Come noto, la malattia da Coronavirus (COVID-19) è la patologia provocata dal “nuovo” Coronavirus (SARS-CoV-2) ed i soggetti con patologie pregresse, in particolare cardiovascolari, sembrano essere più fragili rispetto ad altri.
Ora,
è già evidente il nesso tra le infezioni e il cuore: ad esempio l’influenza, così come la COVID-19, associata a febbre e dispnea può determinare un aumento, anche molto rilevante, della frequenza cardiaca, e questo determina un
aumento del lavoro del cuore. Inoltre, si ha
un’iper-attivazione del sistema infiammatorio che può indurre la destabilizzazione/rottura di una placca coronarica (uno dei possibili meccanismi che sta alla base dell’infarto miocardico).
Secondo i dati che è stato possibile analizzare derivanti da uno studio pubblicato su ‘Lancet’ e riferiti alla popolazione cinese,
i pazienti cardiopatici (o anche con ipertensione arteriosa o diabete mellito)
sembrano essere più vulnerabili alla malattia:
questo non significa che hanno una maggiore predisposizione a contrarre la patologia, ma a
manifestarne una forma più grave.
Non sospendere le terapie ipertensive e i trattamenti per le patologie croniche
Alla luce di tutto questo, per i pazienti cardiopatici o con fattori di rischio cardiovascolari, in questa fase di emergenza bisognerebbe prestare maggiore attenzione a:
- non sospendere il trattamento farmacologico per le patologie croniche del cuore, senza una diversa indicazione da parte del proprio Cardiologo di fiducia. In particolare, per quanto riguarda la terapia antipertensiva, un comunicato emesso dalla Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa spiega che questa non andrebbe sospesa (salvo specifiche indicazioni del medico) in quanto ha un ruolo protettivo verso gravi complicanze cardiovascolari come infarto, scompenso cardiaco, ictus, morte improvvisa, etc;
- rivolgersi al proprio medico di medicina generale o al Cardiologo per dirimere eventuali dubbi;
- non sottovalutare i sintomi cardiologici anomali o nuovi;
- consultare il proprio medico riguardo la necessità di sottoporsi alla vaccinazione contro lo pneumococco. Questo vaccino non protegge dalla COVID-19, ma è comunque indicato per i pazienti over 65 con patologie respiratorie o cardiovascolari.
Pazienti cardiopatici positivi a COVID-19: perché prestare più attenzione
Nel caso in cui un paziente cardiopatico risulti positivo a COVID-19 è molto importante
prestare particolare attenzione al controllo di una serie di fattori che potrebbero complicare tale patologia, ad esempio
monitorando l’ossigenazione del sangue e la saturazione, correggendo eventuali forme di anemia, tenendo sotto controllo i valori pressori, fornendo una corretta alimentazione e rispettando un regolare ciclo sonno-veglia.
Cosa fare a emergenza finita
I polmoni sono parte integrante del sistema cardiocircolatorio e una polmonite interstiziale, come quella provocata dal nuovo Coronavirus,
può alterare la funzionalità del cuore attraverso due principali meccanismi: una riduzione dell’ossigenazione del sangue ed una attivazione di un processo infiammatorio sistemico.
Entrambe le cose possono
determinare ischemia cardiaca fino ad arrivare all’infarto miocardico, ma anche aggravare patologie valvolari fino a quel momento rimaste asintomatiche, esacerbare quadri di scompenso cardiaco cronico, aumentare il rischio di mio-pericarditi o aritmie.
Al momento non ci sono raccomandazioni o linee guida per il trattamento dei pazienti cardiopatici per la fase post-emergenziale, ma
non appena sarà possibile i pazienti dovranno riprendere le regolari visite cardiologiche di controllo, programmate prima dell’insorgenza della pandemia.
Per quanto riguarda la popolazione generale potrebbe essere molto utile che il Medico di Medicina Generale individui quei soggetti con un elevato profilo di rischio cardiovascolare e li indirizzi ad una prima visita cardiologica di screening.
Articolo a cura della dott.ssa Monica Mazzavillani, cardiologa presso Maria Cecilia Hospital di Cotignola (RA)