Le patologie dell'occhio: chirurgia vitreo-retinica, microsonde e farmaci antiproliferativi per guarirle

Le patologie dell'occhio: chirurgia vitreo-retinica, microsonde e farmaci antiproliferativi per guarirle
Microsonde, bolle d’aria miscelate a gas, olio di silicone, iniezioni a base di farmaci antiproliferativi.
 
La moderna chirurgia vitreo-retinica unisce il’interventistica ‘tradizionale’ a metodiche di ultima generazione capaci di ‘aggredire’ dall’interno le malattie dell’occhio.
 
In Piemonte, a Torino, Maria Pia Hospital - struttura di Alta Specialità accreditata S.S.N. e Clinica Santa Caterina da Siena - struttura privata polispecialistica costituiscono un polo diagnostico-terapeutico d’eccellenza in ambito oculistico con circa 2000 procedure l’anno.
 
Il lavoro d’équipe chirurgica svolto a Maria Pia Hospital - coordinato dal Dottor Felice Miranti e dal Dottor Marco Jacobbi, in qualità di Responsabili - annovera la collaborazione di numerosi, affermati professionisti: i Dottori Cristina Battista, Elena Boero, Luisella Camerino, Francesca Fronticelli, Tiziana Foà, Patrizia Musso, Ettore Renis, Angela Santella, Luca Ventre e l’Ortottista Enrico Miglioretti.
 
“La chirurgia vitreo-retinica - spiega il Dottor Felice Miranti, Co-Responsabile dell’Unità Operativa di Oculistica a Maria Pia Hospital - viene praticata per curare tutta una serie di patologie della retina e del corpo vitreo riassumibili in 5 grandi capitoli: distacco della retina; retinopatia diabetica; patologie vitreali, trazioni vitreo-maculari, maculopatie”.

 
La retina assomiglia molto alla pellicola della macchina fotografica. È un tessuto che riveste per intero la faccia interna dell’occhio ed è costituito da fibre nervose e fotorecettori. Sono proprio i fotorecettori, neuroni ‘specializzati’ sensibili alla luce, a tradurre gli impulsi luminosi in messaggi biolettrici e portare l’immagine al cervello tramite il nervo ottico”.
 
“Come gli altri tessuti, la retina può ammalarsi e andare incontro ad alterazioni più o meno gravi. La sua scollatura (o distacco) avviene per diversi motivi: tra cui, uno in particolare, la miopia. Nei soggetti miopi - cioè in coloro con difetti di refrazione tali da impedire la messa a fuoco da lontano - l’occhio è più grande rispetto al normale mentre la retina appare più sottile ed esposta alle lacerazioni. Quando ciò accade, questa pellicola fotografica naturale - di per sè già tanto fragile -, perde il contatto con la faccia interna dell’organo, inizia a sventolare e il paziente non vede più”.
 
“Negli individui più giovani o con distacchi di retina più limitati, l’intervento consiste nell’agire esternamente dall’occhio applicando dei cilindretti o degli anellini in silicone che riavvicinano la parete alla retina in modo da ‘chiudere’ la rottura e riappianare il tessuto lacerato. Vengono chiamati interventi episclerali di cerchiaggio o impianti episclerali: si effettuano in anestesia locale e richiedono al massimo una notte di ricovero (se non eseguiti in Day Hospital). Al primo step segue poi la saldatura  al laser della retina”.
 
“Se, al contrario, il distacco di retina ha dimensioni più ampie e il paziente ha già subito un altro intervento (ad esempio la cataratta) e nel determinare il distacco del tessuto retinico vi è una prevalente azione meccanica da parte del corpo vitreo, si opta per la vitrectomia”.
 
La microchirurgia laparoscopica dell’occhio
 
“Il corpo vitreo ha le caratteristiche di una gelatina, trasparente, che riempie l’occhio. Funziona da stabilizzatore/ammortizzatore. Ma se perde la sua peculiarità, ovvero si ammala, a volte si mette a tirare sulla retina originando il distacco. La vitrectomia ricorda un po’ gli interventi di laparoscopia fatti per togliere i calcoli dalla cistifellea. Utilizzando tre microsonde da 0,5-0,9 millimetri si entra nell’occhio, si aspira il corpo vitreo malato - la procedura è attuata sotto continuo controllo al microscopio operatorio - e s’iniettano alcuni sostituti ‘artificiali’ che avranno il compito di puntellare la retina e permettere al paziente di guarire e riacquistare la vista. I sostituti del vitreo originale sono “le bolle d’aria miscelate a gas” non tossici per l’organismo umano; l’olio di silicone. Qualora si faccia ricorso alla bolla d’aria miscelata a gas, nel giro di un mese o poco più la stessa sarà completamente riassorbita dall’occhio e non occorrerà re-intervenire. Con l’olio di silicone, a 2-3 mesi di distanza dalla prima procedura sarà necessario rioperare il paziente ed asportare il materiale iniettato in precedenza. La valutazione sulla metodica da impiegare segue l’esito degli accertamenti diagnostici e si basa sulla gravità del distacco riscontrato”.
 
Il trattamento dell’emovitreo
 
“In alcune circostanze - spiega ancora il Dottor Miranti - il corpo vitreo può opacizzarsi e rendere impossibile la trasmissione delle immagini alla retina e quindi al cervello. Succede dopo un trauma fisico o per una complicanza del diabete: la retinopatia diabetica. La retinopatia diabetica è a tutti gli effetti una vasculopatia; una malattia dei capillari (microangiopatia periferica) dovuta al diabete di lunga data non ben controllato. L’ischemia (la sofferenza) dei vasi sanguigni che ossigenano la retina, induce la nostra pellicola fotografica a sopperire alla mancanza circolatoria attraverso la formazione di nuove ‘vie’ che però non ‘lavorano’ in maniera altrettanto efficace ed iniziano a ‘perdere’ sangue oscurando, progressivamente, il corpo vitreo. L’apparente, ‘buon’ meccanismo di compensazione in risposta alla sofferenza (ischemia) dei vasi naturali, in realtà conduce a conseguenze devastanti e in certe condizioni a cecità: seppur in percentuale minore rispetto al passato, quando il diabete era curato poco e male e non si faceva nessuna prevenzione. Nelle situazioni di emovitreo - è il termine specialistico - dobbiamo, trascorso 1 mese senza che l’emorragia risulti riassorbita, aspirare il sangue e, una volta messa in luce la retina, individuare i neo-capillari responsabili dell’emorragia per occluderli definitivamente con il laser”.
 
Trazioni vitreo-maculari e degenerazione maculare
 
“Abbastanza frequenti - aggiunge Miranti - compaiono altresì le patologie dell’interfaccia vitreo-retinica. Ad iniziare dalle trazioni del vitreo sulla retina fino a ‘stropicciarla’ e provocare dei ‘buchi’  maculari (la macula è la parte centrale della retina). Buchi determinanti un appannamento nella visione centrale dell’occhio oppure una distorsione della visione (una linea retta viene percepita ondulata). In dette condizioni, la microchirurgia è d’aiuto nel recupero/mantenimento della vista. Così come nelle degenerazioni maculari (maculopatie essudative), specie dopo i 70 anni, trattabili per mezzo d’iniezioni intravitreali a base di farmaci anti-VEGF che bloccano/inibiscono la proliferazione di neo-vasi sanguigni ‘complici’ della malattia”.
 
Il ruolo della prevenzione
 
“Sotto il profilo della prevenzione delle malattie vitreo-retiniche - conclude Miranti - è importante ricordare che un buon equilibrio psicofisico e un adeguato regime alimentare contribuiscono a mantenere in salute anche l’occhio. Tuttavia, alla comparsa di disturbi più specifici - macchie scure nel campo visivo, presenza di corpi mobili vitreali, flash luminosi, offuscamenti ‘ingiustificati’ della vista - la visita oculistica è d’obbligo. Visita consigliata pure in chi non è portatore di difetti e non avverte alcun fastidio ma ha superato i 40 anni. Controllo da ripetere almeno ogni 2-3 anni a scopo preventivo. Tenendo conto dell’invecchiamento dell’organo e della possibile comparsa di altre patologie, quali cataratta e glaucoma”. 

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