Ghiandola del sistema riproduttivo maschile,
la prostata ha come funzione principale la produzione di un liquido che, grazie alla sua azione antibatterica, favorisce la motilità e la velocità degli spermatozoi. Questa ghiandola, però, può andare incontro a diverse patologie come:
- le prostatiti non-batteriche, infiammazioni caratterizzate da dolore pelvico cronico, prevalenti nel giovani uomini;
- le iperplasie benigne da incremento volumetrico e da tumore prostatico caratteristiche dell’età avanzata.
La
prevenzione primaria svolge sicuramente un ruolo importante. Esistono alcune
utili regole comportamentali che si possono seguire facilmente nella vita di tutti i giorni come aumentare il consumo di frutta, verdura, cereali integrali e ridurre invece l’apporto di carne rossa, soprattutto se grassa o troppo cotta e dei cibi ricchi di grassi saturi. È importante, inoltre,
mantenere un peso corporeo nella norma, inserendo almeno t
renta minuti al giorno di attività motoria, soprattutto, a passo sostenuto.
Altrettanto fondamentale è seguire una corretta
prevenzione secondaria che consiste nel
rivolgersi all’urologo, almeno una volta all’anno, dal compimento dei 50 anni, anticipando il primo controllo a 40 anni per i pazienti che presentano familiarità di tumore prostatico.
La prevenzione secondaria è finalizzata soprattutto alla diagnosi precoce del tumore prostatico la cui incidenza è aumentata progressivamente da quando è stata inserita nella diagnostica la
determinazione del PSA (antigene prostatico specifico). Questo però
non può e non deve essere considerato in senso assoluto come marker di patologia tumorale, così come un suo valore entro i limiti non deve fare pensare che tutto vada bene e che si sia al riparo da tumore. Compito dell’urologo è dare la giusta valutazione al PSA basandosi su diversi fattori come la esplorazione rettale, l’età, la familiarità, la presenza di eventuali fattori di rischio ed altro.
Dal momento che
il tumore della prostata spesso non si manifesta con sintomi specifici, il sospetto diagnostico si basa, inizialmente, sulla valutazione del valore del dosaggio del PSA, rilevato tramite prelievo ematico e sul
referto dell'esplorazione rettale (digito esplorazione rettale), che si esegue nell'ambulatorio dell'urologo.
Questo completamento diagnostico permette al professionista di identificare eventuali noduli a livello della prostata. Fino a pochi anni fa, alle due indagini riportate (digito esplorazione e dosaggio PSA) si associava sempre l’
ecografia transrettale che, contribuiva a meglio
identificare eventuali nodulazioni, ma soprattutto, era ed in alcuni centri lo è ancora, un mezzo per consentire una precisione maggiore del prelievo di tessuto (biopsia prostatica randomizzata) per il successivo esame istologico che risulta, tuttora, nonostante i progressi tecnologici, l’unico esame in grado di identificare e quindi diagnosticare con assoluta certezza la presenza del tumore prostatico.
Sulla base di quanto detto, si ritiene che
il controllo periodico sistematico, concordato con lo specialista,
sia la difesa migliore per prevenire le conseguenze cliniche di una diagnosi tardiva.
Come
supporto o alternativa alla ecografia transrettale, negli ultimi anni, ha preso sempre maggior impiego, nell’iter diagnostico del tumore della prostata, la
Risonanza magnetica multiparametrica, tecnologia di ultima generazione che, grazie alla acquisizione contemporanea di molteplici parametri (morfologia, perfusione ematica, densità cellulare e metabolismo),
permette di ottenere maggiori informazioni sulle caratteristiche della prostata nonché l’esatta localizzazione di aree sospette.
Tale metodica atraumatica risulta fondamentale, soprattutto, per individuare quali pazienti sottoporre a biopsia. Inoltre associando, in contemporanea, le immagini della risonanza alla ecografia transrettale è possibile
ottenere biopsie mirate riducendo, inoltre,
il numero di prelievi. Questa metodica definita
Biopsia Fusion viene
eseguita in anestesia locale, ambulatorialmente e in pochi minuti fornendo innegabili benefici al paziente, infatti si eseguono solitamente 3 biopsie verso le 12/20 necessarie con la biopsia randomizzata.
Una volta
ottenuta, grazie alla istologia, la
diagnosi di certezza di tumore prostatico, il paziente, dopo adeguata informazione,
può essere indirizzato verso:
- la chirurgia > prostatectomia radicale open, laparoscopica o robotica;
- la radioterapia > convenzionale o interstiziale;
- la ormoterapia > quando la malattia è in stato avanzato o se il paziente rifiuta le altre forme di terapia.
Alcuni pazienti, in relazione a particolari rilievi istologici,
possono essere indirizzati verso la cosiddetta “sorveglianza attiva” che prevede, inizialmente, l’astensione da terapie cruente ma a controlli ravvicinati e un intervento solo alla comparsa di un peggioramento della situazione.
Il
follow-up dei pazienti portatori di tumore prostatico, ad eccezione di quelli in sorveglianza attiva, inizia dopo il trattamento chirurgico o radioterapico, solitamente con cadenza semestrale e si protrae per 5-10 anni.