Displasia congenita dell’anca: come diagnosticarla e trattarla

Displasia congenita dell’anca: come diagnosticarla e trattarla

La displasia dell’anca è la patologia congenita più frequente in campo pediatrico. In passato si pensava che colpisse quasi esclusivamente le bambine ma oggi sappiamo che anche i maschi possono esserne affetti. Poiché la causa di questa patologia congenita è ancora sconosciuta, è difficile poterla prevenire. Lo strumento più importante rimane quindi la diagnosi precoce nel neonato.

La Dott.ssa Giada Salvatori, chirurga ortopedica specialista nella diagnosi e trattamento della displasia dell’anca, ci spiega quali sono le caratteristiche di questa patologia e come viene diagnosticata e trattata presso il Centro di Ortopedia e Fisiatria Pediatrica al Primus Forlì Medical Center.
 

Che cosa si intende per displasia congenita dell’anca?

Il termine «displasia dell’anca» si riferisce ad un gruppo di malformazioni, suddivise in base alle condizioni dell’anca:
  • lussazione completa: quando la testa del femore non è correttamente contenuta dentro alla coppa dell’acetabolo;
  • sublussazione: la testa del femore è contenuta solo in parte dentro la coppa dell’acetabolo;
  • displasia: la testa del femore è dentro la coppa dell’acetabolo ma il tetto che deve avvolgerla non la avvolge sufficientemente.

Come si svolge la visita per valutare la presenza di displasia?

Durante la visita, il medico valuta i parametri clinici relativi alla motilità degli arti inferiori: controlla che il bambino muova gli arti in modo simmetrico e verifica che possa divaricare le gambe in modo corretto e completo (abduzione simmetrica). Un’abduzione asimmetrica rappresenta un primo campanello d’allarme, di cui è importante tenere conto nelle valutazioni successive. 
In passato si valutavano anche le pieghe cutanee e la loro simmetria, ma oggi questo segno clinico ha ormai un valore relativo: le pieghe cutanee, se non accompagnate da altri segni clinici, non bastano di per sé a indicare la presenza di displasia.
Tra i segni clinici che è fondamentale rilevare durante la visita ci sono anche quelli che il medico può valutare eseguendo manovre specifiche:
  • lo scatto di Ortolani rappresenta un segno di lussazione-sublussazione riducibile;
  • lo scatto di Barlow è indice di lussazione dell’anca;
  • il segno di Galeazzi permette di individuare una differenza di lunghezza degli arti inferiori.
Altrettanto importante è escludere che questi segni clinici siano dovuti ad altre condizioni. Per questo, il medico esegue anche una valutazione globale del bambino, analizzando la motilità dei piedi, della colonna, di tutti gli arti, del collo, dei gomiti.
Dopo la valutazione clinica, si passa all’esame ecografico. I quadri di lussazione e sublussazione possono essere diagnosticati subito con la visita clinica (in caso di positività dei segni di Ortolani e Barlow), mentre la displasia è diagnosticabile solo con l’ecografia: da qui l’importanza di sottoporre a ecografia tutti i bambini. L’obiettivo è quello di diagnosticare la displasia dell’anca il prima possibile, in modo da trattarla in modo meno aggressivo e in tempi ridotti.
La prima visita va eseguita tra la quarta e la sesta settimana di vita, poi nelle condizioni patologiche si ripete un’ecografia dopo 20-40 giorni a seconda del quadro clinico. È importante ricordare che la displasia dell’anca è una patologia evolutiva, per cui, fino a quando non le ossa del bacino non sono salde e in posizione, è bene sottoporre il bambino che ha intrapreso un trattamento a controlli periodici.
 

Come si tratta la displasia dell’anca?

In base al quadro emerso dalla visita clinica e dall’ecografia si procede in diversi modi. I quadri di immaturità fisiologica richiedono soltanto un monitoraggio a distanza, mentre la displasia vera può richiedere l’uso di divaricatori statici, che aiutano la corretta maturazione dell’anca. Se l’anca è lussata, si usano inizialmente divaricatori dinamici e, se questi risultano inefficaci, si può ricorrere a interventi con confezionamento di apparecchi gessati, senza alcuna incisione chirurgica. I trattamenti più invasivi si riservano ai casi in cui queste procedure non abbiano avuto successo.
Il centro di Primus Forlì Medical Center si occupa di tutti i passaggi che vanno dalla diagnosi di displasia dell’anca al suo trattamento, sia quello chirurgico che non chirurgico. Durante questo percorso, l’equipe segue il bambino a 360° e, nel caso di displasie severe, lo accompagna fino all’adolescenza e alla conclusione della crescita.
Fondamentale è il coinvolgimento della famiglia, che viene guidata dai medici lungo tutto il percorso terapeutico del bambino, fornendo schede informative e documentazioni chiare ed esaustive. Questo rapporto di fiducia e collaborazione è di grande aiuto per le famiglie, che devono gestire questa patologia subito dopo la nascita del bambino, ma anche per i piccoli pazienti che, crescendo, si abituano al rapporto con i medici, tanto da vederli come parte del loro «nucleo famigliare».
 
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Revisione medica a cura di: Dott.ssa Giada Salvatori

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