Maria Cecilia Hospital / 24 gennaio 2022

Patologie cerebrali: le nuove frontiere della neurochirurgia mininvasiva

Patologie cerebrali: le nuove frontiere della neurochirurgia mininvasiva
Sulla scia delle altre specialità chirurgiche, oggi anche la neurochirurgia mette a disposizione tecniche mininvasive per trattare per via endoscopica diverse patologie, tra cui adenomi dell’ipofisi, idrocefalo, meningiomi, cisti o tumori cerebrali, nevralgia del trigemino…
Ne abbiamo parlato con il Dott. François Lechanoine, specialista di neurochirurgia presso Maria Cecilia Hospital.
 

Quali tecniche di neurochirurgia cerebrale sono oggi disponibili?

Da oltre 70 anni, gli interventi di neurochirurgia si avvalgono di un approccio microchirurgico, basato sull’uso di un microscopio operatorio che viene posizionato sopra la testa del paziente. Il microscopio permette di ingrandire fino a 40 volte l’area che deve essere operata e garantisce una precisione molto maggiore rispetto agli interventi che, in passato, erano eseguiti a occhio nudo. A questo approccio microchirurgico si è aggiunto, negli ultimi 30 anni, quello basato su tecniche mininvasive ed endoscopiche (attraverso l’uso di un tubo lungo dotato di telecamera), già ampiamente sviluppate in altri ambiti chirurgici e che sta prendendo piede, più recentemente, nel trattamento di un numero sempre più alto di patologie cerebrali o intracraniche.
 

Quali sono i vantaggi della neurochirurgia mininvasiva endoscopica?

La neurochirurgia mininvasiva permette di diminuire l’estensione dell’intervento, riducendo la cicatrice chirurgica e l’apertura della scatola cranica ad un foro di meno di un centimetro, oppure di passare attraverso le vie naturali (attraverso il naso per esempio). Questo offre un grande vantaggio perché, oltre al beneficio estetico, consente al chirurgo di eseguire interventi mirati, che hanno una minore probabilità di provocare danni collaterali alle strutture cerebrali adiacenti. In aggiunta a questo, gli interventi di neurochirurgia mininvasiva sono associati a una riduzione del sanguinamento e del dolore postoperatorio, due fattori che contribuiscono ad accelerare il recupero e favoriscono una rapida ripresa delle attività quotidiane. 
 

Come si esegue l’intervento di neurochirurgia endoscopica?

A differenza di altri distretti anatomici – basti pensare agli ormai routinari interventi di laparoscopia addominale – la possibilità di fare incisioni sulla testa è molto più limitata. Ad oggi, gli approcci più usati sono due:
 
  • Approccio transnasale (o transfenoidale): l’endoscopio viene inserito nelle cavità nasali fino a raggiungere il pavimento osseo della cavità cranica. Questa tecnica è particolarmente utile per trattare gli adenomi dell’ipofisi, una ghiandola endocrina che produce diversi ormoni e si trova sospesa, quasi come una goccia d’acqua, al di sotto del cervello. Questa ghiandola può essere colpita da adenomi, tumori benigni che possono alterare la produzione di ormoni da parte dell’ipofisi, con gravi ripercussioni su tutto l’organismo. La tecnica transnasale è usata anche nel caso di craniofaringiomi, cisti, cordomi, neuropatia ottica e morbo di Basedow.
  • Approccio ventricolare: All’interno del cervello sono presenti cavità chiamate ventricoli e cisterne, in cui si raccoglie e circola il liquido cerebrospinale che nutre e protegge il cervello. Per trattare le patologie che si sviluppano all’interno dei ventricoli, si inserisce un endoscopio attraverso un piccolo foro praticato nella calotta cranica. Con questa tecnica è possibile trattare in modo mininvasivo l’idrocefalo, una patologia causata dal malfunzionamento della circolazione del liquido cerebrospinale, causando un aumento del suo volume e conseguentemente sofferenza del cervello. Grazie all’endoscopio il chirurgo può navigare all’interno delle cavità ventricolari e rimuovere cisti o tumori che ostruiscono la normale circolazione del liquido.
La neurochirurgia ventricolare può essere impiegata anche per il trattamento di altre patologie, tra cui le cisti colloidi, le cisti aracnoidee, i tumori ventricolari o altri tumori che si sviluppano in prossimità dei ventricoli.

 A questi appena elencati, si aggiungono approcci più recenti:
  • Approccio transfacciale: si pratica un piccolo foro nel sopracciglio sopra l’orbita dell’occhio; questa tecnica è usata per trattare patologie del compartimento anteriore della scatola cranica come tumori del cervello, meningiomi  (tumori benigni delle meningi, le membrane che rivestono il cervello) e aneurismi (malformazioni vascolari). 
  • Approccio temporale (o pterionale): è usato per trattare tumori cerebrali benigni o maligni, aneurismi, meningiomi, cisti ecc. Talvolta questo approccio è combinato con l’uso del microscopio, e può quindi comportare un’incisione operatoria più ampia. L’incisione pterionale (eseguita tra il lobo temporale e quello frontale), permette alla telecamera dell’endoscopio di raggiungere anche la base del cervello: è qui infatti dove si trovano molte delle patologie che colpiscono nervi, vasi e meningi. 
  • Approccio retrosigmoideo: si accede al cervello dalla parte posteriore, con un’incisione praticata dietro l’orecchio. È una tecnica usata per trattare, oltre a tumori e cisti, anche la nevralgia del trigemino , una patologia molto dolorosa che si manifesta con una specie di “scarica elettrica” a metà del viso. Nei pazienti che non rispondono bene ai farmaci, l’intervento di neurochirurgia permette di agire direttamente sulla causa, che spesso consiste in una compressione del nervo trigemino dovuta, per esempio, all’ingrossamento di un’arteria adiacente.

Per maggiori informazioni guarda l'intervista completa 

Il Dr. Lechanoine ospite a Odeon TV parla delle nuove frontiere della neurochirurgia mininvasiva


 
Revisione medica a cura di: Dott. François Lechanoine

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