Neurologia: la “disciplina globale” che cura cervello, midollo spinale e nervi

Neurologia: la “disciplina globale” che cura cervello, midollo spinale e nervi
Il Dottor Giovanni Bianchedi ci spiega quali sono le patologie di riferimento e in che modo è possibile affrontarle.

Dottor Bianchedi chi è lo specialista in Neurologia? Di quali patologie si occupa e come interviene a livello terapeutico?
 
“Il medico Neurologo è lo specialista che possiede le conoscenze e le competenze utili ad affrontare tutte le patologie - di natura organica - del cervello, del midollo spinale, dei nervi e dei muscoli. Il campo d’intervento della Neurologia è vasto e complesso. E le interazioni con gli altri specialisti, in quello che possiamo definire un approccio combinato al paziente, stanno alla base del lavoro svolto all’interno di strutture altamente qualificate”.
 
Cosa significa intervenire sulle patologie e sui disturbi di natura organica?
 
“Significa occuparsi di pazienti affetti da disturbi, più o meno gravi, correlabili ad alterazioni (disfunzioni) originanti nel cervello, nel midollo spinale, a carico dei nervi e dei muscoli e che non escludono la somministrazione di specifica terapia farmacologica (psicofarmaci) laddove esistano reali situazioni di sofferenza psichica. Disturbi, quest’ultimi, che però non alterano il rapporto con la realtà e non provocano la destrutturazione dell’individuo rispetto al mondo circostante”.
 
Di quali disturbi e disfunzioni stiamo parlando?
 
“Parliamo dei disturbi di tipo psico-neurologico come l’ansia, la depressione, gli sbalzi d’umore, le fobie, i disturbi dell’alimentazione, l’insonnia. In questi casi la combinazione neurologo-psicologo produce effetti molto positivi. Per quel che riguarda il cervello più nello specifico, il neurologo si occupa delle conseguenze derivanti da traumI cranici, epilessia, cefalea, forme di demenza, Morbo di Alzheimer, Morbo di Parkinson oltre ai disturbi funzionali dell’encefalo quali le vertigini non labirintiche, le sincopi ed i collassi non cardiologici, i disturbi della vista su componente cerebrale, più altre patologie di confine - dette sottosoglia - o a difficile classificazione: ad esempio le parasonnie - spesso sottovalutate - o la Sindrome delle gambe senza riposo. Condizioni spesso vissute come frutto dell’eccentricità del paziente: in realtà provocano forte disagio nelle persone e pregiudicano la qualità della vita. Vi sono poi le malattie dei nervi (neuropatie), le malattie muscolari e neuromuscolari (distrofie, miopatie, miastenia, miosite), le lesioni dei nervi che nascono a livello midollare. L’elenco è molto articolato”.
 
La diagnosi delle malattie è più clinica o strumentale?
 
“La Neurologia propone un approccio più globale al paziente. Il medico rappresenta la prima forma di terapia. Gli elementi fondamentali per una diagnosi corretta risiedono nella ricerca topografica della lesione e nella fase di accurato approfondimento clinico. Molti sintomi sono comuni a patologie differenti tra loro. L’anamnesi è imprescindibile: occorre raccogliere tutti gli elementi disponibili, conoscere bene la storia clinica della persona, gli eventuali precedenti familiari per lo stesso disturbo, i segni tipici riconducibili alla sede della lesione, effettuare test appositi. Il paziente deve poter raccontare con parole sue quali sono i disturbi di cui soffre; deve essere messo nelle condizioni di tornare a studiarsi in profondità. Una volta formulata l’ipotesi seguono gli accertamenti strumentali: dalla Risonanza Magnetica alla Tac, alla Scintigrafia cerebrale, all’Elettroencefalografia”.
 
Le malattie neurologiche hanno un’origine genetica?
 
“Conosciamo patologie che possono manifestarsi per una generica predisposizione familiare ma esistono altresì malattie con una vera e propria linea ereditaria”.
 
L’ambiente in cui viviamo influisce sulle malattie neurologiche?
 
“L’ambiente agisce soprattutto sul disturbo psicologico. Da tempo la teoria biologica ha documentato come ognuno di noi nasca con una predisposizione maggiore o minore verso ansia e depressione. A questa nostra predisposizione genetica si aggiungono i cosiddetti fattori stressogeni ambientali. Si sommano alla prima componente e modulano le nostre azioni davanti a certe situazioni. Lo stile di vita, i comportamenti assunti all’interno della società, il modo di essere e di porsi, provocano contraccolpi importanti: ad esempio non c’è più la capacità di sopportare la sofferenza, la frustrazione che un tempo erano considerate reazioni fisiologiche alle avversità. Ora si ricorre sistematicamente a farmaci e specialisti proprio perché questa abilità di sopportazione del dolore (anche morale) è piuttosto carente”. 

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