Donne e prevenzione cardiovascolare: cosa sapere

Data ultimo aggiornamento: 13 ottobre 2021
Donne e prevenzione cardiovascolare: cosa sapere
Secondo lo studio internazionale denominato Prospective Urban Rural Epidemiological (PURE), pubblicato da The Lancet, le donne hanno un rischio cardiovascolare globalmente più basso ma, in caso di un evento acuto, hanno minor probabilità di essere sottoposte a esami specialistici e di ricevere cure mirate. In ogni caso, le malattie cardiovascolari si confermano la principale causa di morte in Italia e nei paesi occidentali sia per gli uomini che per le donne.

Abbiamo parlato del cuore delle donne e della prevenzione cardiovascolare con la Dott.ssa Angela Ferrara, cardiologa di Villa Lucia Hospital, a Conversano.

Gli step della prevenzione cardiovascolare

La prevenzione cardiovascolare si divide in primaria, secondaria e terziaria.
La primaria punta a evitare l’insorgenza di malattie, mantenendo il paziente in salute il più a lungo possibile. È di fondamentale importanza perché la riduzione dei livelli dei fattori di rischio conduce a una riduzione della gravità degli stessi determinando una connessione molto solida con le successive fasi di prevenzione.
La prevenzione cardiovascolare secondaria consiste nella diagnosi precoce di malattia, associata a un trattamento tempestivo ed efficace, evitando le recidive o il peggioramento del quadro clinico-emodinamico. La prevenzione terziaria evita l’insorgenza di complicanze ed esiti invalidanti una volta che la patologia si è manifestata.

I fattori di rischio per le patologie cardiovascolari

Si distinguono in
  • non modificabili: età, sesso, etnia e familiarità
  • modificabili: ipertensione arteriosa, diabete, abitudine tabagica, obesità, vita sedentaria e altri fattori come la sindrome delle apnee notturne e l’iperomocisteinemia (un aumento dei livelli di omocisteina nel sangue che può favorire patologie tromboemboliche). 
Per quel che riguarda i fattori di rischio non modificabili, l’unica arma è rappresentata da screening cardiovascolari periodici che consentano una diagnosi precoce in caso di patologie latenti. Per i modificabili, uno stile di vita sano e l’azione tempestiva con una corretta terapia farmacologica possono evitare danni patologici, spesso irreversibili.

Il cuore delle donne: incidenza dei fattori di rischio e sintomatologia 

Fino alla menopausa, l’azione estrogenica degli ormoni sessuali femminili determina un effetto protettivo sulle patologie cardiovascolari (si tratta di quello che viene definito “ombrello protettivo dell’età fertile”). Forse per questo il rischio cardiovascolare nelle donne si attesta nelle statistiche come globalmente più basso. Nel periodo successivo l’inizio della menopausa, però, il rischio cardiovascolare si presenta superiore rispetto a quello dell’uomo.
Al di là della protezione ormonale, non è ancora chiaro se queste differenze siano dovute a ragioni anatomiche o a comportamenti talvolta differenti nei confronti dell’approccio alla patologia della popolazione femminile. A questo potrebbe associarsi una sintomatologia meno manifesta, con conseguente mortalità femminile talvolta maggiore rispetto a quella maschiale. 

I fattori di rischio, benché comuni per entrambi i generi, in realtà incidono in maniera differente.
Le donne fumatrici, per esempio, sono esposte a un rischio 5 volte maggiore di sviluppare la patologia cardiovascolare. Probabilmente perché nella donna si aggiungono anche altri fattori di rischio quali livelli maggiori di incidenza di depressione, ansia, stress, che a loro volta innalzano ulteriormente il pericolo di andare incontro a un evento cardiovascolare. Spesso i sintomi non sono così evidenti, o sono facilmente confondibili, per possibili ragioni ormonali, enzimatiche e psicologiche, e quindi potrebbero ritardare il riconoscimento della patologia. Da qui l’importanza della prevenzione: si parte da un corretto stile di vita per proseguire con screening cardiovascolari periodici e completi.

L’età giusta per la prevenzione

Nonostante l’azione estrogenica protettiva, è opportuno iniziare con un primo controllo anche in giovane età. In assenza di fattori di rischio, in seguito, è possibile effettuare gli screening ogni 3/5 anni circa, e aumentare la frequenza in base alle indicazioni dello specialista con l’arrivo della menopausa.

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Revisione medica a cura di: Dott.ssa Alessandra Ferrara

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