Le diverse patologie che interessano l’apparato locomotore e quindi le articolazioni tendono a ridurre, in maniera più o meno marcata, la flessibilità e la mobilità dell’articolazione stessa. Anche il gomito non ne è esente: abbiamo affrontato la patologia del
gomito rigido con il
Dottor Angeloni Renzo specialista in
Ortopedia e Traumatologia al
Santa Rita Hospital.
Com’è strutturato il gomito?
“Il gomito è un'articolazione molto complessa le cui combinazioni di movimenti ci permettono di compiere tutti i gesti più semplici della vita quotidiana. L’osso del gomito non è coperto da grandi strati di tessuto che possano proteggerlo, pertanto risulta piuttosto esposto a microtraumi che rischiano di compromettere il movimento causando una rigidità del gomito stesso”.
Che cosa si intende per rigidità del gomito?
“La
rigidità del gomito è una riduzione del movimento dell’articolazione che normalmente va da 140° di flessione a 0° in estensione. Può essere congenita, causata da patologie infiammatorie, da traumi o da
artrosi degenerativa.
Il
sintomo principale è la limitazione della funzionalità che può avere molti gradi o deficit e interessare uno o più movimenti. Può riguardare quello di
flessione, per esempio quando accostiamo la mano al volto, il movimento di
estensione, come quando allunghiamo il braccio per prendere oggetti che sono lontani da noi, quello di
prono-supinazione che ci permette di ruotare il palmo della mano o verso il basso o verso l’alto, oppure può interessare sia il movimento di flessione- estensione sia di prono- supinazione insieme.
Il gomito rigido rende difficoltosi anche i più semplici gesti della vita quotidiana (allacciarsi le scarpe, telefonare, ecc) ed è veramente invalidante. Spesso la sintomatologia dolorosa è assente, nei casi in cui si manifesta è essenziale valutarne le caratteristiche”.
Come si diagnostica e come si cura?
“Gli esami richiesti per stabilire se si tratta di rigidità del gomito-prosegue il Dottore- sono: radiografia e
TAC bi e tridimensionale. L’obiettivo primario è quello di ristabilire i movimenti naturali di estensione e flessione.
Contemporaneamente a un piano riabilitativo personalizzato, si aiuta il paziente con la prescrizione di un tutore per contenere l’articolazione, in modo che, qualunque movimento il soggetto compia con il braccio non peggiori la patologia esistente. Si tende a cercare di conservare quanto più possibile i tessuti originali, rimodellandoli in modo da permette il movimento funzionale del gomito”.
E se la rigidità continua?
“Se la rigidità persiste bisogna intervenire chirurgicamente e due sono i tipi di intervento possibili: a cielo aperto (attraverso un’incisione estesa) o per via artroscopica, tecnica chirurgica mininvasiva riservata a rigidità minori; infatti l
’artroscopio, strumento in grado di visualizzare e trattare le strutture articolari, con un gomito molto rigido, potrebbe causare danni irreversibili all’articolazione, perché anteriormente e medialmente vi sono la maggioranza dei vasi sanguigni e i nervi per cui bisogna arrivare all’osso preservando queste strutture nobili che, se danneggiate, potrebbero compromettere il buon esito della procedura chirurgica.
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