Cardiopatici congeniti adulti, uno staff medico speciale se ne prende cura per tutta la vita

Cardiopatici congeniti adulti, uno staff medico speciale se ne prende cura per tutta la vita
Prendersi cura e accompagnare i pazienti cardiopatici congeniti adulti nelle fasi della vita. È questo l’obiettivo del Programma G.U.C.H., dall’acronimo inglese Grown Up Congenital Heart, istituita, a partire dal 2010, a Iclas di Rapallo (Genova), ospedale di Alta Specialità - GVM Care & Research accreditato S.S.N., in collaborazione con l’Istituto Gaslini di Genova. Un’esperienza pubblico-privata innovativa - con pochi altri esempi in Italia e oggi programma consolidato vero e proprio - supportata dall’assessorato alla Sanità della Regione Liguria.
 
“La motivazione alla base del Programma, sta nel fatto che queste persone - spiega il Dottor Francesco Santoro, specialista in Cardiochirurgia dell’Istituto Gaslini di Genova - sono ormai adulte ma mantengono caratteristiche cliniche, anatomiche e fisiopatologiche quali patrimonio culturale tipico del cardiologo e del cardiochirurgo pediatrico”.
 
Dati alla mano, l’esperienza condotta di concerto con il gruppo del Gaslini, dà luogo sotto il profilo dell’interventistica cardiochirurgica a circa 50 procedure l’anno; mentre i ricoveri - parte cardiologica inclusa - per richieste provenienti dall’intero territorio nazionale, si attestano attorno ai 200.
 
Il cardiopatico congenito - chiarisce il Dottor Adriano Cipriani, specialista in Cardiologia pediatrica e Cardiopatie congenite dell’adulto, referente dell’Unità G.U.C.H. in Iclas - grazie ai progressi fatti negli ultimi 25-30 anni dalla Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica, è sempre più destinato, fortunatamente, a raggiungere l’età adulta; anche avanzata. "I G.U.C.H." sono pertanto coloro i quali nati con una cardiopatia congenita hanno proseguito nelle loro tappe di crescita uscendo dalla fase adolescenziale fino a raggiungere la maturità”.
 
“La cardiopatia congenita, lo dice la parola stessa, è una patologia del cuore presente nell’individuo già alla nascita. Non si acquisisce nel corso del tempo al contrario di quanto può accadere con altre malattie cardiache. Mi riferisco alle valvulopatie - cioè alla degenerazione dei 4 apparati valvolari (mitrale, aortica, tricuspide e polmonare) - o alle cardiopatie di origine ischemica. Cardiopatie contraddistinte dal progressivo deterioramente delle arterie coronarie, i vasi sanguigni che portano ossigeno e nutrimento al muscolo cardiaco. Sono soprattutto difetti strutturali, anatomici a rappresentazione delle più frequenti malformazioni sviluppatesi non necessariamente su base cromosomica. Le genesi delle malformazioni - aggiunge Cipriani - è multifattoriale. Tuttavia, occorre riconoscerlo, la ricerca genetica sta assumendo una rilevanza via via maggiore nella conoscenza e nello studio dei meccanismi determinanti le cardiopatie congenite. In altri termini, la genetica apre la strada all’identificazione delle alterazioni del genoma che possono essere alla radice di malformazioni accertate a livello diagnostico”.
 
I difetti più diffusi riguardano la settazione (la divisione) tra il cuore di destra (piccolo circolo) e il cuore di sinistra (grande circolo). La mancanza di una perfetta separazione a causa di ‘fori’ che Madre Natura ha lasciato dopo la nascita, deve essere risolta chirurgicamente mediante l’applicazione di ‘toppe’ cucite con ago e filo”. “Pur adottando modelli dialettici di facile comprensione collettiva - commenta il Dottor Santoro - il ricorso a tali soluzioni richiede un grosso impegno dal punto di vista tecnico-tecnologico e capacità interventistiche importanti. Competenze specifiche acquisite attraverso una lunga pratica maturata sul campo. Nella realtà dei fatti non di rado le condizioni di partenza risultano più complesse di quanto descritto. Nel senso che più difetti possono coesistere assieme e l’effetto indotto dal ‘foro’ rimasto aperto tra le due parti del cuore è differente in rapporto all’organo nella sua totalità. Noi facciamo in modo che il cuore malformato assomigli il più possibile ad uno normale”.
 
“In concreto - aggiunge Santoro - nelle cardiopatie congenite il primo ‘step’ è separare le due circolazioni chiudendo tutte le eventuali comunicazioni esistenti. Il secondo passo è stabilire una funzione della pompa cardiaca adeguata, affinché le valvole si aprano e si chiudano in maniera efficace e le vie d’uscita e d’entrata del sangue non abbiano ostruzioni. Non sempre è fattibile. In alcuni cardiopatici mancano completamente ampie sezioni cardiache. In simili circostanze sfruttiamo strategie chirurgiche mirate a by-passare (scavalcare) le porzioni mancanti”. “Il cardiopatico congenito - sottolinea il Dottor Cipriani - è colui che deve ricordare ogni giorno di essere nato con una malformazione: mai abbandonare il controllo in divenire. Seppur all’esito di risultati chirurgici di buona qualità, dobbiamo rammentare come la cardiopatia congenita ricordi un po’ la matrigna; cerca comunque di riprendersi ciò che noi le togliamo. Il follow up continuativo è un aspetto fondamentale nel percorso di vita dei pazienti. Permette di evidenziare le possibili evoluzioni rispetto alla situazione post-chirurgica conseguente l’atto correttivo. Può succedere - dice - che una valvola sostanzialmente buona e continente prima dell’intervento chirurgico, vada incontro a disfunzione. E che il lavoro non ottimale svolto da quel cuore malato prima dell’operazione si ripercuota in negativo - a causa dell’eccesso di sforzo sostenuto - sul futuro del cardiopatico”.
 
“I pazienti da noi seguiti in età adulta comprendono tre gruppi o tipologie. Il primo include chi non è stato mai stato preso in carico dallo specialista; forse perché non ‘classificato’ mai quale congenito. Il secondo composto da chi è già stato trattato in precedenza ma porta con sé alcune sequele dell’intervento, vedi le cicatrici producenti effetti osservabili soltanto in età adulta; o che sottoposto alla ricostruzione-correzione di una via d’uscita dal cuore in epoca pediatrica è andato incontro a modificazioni della stessa a distanza di 30 -40 anni. Il terzo con pazienti che 30/40 anni fa non potevano essere trattati chirurgicamente in maniera completa, hanno subito interventi di ‘palliazione’ e adesso beneficiano dell’innovazione metodologica e tecnica di cui disponiamo. In genere - continua Santoro - la diagnosi di cardiopatia congenita è precoce. Pazienti che nascono con malformazioni al cuore vengono oggi identificati già in utero e il loro ‘cammino’ è prederminato. Noi ereditiamo una ‘casistica mista’, sebbene oltre il 90% di essi abbia alle spalle un iter diagnostico ben chiaro e uno o più precedenti chirurgici. Le storie naturali prive di diagnosi si riducono a poche unità”.
 
“Il programma G.U.C.H. è dunque - conclude il Dottor Cipriani - la risposta ad un’esigenza assistenziale ben specifica. In primis per i pazienti liguri che una volta usciti dall’ambiente ospedaliero pediatrico non trovavano interlocutori e Centri in grado di accogliere in pieno le loro istanze. Una struttura concepita ed organizzata in sintonia con le necessità di persone adulte, spesso affette anche da altre patologie, la cui richiesta primaria è la ‘sorveglianza’ assidua della (loro) cardiopatia”.

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