Ravenna Medical Center / 02 agosto 2021

La riabilitazione del pavimento pelvico nell’uomo

La riabilitazione del pavimento pelvico nell’uomo
Il pavimento pelvico svolge un ruolo fondamentale nel nostro organismo. Quando i suoi muscoli perdono di tono e si indeboliscono possono comparire diversi disturbi, che hanno importanti ricadute sulla vita relazionale dei pazienti e sulla loro qualità di vita.  
Nell’uomo, un’alterata funzionalità del pavimento pelvico si riscontra in particolare in tre situazioni:
  • dopo un intervento di prostatectomia;
  • in caso di disfunzioni proctologiche;
  • nei casi di dolore pelvico cronico. 

La riabilitazione del pavimento pelvico, da sola o in associazione ad altre strategie terapeutiche, aiuta i pazienti a prendere consapevolezza dei muscoli pelvici e a ottenere un buon recupero funzionale. Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Eva Marangoni, fisioterapista presso Ravenna Medical Center, che da 26 anni si occupa di riabilitazione del pavimento pelvico sia nella donna sia nell’uomo, con particolare attenzione alla rieducazione funzionale uroginecologica pre-partum e post-partum, alle disfunzioni del pavimento pelvico in menopausa, all’incontinenza urinaria, al prolasso urogenitale, dell’utero, della vescica e del retto e, infine, all’ipotonia del pavimento pelvico

Come si svolge il percorso riabilitativo in pazienti che hanno subito prostatectomia? 

I pazienti che si sottopongono a un intervento di prostatectomia radicale o parziale possono manifestare, dopo l’operazione, episodi di incontinenza urinaria o disfunzione erettile. In questi casi, l’urologo indirizza il paziente verso un fisioterapista specializzato nella riabilitazione del pavimento pelvico, che rappresenta la prima indicazione terapeutica per questi disturbi. Il fisioterapista, dopo un’attenta valutazione delle caratteristiche cliniche del paziente, definisce il piano terapeutico secondo un protocollo personalizzato. 

«La rieducazione avviene con elettrostimolazione funzionale con sonda endorettale e biofeedback, uno strumento che registra la contrazione e il rilassamento dei muscoli e aiuta il paziente a prendere consapevolezza della muscolatura del pavimento pelvico. 
Un ciclo di trattamenti dura circa un mese e mezzo, per un totale di 8-10 sedute della durata ciascuna di 45-60 minuti; questi cicli terapici sono ripetibili nel tempo, dopo un’attenta valutazione della reazione neuromuscolare del singolo paziente
». 
Oltre alle sedute in ambulatorio, sono fondamentali gli esercizi da svolgere a casa. Per diventare autonomi nell’esecuzione di questi esercizi, il paziente viene istruito dal fisioterapista nell’uso del biofeedback: «in questo modo impara a usare in modo consapevole i muscoli da allenare e tiene sotto controllo l’azione dei muscoli antagonisti, come i muscoli addominali, dei glutei o dell’interno coscia». 

In questi pazienti, in cui l’incontinenza post-chirurgica è causata da una disfunzione neuromuscolare, l’entità del recupero varia molto sia in base alle caratteristiche cliniche del paziente (età, conformazione del sistema muscolare), sia in funzione del suo percorso terapeutico (intervento con tecniche innovative, radioterapia post-operatoria, ecc.). «In media, in pazienti di 50-55 anni, con incontinenza urinaria non grave, la riabilitazione del pavimento pelvico permette di ottenere risultati buoni. Tuttavia, anche recuperi parziali permettono di migliorare la qualità della vita del paziente e di ridurre l’entità dell’incontinenza». 

La riabilitazione del pavimento pelvico può migliorare le disfunzioni proctologiche nella donna e nell’uomo?

Le disfunzioni del pavimento pelvico proctologiche possono essere di varia natura e possono presentarsi con incontinenza gas-fecale, stipsi funzionale, stitichezza, sindrome della defecazione ostruita, prolasso rettale, ipertono, discinesia anorettale con difficoltà ad andare di corpo e a completare l’espulsione delle feci. «Si tratta di disturbi sempre più diffusi nella popolazione, che meritano particolare attenzione soprattutto perché l’età media dei pazienti si sta progressivamente abbassando. Se in passato a essere colpiti erano soprattutto pazienti (donne e uomini) di 50-60 anni, oggi questi disturbi vengono riscontrati anche in giovani di 40-45 anni». 
A livello statistico, è importante sottolineare che il 90% dei casi di disfunzioni proctologiche riguarda le donne, che per questioni anatomiche, fisiologiche e ormonali sono più soggette a sviluppare disturbi proctologici, prolassi della vagina, dell’utero, della vescica, dell’uretra e del retto. Seppure in percentuale molto inferiore (circa il 10%) anche gli uomini possono però essere colpiti da disfunzioni proctologiche, nella gran parte dei casi come conseguenza di interventi di prostatectomia radicale
Il trattamento di questi disturbi richiede un approccio multidisciplinare in cui l’intervento del fisioterapista si affianca a quello del proctologo e del gastroenterologo. «In questi casi la rieducazione del pavimento pelvico permette di ottenere un recupero funzionale molto buono. È comunque importante agire a più livelli e guidare i pazienti verso una ridefinizione del proprio stile di vita che includa un’alimentazione sana e una regolare attività motoria. La vita sedentaria favorisce questi disturbi: una passeggiata di 30-40 minuti 2-3 volte alla settimana aiuta a ripristinare la corretta motilità intestinale».
 

Dolore pelvico cronico: come riconoscerlo e trattarlo?

Il dolore pelvico cronico è una patologia molto complessa, riconosciuta a livello clinico solo da una quindicina di anni. Questa patologia, che colpisce soprattutto la donna ma anche l’uomo, ha un’origine multifattoriale e si manifesta con un quadro clinico estremamente vario, caratterizzato da diversi sintomi: dolore sovrapubico, neuropatie periferiche, patologie neurologiche, cistiti croniche o recidive, prostatite, dolore durante l’erezione, disturbi urogenitali, disbiosi intestinale, dolore nell’area rettale che talvolta si irradia anche ai glutei e alle gambe, ipertono (contrattura) nel perineo, sindromi posturali, contratture muscolari, ernie discali ecc. Nella donna il disturbo si presenta anche con dismenorrea, vaginismo, vestibolite vulvare, endometriosi, infezioni vaginali ricorrenti e fibromi. 
L’infiammazione è un segno distintivo di questa patologia, in quanto il dolore pelvico cronico si accompagna a uno stato di infiammazione generalizzato. «Con il dolore cronico si crea infatti una cascata di citochine proinfiammatorie, molecole che il nostro organismo produce come meccanismo di difesa ma che contribuiscono anche a fomentare l’infiammazione e la sensazione di dolore. La causa di questo stato di infiammazione generale rimane conosciuta, ma alcune ricerche suggeriscono che possa dipendere da una combinazione di fattori legati ad alterazioni del sistema nervoso, allo stile di vita (sedentarietà, alimentazione) oppure gravi disbiosi intestinali». 

Il trattamento di questa patologia richiede un’azione multidisciplinare, che coinvolge diverse figure professionali: «è fondamentale che il paziente riferisca sempre tutti i sintomi, anche se sembrano scollegati tra di loro, e che il ginecologo, l’urologo, il gastroenterologo, il proctologo, il neurologo, il fisioterapista e talvolta lo psicologo procedano in modo sinergico per trovare, per ogni specifico caso, la soluzione più adatta». 
Uno dei punti chiave della terapia del dolore pelvico cronico è la ricerca e inibizione dei trigger point (punti di dolore) localizzati esternamente al pavimento pelvico, attorno all’area perineale, in zona sovrapubica, all’interno del canale rettale dell’uomo e della donna e all’interno del canale vaginale nella donna. A questa procedura si affianca la terapia con l’elettrostimolazione funzionale antalgica e il controllo dell’ipertono (protocollo Lamberti). 

Per il dolore pelvico cronico sono fondamentali le manovre di rilassamento che, una volta apprese, il paziente deve eseguire anche in autonomia a livello domiciliare. Infine, è importante padroneggiare la respirazione diaframmatica, grazie alla quale si migliora l’ossigenazione di organi e tessuti e si stimola la peristalsi intestinale. Questo è un elemento particolarmente importante della riabilitazione, grazie al quale il paziente impara ad essere più consapevole della zona pelvica, della schiena, della zona lombosacrale e, in generale, di tutto il suo corpo. 
 
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Revisione medica a cura di: Dott.ssa Eva Marangoni

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