ambulatorio

La colon-proctologia è la branca che si occupa dei disturbi del retto e del canale anale, tra cui:
  • emorroidi
  • ragadi
  • fistole
 
EMORROIDI
Rappresentano una problematica mlto frequente, circa il 25 % della popolazione adulta, spesso derivante da uno stile di vita non corretto (sedentarietà, alimentazione, ecc..).
Si dividono in  esterne ed interne  in relazione alla loro posizione nel canale anale. Le emorroidi interne possono anche essere classificate secondo 4 diversi gradi: 1˚ grado: le emorroidi possono protrudere, ma non sono prolassate; 2˚ grado: presentano un prolasso intermittente, con riduzione spontanea al termine dello sforzo; 3˚ grado: il prolasso deve essere ridotto manualmente dal paziente; 4˚ grado: il prolasso e' irriducibile.
Si manifestano con sintomi come il  sanguinamento, il dolore o bruciore anale, il prurito, le perdite di muco e l'irritazione anale; tra le principali complicazioni, troviamo l'emorragia massiva, il prolasso emorroidario e le trombosi.
La diagnosi avviene mediante una visita proctologica, composta da una ispezione dell'ano, l'esplorazione rettale e l'anoscopia, sempre dopo avere escluso eventuali patologie piu' gravi con una rettoscopia e un clisma opaco o, meglio, con una colonscopia.
Per la terapia  delle emorroidi esistono diversi rimedi, che possono essere ambulatoriali parachirurgici o propriamente chirurgici: nei casi più lievi (1˚  e 2˚  grado), dopo la caduta in disuso della crioterapia,  e' possibile oggi ottenere ottimi risultati con la legatura elastica  oppure con la fotocoagulazione mediante raggi infrarossi. La scelta tra le due metodiche, entrambe ugualmente valide,  dipende dal tipo di emorroidi da trattare e dalla quantita' di tessuto che si desidera rimuovere.  Tuttavia, nei casi più avanzati ( 3˚  e 4˚ grado) questi rimedi non sono altrettanto efficaci, ed e' necessario il ricorso ad un vero e proprio intervento chirurgico radicale. Fino a non molto tempo fa, questo significava un ricovero medio di circa 4-5 giorni, una astensione dall’attività lavorativa per circa un mese, e... proverbiali gravi sofferenze per il dolore nel periodo postoperatorio. I vantaggi della chirurgia mini-invasiva hanno interessato anche la chirurgia proctologica e gli interventi qui descritti non hanno solo una funzione “demolitiva” ma mirano a una ricostruzione plastica del canale anale. Questo significa un dolore postoperatorio inferiore e un miglior risultato funzionale a distanza.
 

EMORROIDECTOMIA  CON TECNICA CHIUSA (SECONDO NIVATVONGS-ANNIBALI)

La tecnica eseguita e' quella  perfezionata presso la prestigiosa Mayo Clinic negli Stati Uniti. L’anestesia è locale, simile a quella effettuata da un esperto dentista per effettuare interventi nel cavo orale, è completamente indolore. Il contemporaneo impiego di anestetici locali ad effetto immediato e durata limitata in aggiunta a farmaci a prolungata durata di azione consente di ottimizzare l’anestesia e l’analgesia intra e post operatoria, non dimenticando che il comfort del paziente viene comunque sempre garantito dall’indispensabile assistenza anestesiologica con l’aggiunta di una eventuale sedazione nell caso di pazienti particolarmente ansiosi o tesi. E’ utile che sia il chirurgo in prima persona a realizzare il blocco anestetico; questo si compone infatti di una prima fase che consiste nell’iniettare il liquido anestetico nella mucosa insensibile al di sopra della linea pettinata; successivamente, l’anestetico viene fatto “defluire” nella cute sensibile al di sotto della linea pettinata mediante appositi massaggi.
Non viene eseguita alcuna legatura interna dei gavoccioli (spesso tra le maggiori cause del dolore), perché questi vengono asportati estendendo la resezione all'interno del canale anale oltre i limiti imposti dalla tecnica tradizionale grazie all’impiego di particolari dilatatori. Questo è garanzia di maggiore radicalita' nella cura della malattia: il numero di recidive emorroidarie (meno dell’1%) e' infatti considerevolmente inferiore rispetto a quello osservato dopo intervento eseguito con la tecnica tradizionale (più del 20%). Infine, le ferite vengono suturate, ripristinando la continuità della mucosa anale senza dolorose e fastidiose lesioni "aperte" che possono creare disagio anche per la perdita di maleodoranti secrezioni. Non è quindi più necessario introdurre fastidiosi tamponi nel canale anale al termine dell'intervento. I punti di sutura vengono riassorbiti  e le ferite guariscono in un breve periodo di circa 7-10 giorni; la maggior parte dei pazienti e' in grado di riprendere le normali attivita' lavorative dopo circa una settimana.
 

RAGADI

La ragade anale e' una patologia molto diffusa, presente in qualsiasi eta', anche se viene riscontrata piu' frequentemente nei giovani o negli adulti di mezza eta'. Le ragadi possono essere acute   o croniche.    Nel primo caso si tratta di semplici lacerazioni della cute del margine anale. La tendenza alla cronicità si associa a certi cambiamenti come, per esempio, un rigonfiamento polipoide a livello della estremita' inferiore della ragade, chiamato"polipo sentinella" , alla ipertrofia della papilla situata in prossimita' dell'estremita' superiore della ragade, all'ispessimento fibroso dei bordi  e alla evoluzione settica, con formazione di un ascesso perianale   o di una fistola perianale. Caratteristica e' anche la presenza di uno sfintere interno molto contratto e fibrotico. Lo spasmo del muscolo e' certamente conseguenza del dolore provato, ma probabilmente ha anche un ruolo  nella formazione della lesione. I sintomi  piu' caratteristici sono il dolore al momento della evacuazione e il sanguinamento. Il dolore  e' particolarmente vivo ed intenso e puo' perdurare anche per ore dopo l'atto della defecazione. Puo' tuttavia, anche se raramente, essere cospicuo e portare a una anemia. Per quanto riguarda la terapia, nel caso di una ragade acuta puo' essere sufficiente l'adozione di alcune norme igieniche  e dietetiche elementari per evitare la costipazione e mantenere le feci morbide, associate a pomate con azione rilassante sulla muscolatura sfinterica per ridurre lo spasmo muscolare sfinterico. Nelle ragadi croniche, l'unica terapia veramente efficace rimane quella chirurgica. La tecnica tradizionale prevede la sfinterotomia interna, ossia la sezione chirurgica delle fibre della porzione inferiore del muscolo sfintere interno. Si riduce cosi' la tensione perifericamente, a livello del margine anale, senza intaccare la funzione di continenza, che e' maggiormente legata alle fibre superiori dell'anello anorettale.La sfinterotomia viene associata alla asportazione chirurgica del tessuto affetto dalla ragade e a una anoplatica. Nei casi in cui la ragade sia particolarmente ampia, o quando sia già presente un restringimento cicatriziale dell'ano, si può ricorrere a una tecnica più recente che consente di eseguire la anoplastica utilizzando un piccolo lembo di pelle prelevato dalla regione adiacente all'ano per ricoprire la ferita aperta dalla ragade. Questa tecnica presenta anche il vantaggio di non dover sezionare le fibre muscolari.  In entrambi i casi le ferite chirugiche sono piccole, poco dolorose e cicatrizzano rapidamente; il dolore post-operatorio e' minimo, con una ripresa dell'attivita' lavorativa dopo circa due o tre giorni.
 

FISTOLE ANALI

Le fistole originano da piccoli ascessi che si formano nelle cripte all'interno dell'ano. Il materiale purulento tende quindi a raccogliersi nello spazio tra il muscolo sfintere interno e quello esterno; da qui, la raccolta ascessuale tende a creare dei "tunnel" o per portarsi verso l'esterno del corpo e aprirsi nella cute intorno all'ano (fistole anali) o per costituire cavita' ascessuali piu' vaste negli spazi intorno al retto, normalmente occupati da tessuto adiposo (ascessi perianali e perirettali). La fistola si presenta come un rigonfiamento doloroso intorno all'ano, nel cui contesto e' possibile identificare un foro da cui fuoriesce materiale purulento. Le fistole venono classificate come intrasfinteriche, intersfinteriche, transfinteriche ed extrasfinteriche, secondo i rapporti che contraggono con la struttura sfinterica muscolare. La diagnosi  avviene mediante l'identificazione del tragitto,  e dell'orifizio situato all'interno del canale anale, mediante uno specillo o l'iniezione di particolari sostanze coloranti. La terapia delle fistole semplici intrasfinteriche consiste nell'apertura del tramite fistoloso con il bisturi elettrico o il laser: la ferita viene lasciata guarire spontaneamente, e l'unica cura richiesta sono dei lavaggi frequenti. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare il decorso post-operatorio non e' doloroso; anche se il tempo di guarigione completa e' piuttosto lungo, questo non impedisce la ripresa di una attivita' normale pochi giorni dopo l'intervento. Nei casi di fistole complesse, in cui l'apertura della fistola richiederebbe il sacrificio di una porzione troppo ampia del muscolo sfintere, si puo' ricorrere al metodo del setone:  un filo di seta viene inserito lungo il tragitto fistoloso e posto in leggera trazione. Con il tempo, aggiustando continuamente l'entita' della trazione, il filo otterra' la duplice azione di aprire progressivamente la fistola, provocando allo stesso tempo la reazione cicatriziale che consente di salvaguardare la funzione dello sfintere.
In alternativa al setone, sempre per le fistole complesse, hanno fatto recentemente la loro comparsa nell’armamentario del chirurgo anche nuove tecniche:
 
  • con la radiofrequenza o il laser è possibile eseguire la tecnica VAAFT (Video Assisted Anal Fistula Treatment), in cui non vengono eseguiti tagli. Mediante una piccolissima sonda dotata di telecamera è possibile seguire il tragitto fistoloso primario e di identificare anche eventuali tragitti secondari, elettrocoagulandoli con un elettrobisturi o un bisturi a radiofrequenza,  riducendo drasticamente la possibilità di recidiva. I vantaggi di questa tecnica sono la breve degenza con ripresa rapida dell'attività lavorativa e l’eliminazione del rischio di incontinenza
  • il metodo LIFT ( Ligation of Intersphincteric Fistula Tract) si effettua sezionando tra legature il  tratto della fistola localizzato nello spazio esistente tra sfintere anale interno e sfintere anale esterno. In questo modo è possibile trattare la fistola riducendo al minimo il rischio di incontinenza anale
  • esistono oggi particolari protesi biologiche (sotto forma di colle iniettabili o “plug”) da inserire nel tramite, con risultati promettenti in casi selezionati

 

CISTI E FISTOLE PILONIDALI

Le cisti e le fistole pilonidali costituiscono un notevole disturbo per le persone che ne sono affette. Si tratta di piccole aperture a fondo cieco, situate posteriormente all'ano e a breve distanza da questo, generalmente contenenti peli (il termine pilonidale deriva dal latino pilus=pelo e nidus=nido). E' una patologia tipica della giovane eta' (eta' media circa  25 anni) e piu' frequente nel sesso maschile (74%). Si riscontra, di solito, in soggetti dalla carnagione e capelli scuri con molti peli cutanei. La storia clinica : la condizione non viene scoperta fino a quando non si verifica l'infezione, che porta poi all'ascesso: Questo puo' quindi "scoppiare" spontaneamente o essere inciso dal curante. La perdita di  pus si esaurisce in  qualche giorno, ma si puo' spesso apprezzare un'area indurita per una o due settimane. Il paziente puo' poi sentirsi bene, per settimane o mesi, fino a quando si ripresenta un nuovo ascesso con la medesima sequela di eventi. Si possono avere anche molti episodi ascessuali prima che venga posta la corretta diagnosi. Al momento della diagnosi, si notano uno o piu' orifizi, piuttosto ampi, sulla linea mediana, circa 5 centimetri posteriormente all'ano, ricoperti dalla pelle e dai quali fuoriescono peli. Talvolta questo e' tutto cio' che e' possibile rinvenire, ma nella maggior parte dei casi e' presente un altro orifizio piu' in alto, da un lato o dall'altro rispetto alla linea mediana. Esiste poi un'area indurita ed ovale che collega i due orifizi, la cui spremitura causa spesso la fuoriuscita di pus o liquido siero-purulento.  L'esatta origine delle fistole pilonidali non e' stata ancora chiarita: accanto ad alcune teorie che indicano una condizione congenita e malformativa nell'individuo, presente gia' alla nascita, ve ne sono altre in favore di una patologia acquisita.
Per molto tempo la cura  di questa condizione ha rappresentato un problema sia per il paziente che per il chirurgo. Una volta curato l'episodio acuto con il drenaggio dell'ascesso e la successiva risoluzione del processo infiammatorio, e' necessario asportare tutti i tramiti fistolosi e il tessuto ad essi circostante. La ferita che residua, tuttavia, presenta notevoli difficolta' di guarigione, proprio per la sua posizione nel corpo. La notevole tendenza alla riapertura della ferita dopo essere stata riapprossimata ha fatto si' che la grande maggioranza dei  chirurghi, oggi come in passato, tenda a lasciare la ferita aperta, senza nemmeno tentare una chiusura con punti di sutura, aspettando una guarigione spontanea. L'evoluzione naturale del processo, tuttavia, e' lenta, e costringe il paziente  a un lungo periodo di inattivita' (circa due-tre mesi), con la necessita' di doversi sottoporre quasi quotidianamente a medicazioni piuttosto dolorose, senza considerare poi il fastidio di una piaga maleodorante e quello di una ingombrante medicazione con garze. Non raramente, inoltre, invece della completa chiusura della ferita residua un nuovo tramite fistoloso, di difficile trattamento.
L'adozione di particolari accorgimenti chirurgici, di una piu' moderna strumentazione  e l'ausilio di una meticolosa tecnica operatoria ha consntito, dopo anni di esperienza,  di  ottenere elevate percentuali di guarigione dopo sutura diretta delle ferite. Diverse soluzioni tecniche innovative consentono di chiudere inizialmente ogni ferita, nell'intento di determinare un  decorso postoperatorio meno gravoso per il paziente con una piu' rapida ripresa delle normali attività.
Recentemente ha fatto la sua comparsa la tecnica E.P.Si.T. (Endoscopic Pilonidal Sinus Treatment) per il trattamento delle fistole sacro-coccigee seguendo gli stessi principi adottati  con la VAAFT per le fistole perianali.  Anche in questo caso la visione diretta garantisce la possibilità di individuare e distruggere con radiofrequenza  tramiti secondari o cavità ascessuali non visibili con le tradizionali tecniche chirurgiche.
I vantaggi sono la completa guarigione evitando ampie ferite chirurgiche e soprattutto lunghe e dolorose convalescenze; non sonoquindi  necessari, nel periodo postoperatorio, medicazioni, ma solo lavaggi con soluzione fisiologica effettuabili dal paziente stesso senza avvertire dolore.


 

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