’Unione Europea, la riduzione da 10 a 5 anni della finestra di denunciabilità del medico da parte del paziente, nonché l’applicazione delle tabelle a tempo contemplate nel Decreto Balduzzi, ma mai convertite in legge, per un tetto massimo di risarcimento pari a 500mila euro. In assenza di correzioni legislative, rischiamo l’azzeramento delle polizze, continuamente disdettate (la medicina difensiva è arrivata a costare allo Stato qualcosa come 15 miliardi di euro, diversi punti di PIL, ndr)”.

Quale il risultato dell’incontro all’Ue?
“Le commissioni europee, per quanto detengano potere, si fermano davanti alla sovranità degli Stati membri, cioè vi è il rispetto della sussidiarietà. Il Paese di riferimento può decidere di fare a modo proprio. Dietro nostra sollecitazione, all’incontro erano presenti autorevoli esponenti del mondo politico, la Commissione alla Salute ha invitato l’Italia ad adeguarsi, in rispetto di un precedente trattato sottoscritto dal nostro Paese. Se è vero che esiste la possibilità per i medici di circolare liberamente in Europa e l’opportunità per il paziente di operarsi all’estero e farsi rimborsare dai Paesi di provenienza, allora non si capisce perché in Italia lo stesso chirurgo è passibile di omicidio colposo, e paga 20mila euro di polizza, mentre in Francia ci si ferma al risarcimento in sede civile”.

Il caso Italia, più in dettaglio?
“In buona sostanza, In Italia nel momento in cui incidi con il bisturi un paziente, stai creando una lesione al malato protetta e autorizzata dal consenso informato; ma questa è una visione completamente distorta della realtà. E’ piuttosto un adattamento delle leggi sulla criminalità alle pratiche chirurgiche non contemplata negli altri Paesi. Negli altri Stati si considera, concretamente, l’evenienza di una malattia in grado di vincere sulle strategie terapeutiche. Dunque, bene il risarcimento; bene i tempi rapidi ma non 10 anni per incriminare il medico sia in sede penale che civile. Le assicurazioni obiettano: se un chirurgo esegue una cataratta e può essere denunciato a distanza di due lustri, noi dobbiamo tenere bloccati quei fondi sulla base della cifra risarcitoria richiesta dal paziente”.

Il modello a cui vi ispirate in ambito europeo, cosa prevede?
“Il modello di riferimento è quello francese. In primis perché è previsto un tetto massimo di risarcimento e poi perché la questione viene inquadrata come contratto di tipo civile; nessuna delle parti in causa ipotizza il dolo (se non nei casi di vera negligenza, ndr). Altro aspetto da non sottovalutare, l’eventuale possibilità di rivalsa, da parte del medico, nei confronti del perito e del paziente che tentano di ottenere soldi non dovuti” .

Quali i prossimi passi?
“Occorre uniformare le proposte di legge già depositate, entrambe efficaci, per ottenere un disegno di legge unico e attuare la riforma; anche se in Italia la presenza della Doppia Camera può rallentare un po’ l’iter”.

Le scadenze?
“Scadenze non ne sono state date, ma con gli estensori delle proposte di legge ho rapporti diretti. Dalla Società Italiana di Cardiochirurgia ho avuto l’incarico di organizzare un convegno sull’argomento all’interno del congresso nazionale: tra gli ospiti-relatori il Capo della Procura di Ravenna, il Ministro di Grazia e Giustizia, il Sottosegretario al Ministero della Salute e con buona probabilità, il Presidente della Corte di Cassazione. Il convegno è fissato per il 28 novembre a Roma all’Hotel Ergife”.

E’ fiducioso sulla possibilità di uniformare le proposte di legge?
“Sì molto fiducioso; 65mila medici professionisti stanno per restituire i cartellini agli Ordini. Il problema non è litigare su cosa sia più giusto, ma se non cambia la normativa non sarà più possibile svolgere serenamente il proprio lavoro”.

In Italia, l’assicurazione è tutta a carico del medico?
“Prima era contemplata una “colpa” di struttura, in cui il medico operava. A seguito di alcune sentenze, e non sulla base di leggi specifiche, il contratto tra medico e paziente è cambiato”.

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