Onicomicosi: i rischi dell’automedicazione

Onicomicosi: i rischi dell’automedicazione

Le onicomicosi sono infezioni fungine dell’unghia che, in base alla modalità di penetrazione, si possono distinguere tre gruppi:
  • subungueali distali, che originano dalla parte finale dell’unghia;
  • subungueali prossimali, che hanno inizio dalla base dell’unghia;
  • superficiali (dette anche onicomicosi bianche), che si sviluppano sulla superficie della lamina ungueale.
Queste infezioni dell’unghia costituiscono circa il 30% delle onicopatie e sono causate principalmente da muffe dermatofitiche (in particolare Tricophytom rubrum o Tricophytom mentagrophytes) o da lieviti (Candida albicans). La Dott.ssa Zoe Visaggi, specialista in podologia presso il Poliambulatorio Primus Forlì Medical Center di Forlì, ci aiuta a capire come riconoscere le onicomicosi e quando è importante rivolgersi al podologo. Molto spesso, infatti, i pazienti hanno la tendenza a ricorrere ad automedicazioni, che però possono peggiorare l’infezione o favorire recidive.
 

Quali fattori favoriscono la comparsa di onicomicosi?

«Per potersi sviluppare e dare origine a un’infezione, i microrganismi che causano le onicomicosi hanno bisogno di un contesto adatto, che dipende sia da fattori interni sia da fattori esterni», spiega la Dott.ssa Visaggi.

I fattori interni comprendono condizioni di salute che predispongono alcuni pazienti a questo tipo di infezioni, per esempio:
  • i deficit del sistema immunitario;
  • le alterazioni metaboliche, come il diabete;
  • le patologie cardiovascolari periferiche;
  • le alterazioni biomeccaniche podologiche, come i carichi eccessivi al piede, che rendono molto più debole la lamina ungueale e permettono a muffe e lieviti di intaccarla.  
I fattori esterni più comuni sono:
  • l’uso di calzature strette o poco traspiranti
  • i traumi diretti sull’unghia, che provocano lo scollamento della lamina dal letto ungueale, dove si può raccogliere l’umidità che favorisce la crescita di muffe e lieviti.
 

Come si riconosce un’onicomicosi?

Ci sono diversi segni clinici che possono essere riferiti a un’onicomicosi, tra i quali i principali sono tre:
  • il distacco della lamina ungueale (o onicolisi);
  • l’ipercheratosi subungueale, cioè l’eccessiva produzione di cheratina a livello del letto ungueale;
  • la comparsa di striature longitudinali sotto la lamina, di colore variabile dal giallo brunastro al bianco.
«Questi segni possono però comparire anche per cause diverse. Per questo, prima di qualsiasi tipo di terapia, sia locale sia sistemica, è importante rivolgersi al podologo», precisa la Dott.ssa Visaggi.  
«In particolare, la diagnosi differenziale si basa innanzitutto sull’anamnesi del paziente: il podologo valuta quindi il tipo di scarpe usate, i traumi pregressi e la struttura del piede, che in alcuni casi può favorire attriti con la calzatura. Ma ancora più importante è l’esame colturale, che ci dice se c’è veramente un’onicomicosi e di che tipo, se causata da muffe o da lieviti».
 
L’esame colturale può essere eseguito direttamente dal podologo, che preleva un po’ di materiale che si è prodotto al di sotto della lamina ungueale; l’operazione è indolore, perché la lamina è già scollata. Il materiale recuperato viene poi messo su piastre agar per l’indagine microbiologica. Dopo circa dieci giorni, la crescita di muffe o lieviti (se presenti nel campione originario) diventa visibile e si può stabilire quale tipo di muffa o lievito ha causato l’onicomicosi. «L’esame colturale è indispensabile per avere la certezza che si tratti di un’onicomicosi» conclude la Dott.ssa Visaggi «e questo test permette di distinguere la patologia da altre situazioni che non sono causate da lieviti o muffe, come il distacco della lamina causata da un trauma oppure da psoriasi ungueale, che può dare segni clinici simili».  

Quali sono i rischi dell’automedicazione?

Spesso capita che, appena si vede una piccola alterazione dell’unghia, si pensi subito a un’onicomicosi. Molti pazienti ricorrono quindi a cure fai-da-te, con prodotti non adeguati alla situazione. Se non si tratta di onicomicosi, il rischio è di usare farmaci non necessari e, soprattutto, se in futuro lo stesso paziente ha la necessità di trattare una vera onicomicosi, il farmaco potrebbe non essere più efficace.
Se invece un’onicomicosi è effettivamente presente e la si tratta con un prodotto ad ampio spettro, ma non specifico per quella infezione, si può avere una guarigione solo parziale, molto lenta e con il rischio di recidive future. L’uso di un farmaco antimicotico non necessario o non adeguato e l’interruzione precoce della terapia possono favorire lo sviluppo di microrganismi resistenti, più difficili da eradicare e che possono quindi dare origine a infezioni persistenti.

Come va applicato il farmaco?

Un altro aspetto fondamentale riguarda la modalità di applicazione del farmaco. «Nel fai-da-te, molti di questi prodotti vengono applicati solo sulla superficie dell’unghia, quando in realtà i lieviti e le muffe crescono per lo più al di sotto della lamina. Se il farmaco viene applicato solo sulla superficie, l’unghia stessa fa da barriera e impedisce al farmaco di raggiungere il letto ungueale, lì dove i microrganismi proliferano». Per una completa guarigione è quindi indispensabile rivolgersi al podologo per la rimozione periodica della parte di unghia scollata, grazie alla quale il prodotto può raggiungere la zona da trattare.

Quanto dura la terapia?

Il trattamento topico può richiedere 6-8 mesi. Il tempo di guarigione aumenta se l’onicomicosi, trascurata o trattata in modo inadeguato, si è estesa a tutta la lamina. «Se ha infettato quasi tutta la lamina è consigliabile combinare il trattamento topico (locale) con una terapia sistemica, prescritta dal medico curante».
Fondamentale è agire tempestivamente perché la micosi si può estendere alle altre unghie oppure portare a micosi della cute del piede (le cosiddette tinea pedis interdigitale o piede d’atleta e la tinea pedis ipercheratosica della cute plantare del piede). «La diffusione non è però immediata: si ha tutto il tempo di rivolgersi per tempo al podologo. La trasmissione della micosi alle altre unghie o alla cute, però, si velocizza nel caso di patologie predisponenti, come il diabete e le patologie cardiovascolari, e nel caso di pazienti anziani con cute e lamine più fragili».
Una volta iniziata la terapia, è importante tornare dal podologo per controlli periodici: dopo la prima visita, in cui il podologo esegue la ripulitura di tutta la lamina, il paziente torna al primo controllo dopo un mese; le visite successive vengono stabilite in base alla risposta dell’unghia alla terapia.  
 

Che cosa si può fare per prevenire le onicomicosi?

Alcune situazioni, come il distacco traumatico dell’unghia, costituiscono fattori di rischio per lo sviluppo dell’onicomicosi. In questi casi è importante rivolgersi subito a un podologo per avere indicazioni su come trattare e monitorare l’unghia lesionata e per prendere accorgimenti per evitare che l’unghia si possa infettare. «Per esempio, dopo la doccia è fondamentale asciugare bene l’unghia staccata con un colpo di phon e disinfettarla accuratamente, per tenere bassa la carica microbica» consiglia la Dott.ssa Visaggi «oppure, se il distacco è consistente, il podologo può rimuovere la lamina staccata e fare una ricostruzione, limitando così il rischio di sviluppare un’onicomicosi».
Per maggiori informazioni o prenotare una visita puoi rivolgerti a:
Primus Forlì Medical Center > 0543 804311
Revisione medica a cura di: Dott.ssa Zoe Visaggi

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