L’aritmia cardiaca più diffusa al mondo si cura con
l'energia superfredda:
Maria Cecilia Hospital ospedale di Alta Specialità
GVM Care & Research accreditato S.S.N., è tra i
primi Centri in Italia e in Europa per l’alto numero di casi affrontati, efficacemente e a minor percentuale di complicanze (l’1% contro il 3,8% del Registro nazionale), mediante
la crioablazione.
Ogni anno l’Unità di Aritmologia ed Elettrofisiologia coordinata dal dottor Saverio Iacopino esegue oltre 300 procedure tramite Cryoenergia - questo il termine tecnico della metodica interventistica - su pazienti colpiti da
fibrillazione atriale.
La fibrillazione atriale è un'aritmia particolarmente insidiosa e molto diffusa.
Il sintomo del battito molto rapido ed irregolare è il primo campanello d’allarme. Una malattia, l’incidenza cresce all’avanzare dell’età , rende impossibile un’efficace contrazione delle cavità atriali del cuore che si ripercuote, a sua volta, sulla funzionalità dei ventricoli e sul flusso sanguigno.
Può portare ad ictus cerebrale, scompenso cardiaco e gravi problematiche renali.
“
I dati dell’esperienza di Maria Cecilia Hospital sull’ablazione (rimozione del difetto elettrico) mediante Cryoenergia –
spiega sempre Iacopino -
confermano il nostro Centro quale struttura in Italia e in Europa con la maggiore percentuale di casi sottoposti ad efficace terapia”.
Nel corso
del 12° Meeting Internazionale sulla fibrillazione atriale che si è svolto a Bologna, il dottor Iacopino ha presentato i numeri del progetto multicentrico italiano denominato
1STOP che raccoglie gli esiti relativi a
2.536 pazienti sottoposti a crioablazione, ad oggi
il più ampio Registro sull’ablazione in assoluto su scala mondiale, dimostrando che è stato possibile ottenere con la procedura in acuto un isolamento completo delle vene polmonari (l’origine degli impulsi elettrici errati) pari al 98,2%.
A livello nazionale al follow-up (controllo medico) medio a 2 anni,
circa l’80% dei pazienti con fibrillazione atriale parossistica (durata inferiore ai 7 giorni)
trattati in crioablazione mantiene un regolare ritmo cardiaco. E lo stesso accade nel 60% dei malati affetti dalla forma persistente (durata superiore ai 7 giorni). Ciò a fronte di complicanze procedurali nell’ordine del 3,8%, percentuale sensibilmente più bassa rispetto a quanto riportato in pazienti trattati con Radiofrequenza (ablazione transcatetere a caldo estremo), circa il 6% secondo i dati di una survey mondiale.
Concentrando l’attenzione su
Maria Cecilia Hospital, la crioablazione ha dato riscontri ancora più positivi. “
Al follow-up medio di 16 mesi -
dice il dottor Iacopino -
circa il 90% dei pazienti con fibrillazione atriale parossistica mantiene il ritmo sinusale. Dato che si attesta al 70% nei soggetti colpiti dalla forma persistente. Mentre le complicanze procedurali scendono all’1%, quindi meno della quota inserita nel Registro italiano”.
Dottor Iacopino, come funziona la crioablazione?
"La crioablazione è la tecnica che utilizza un dispositivo medico a forma di palloncino (il “criopallone”) in grado di sfruttare l’energia fredda - la temperatura media varia dai -40° ai -45° - per cicatrizzare, ghiacciandolo, il tessuto da cui scaturisce il problema elettrico del cuore. Nella crioablazione, l’energia fredda si somministra in maniera più omogena rispetto alla Radiofrequenza (o ablazione a caldo estremo). Il dispositivo, del diametro di circa 30 millimetri, è introdotto dall’atrio sinistro in corrispondenza delle 4 vene polmonari. Contiene un piccolo sensore capace di riprodurre i segnali elettrici da eliminare; in questo modo si è in grado di capire dove, durante la procedura, il segnale smette di propagarsi. Se il potenziale elettrico s’interrompe entro 1 minuto dall’inizio dell’ablazione, l’efficacia del trattamento è a lungo termine.
È una metodica che richiede una sedazione del paziente meno profonda. Dà minore rischio di recidive, riduce di molto l’esposizione radiologica e anche gli eventi avversi dopo la procedura (necessità di eseguire una cardioversione elettrica o di ripetere l’ablazione).
Richiede una sedazione del paziente meno profonda".