Salus Hospital / 14 febbraio 2020

Elettrocardiogramma in gravidanza: quando e perché si fa

Elettrocardiogramma in gravidanza: quando e perché si fa
La gravidanza richiede un fitto calendario di controlli ed esami, alcuni dei quali facoltativi altri invece obbligatori, in virtù del fatto che durante la gestazione il corpo della donna va incontro ad enormi cambiamenti. Tra questi c’è anche l’elettrocardiogramma, un semplice esame strumentale cardiologico, veloce e non invasivo, che consente di monitorare l’attività elettrica del cuore. Ne abbiamo parlato con il Prof. Aldo Agnetti, Responsabile dell’Ambulatorio di Cardiologia Pediatrica al Salus Hospital di Reggio Emilia.

L’elettrocardiogramma – spiega il prof. Agnetti – è un esame strumentale, non invasivo, che valuta e monitora l’attività cardiaca. Esso rientra tra le analisi in gravidanza, e in particolare per la preparazione al momento del parto. L’elettrocardiogramma durante la gravidanza viene prescritto dal medico intorno alle 37esima settimana se il parto è previsto più o meno al termine della 40esima settimana, ma in caso di parto cesareo programmato è possibile sottoporsi a quest’esame anche prima. Genericamente, è consigliato a tutte le donne in dolce attesa, in via preventiva, in particolar modo a coloro che hanno problemi cardiovascolari, considerate gestanti ad alto rischio. Inoltre è fortemente consigliato a chi ha superato i 35 anni, a fronte di un trascorso da fumatrice e a coloro che non hanno eseguito il test negli ultimi 3 anni”.

“La gravidanza può modificare il sistema cardiovascolare della donna, con effetti che si protrarranno anche nel post-partum. La gravidanza determina infatti tutta una serie di modificazioni emodinamiche, necessarie a soddisfare le esigenze nutritive nel feto. Tra queste ricordiamo l'aumento del volume di sangue circolante, della gittata sistolica e della frequenza cardiaca. Entro certi limiti, l'aumento della frequenza cardiaca nel corso dei nove mesi di gravidanza può essere considerato fisiologico, la frequenza salirà di circa 15 battiti al minuto rispetto ai valori pre-gravidici, mentre un quinto del sangue circolante materno affluirà costantemente all'utero. Una leggera tachicardia è correlata allo sviluppo fetale: già nelle prime fasi della gestazione, i battiti del cuore materno accelerano per fornire al bambino un apporto adeguato di ossigeno e nutrienti. Per tale motivo, nei primi mesi dopo il concepimento, la tachicardia appare più lieve e contenuta, mentre nella seconda parte della gravidanza si presenta in misura maggiore. In alcuni casi però, la tachicardia in gravidanza può essere aggravata da diversi fattori, tra cui ansia, disidratazione e aumento di peso, o può suggerire un problema di fondo come cardiopatie, disfunzioni tiroidee o anemia”.

“L’elettrocardiogramma è in esame sicuro e totalmente indolore, non ci sono infatti controindicazioni di sorta per quanto riguarda la pericolosità per la mamma e per il feto. Alla paziente, sdraiata comodamente sul lettino, verranno applicati degli elettrodi collegati a loro volta a un macchinario, noto come elettrocardiografo, che registrerà l’attività elettrica del cuore sul tracciato elettrocardiografico. In assenza di aritmie e problemi cardiaci, è possibile comunque che l’ECG mostri un risultato “anormale”, ma è bene sapere che, soprattutto a poche settimane del parto, quando il feto è grande e ben sviluppato occupa gran parte del corpo della gestante spostandone e comprimendone gli organi. Proprio questa compressione può a volte spiegare il risultato anomalo del test diagnostico. Non c’è dunque da preoccuparsi –  conclude il prof. Agnetti – se il vostro ginecologo o il vostro medico vi ha prescritto questo esame, si tratta di qualcosa di estremamente normale, che non deve creare alcun tipo di preoccupazione”.

 
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Revisione medica a cura di: Prof. Aldo Agnetti

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