Durante il primo trimestre di gravidanza è possibile effettuare non solo l’ecografia, ma una serie di screening che, come tutti questi tipi di controlli, si eseguono a tappeto su individui apparentemente sani, senza sintomi o segni clinici di patologie.
Delle principali indagini possibili abbiamo parlato con la dottoressa
Maria Gabriella Bruno, specialista dell’ambulatorio di Ostetricia e Ginecologia di Città di Lecce Hospital.
Ecografia del primo trimestre
L’ecografia del primo trimestre ha la finalità di visualizzare il corretto impianto in utero della gravidanza, indagare il numero di feti, datare la gravidanza, misurare la translucenza nucale (cioè lo spessore del liquido raccolto a livello della nuca del feto, che aumenta nella maggior parte dei casi con anomalie cromosomiche) e, in caso di gravidanza multipla, definire la corionicità (il numero di placente presenti). Si esegue tra le 11 settimane e le 13 settimane + 6 giorni.
Questa ecografia ostetrica è lo strumento più efficace per
valutare l’anatomia del feto ed escludere o diagnosticare malformazioni gravi degli organi fetali, alcune visibili già a partire dal primo trimestre di gravidanza. Tra le più frequenti ci sono malformazioni:
- renali (megavescica);
- cardiache (ipoplasia del ventricolo sinistro);
- addominali (onfalocele);
- scheletriche (agenesia dei segmenti ossei);
- SNC (oloprosencefalia).
È, però, è importante ricordare che l’ecografia, a prescindere dal periodo di gravidanza in cui viene eseguita, non è grado di escludere la totalità dei difetti fetali.
Test combinato
Il test combinato è un esame di screening fortemente raccomandato a tutte le donne in gravidanza per valutare la probabilità che il feto possa essere affetto da una anomalia cromosomica, tra quelle più note e più frequenti. Il test combinato prevede un’ecografia e un prelievo ematico materno. I risultati delle due indagini vengono combinati (da qui la denominazione) per produrre un unico risultato, espresso come probabilità per lo sviluppo delle patologie indagate.
Il test combinato deve essere eseguito tra la 11ª e la 13ª +6 settimane, quando la lunghezza del feto (CRL) è compresa tra i 45 e gli 84 mm. Prima e dopo questo periodo, i parametri ecografici e biochimici non sono più utilizzabili dal punto di vista clinico.
L’esame ecografico consiste nella misurazione di vari parametri, cioè la lunghezza del feto e la translucenza nucale. Contestualmente all’ecografia, oppure alcuni giorni prima, viene eseguito il dosaggio sul sangue materno, per due parametri placentari (la frazione libera del BHCG e la PAPP-A), che risultano alterati in una buona percentuale di gravidanze con anomalie cromosomiche fetali.
I parametri ecografici biochimici, oltre a quelli relativi alla storia clinica materna, vengono inseriti in un software utilizzabile solo da operatori ecografici certificati. Il test combinato permette di identificare almeno il 90% dei feti affetti da trisomia 21, 18 e 13, e la percentuale di falsi positivi è circa il 5%.
Il test è considerato positivo, cioè ad alto rischio, se il rischio calcolato è compreso tra 1:2 e 1:300. In questo caso viene consigliata l’esecuzione di un esame diagnostico invasivo, come villocentesi (prelievo dei villi coriali) oppure amniocentesi (prelievo del liquido amniotico).
Il test è considerato negativo, cioè a basso rischio, se il rischio calcolato è inferiore a 1: 300. Infine, a prescindere dall’assetto cromosomico, i feti con valore di NT (translucenza nucale) superiore a 3,5 mm sono quelli più a rischio di anomalie cromosomiche, pertanto in questo caso viene consigliato l’accesso diretto alla diagnosi invasiva.
NIPT: screening del DNA fetale non invasivo
Il NIPT, cioè il test del DNA fetale, è un ulteriore test di screening che si effettua nei casi in cui il rischio di anomalie si collochi tra 1:301 e 1:1000 (rischio intermedio).
Il test consiste in un prelievo di sangue materno, finalizzato alla ricerca del DNA fetale circolante nel sangue della madre. Può essere seguito preferibilmente a partire dalla 11ª settimana di gravidanza. Il test è in grado di identificare circa il 99% dei feti affetti da trisomia 21, e circa il 95% di quelli affetti da trisomia 18 e 13 (è stato cioè validato a livello scientifico per le stesse anomalie indagate dal test combinato). Alcuni laboratori sono offrono la possibilità di estendere l’analisi anche ad altre patologie cromosomiche e, in alcuni casi, allo studio di malattie genetiche molto rare. Tuttavia i dati attualmente disponibili sulla affidabilità del test esteso ad altre patologie non sono sufficienti per raccomandarne l’utilizzo clinico di routine.