La
colite ulcerosa e il
Morbo di Crohn sono le due principali manifestazioni infiammatorie croniche dell’intestino, la cui incidenza è cresciuta significativamente negli ultimi 40 anni, come racconta il
prof. Massimo Campieri, gastroenterologo di
Clinica Privata Villalba di Bologna.
In 40 anni lo scenario è cambiato
Non sappiamo quali siano le cause di questo aumento. Possiamo intuire qualcosa a proposito della
colite ulcerosa, probabilmente oggi più diffusa per via di sostanze, o batteri, o virus che indeboliscono sia le mucose che il sistema immune – spiega il prof. Campieri.
Probabilmente si dovrebbe indagare sulle componenti della catena alimentare che possono agire sulle mucosa intestinale, che è poco resistente alla penetrazione dei batteri. Nella catena alimentare infatti rientrano pesticidi, diserbanti e sostanze chimiche di cui non conosciamo ancora gli effetti sull’apparato digerente e sul sistema immunitario. Inoltre il nostro intestino oggi è soggetto a un’aggressività esogena che non c’era 40 anni fa anche per via dell’alimentazione che è cambiata, con un maggior apporto di grassi e carne rossa e una minore quantità di fibre.
Ciò che si può osservare, comunque, è che negli anni ‘70 avevamo circa due casi ogni 100.000 abitanti per la
colite ulcerosa, mentre il
Morbo di Crohn era pressoché sconosciuto, mentre ora sono diventate patologie piuttosto frequenti nei giovani e nei bambini.
Le patologie infiammatorie dell’intestino sono in aumento anche in forme di coliti microscopiche: queste
microcoliti sono sempre più frequenti. Hanno un andamento benigno e lieve, ma possono alterare le secrezioni della mucosa e provocare infiammazioni della sottomucosa, dando una sintomatologia simile alla
colite ulcerosa, per questo spesso la terapia è la stessa.
Nonostante l’aumento dell’incidenza, ci sono anche dati incoraggianti sulla qualità della vita. Ad esempio oggi le donne possono portare avanti una gravidanza e avere bambini sani, anche soffrendo del
Morbo di Crohn. Del resto essendo questa una patologia autoimmune, con gli anni la forza della reazione immunitaria diminuisce e il morbo perde aggressività.
Le differenze tra la colite ulcerosa e il morbo di Chron
La
colite ulcerosa si presenta con varie modalità nella zona sigma-retto del colon ed ha un percorso perlopiù benigno. In alcuni casi però degenera in
pancolite, con una sintomatologia severa che comporta una grande perdita di elettroliti e di grosse quantità di sangue e muco.
Per quanto concerne il
trattamento, le forme lievi sono generalmente di competenza ambulatoriale. Più comunemente si usa una terapia locale a base di mesalazina (5-ASA) mentre forme più rilevanti richiedono anche anti corticosteroidi per bocca o immunosoppressori tradizionali.
Degli scenari positivi nel trattamento della
colite ulcerosa sono infine quelli disegnati dall’uso di farmaci biologici come l’infliximab, gli anticorpi che inibiscono le chitochine TNF alfa (particelle responsabili dell’infiammazione), o ancora le sostanze capaci di impedire la trasmigrazione dei leucociti dai vasi verso l’interstizio.
Ci sono poi forme severe di
colite ulcerosa che richiedono il ricovero e una terapia con alte dosi di corticosteroidi e il ripristino degli elettroliti, oltre che l’impiego degli anti TNF alfa. Quando la patologia è refrattaria o resistente al trattamento e nella mucosa compaiono segni di displasia, allora serve la chirurgia. La nostra speranza è che i nuovi farmaci biologici possano ridurre il bisogno dell’intervento chirurgico, anche se questo obiettivo per il momento è lontano.
Per quanto concerne invece il
Morbo di Chron – continua il prof. Campieri – questa patologia è legata a una risposta anomala del sistema immunitario che attacca l’organismo stesso ed ha un impatto importante sulla qualità della vita. L’impatto del Chron sulla qualità della vita dipende dal fatto che si tratta di un’infiammazione dell’intestino negli stati profondi.
Infatti, può interessare tutte le porzioni dell'intestino ma ha la sua sede preferenziale nell’area ileocecale e perianale. In questa patologia è particolarmente importante il substrato genetico: ha un chiaro riverbero familiare ed è molto diffusa in età pediatrica. Tuttavia non sono ancora chiari i meccanismi che rendono la mucosa più fragile e più facilmente permeabile da parte degli antigeni che innescano la reazione immunitaria.
Fino a qualche anno fa la
terapia era a base di anti corticosteroidi e immunosoppressori, oltre che con farmaci antibiotici per le porzioni con una localizzazione cronica. Recentemente, inoltre, si stanno facendo strada i farmaci biologici. Questo ci permette di assistere chi soffre della patologia di Crohn con un armamentario terapeutico più articolato. Come per la
colite ulcerosa, anche per il
Morbo di Chron la soluzione chirurgica diventa necessaria in presenza di complicanze e refrattarietà alla terapia.
La terapia e la diagnosi delle infiammazioni
Gli obiettivi della terapia sono due: l’allungamento dei tempi di remissione e il mucosal healing, ovvero la conservazione e il ripristino della mucosa per evitare rotture e cicatrizzazioni che alterino il lume intestinale. Da queste patologie non si guarisce mai – precisa il professore – ma prolungando i tempi di quiescenza dell’infiammazione cronica, si può permettere a chi ne è affetto di vivere normalmente per periodi anche lunghi.
La diagnosi endoscopica è lo standard di riferimento, ma è sempre opportuno prescrivere anche un esame parassitologico colturale delle feci, per escludere che la malattia non sia iniziata per parassiti o al ritorno da paesi tropicali. Infatti anche infezioni alimentari contratte una volta possono evolvere in
colite ulcerosa. In caso di
Morbo di Chron, invece, oltre che il quadro endoscopico, sono importanti esami come l’enterorisonanza, entero TC e l’ecografia. Oggi disponiamo di indici di attività biologica come VES, proteina C reattiva, indicatori dell’anemia e di altri più recenti, come la calprotectina fecale, che si eleva in presenza di fenomeni infiammatori. Una precisazione importante va fatta a proposito delle infiammazioni più severe e refrattarie: bisogna fare un controllo endoscopico ogni 3 anni per evitare che si formino fenomeni displastici che possono poi evolvere in forme cancerose.
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