10 febbraio 2015

Protesi dell’anca: nuova tecnica chirurgica mininvasiva per ridurre il dolore e tornare a camminare in 48 ore

Protesi dell’anca: nuova tecnica chirurgica mininvasiva per ridurre il dolore e tornare a camminare in 48 ore


Accanto alla protesica dell’anca eseguita con tecnica tradizionale, a Santa Rita Hospital (Montecatini Terme, Pistoia) si procede anche per modalità chirurgica mininvasiva.

L’AMIS - acronimo di Anterior Minimally Invasive Surgery - è una metodica, di nuova concezione, ormai ampiamente collaudata in campo ortopedico ed offre indubbi vantaggi al paziente: minor rischio di lussazione e complicanze; ridotta perdita di sangue; dolore post-operatorio contenuto. L’obiettivo è quindi duplice: immediato recupero delle normali attività quotidiane (sono sufficienti 48 ore) e fase riabilitativa più breve.

La via d’accesso – spiega la Dottoressa Giulia Maccari - prevede un’incisione cutanea di circa 4-6 centimetri, praticata al di sotto della spina iliaca antero-superiore lungo la faccia laterale della coscia. L’approccio è intermuscolare ed internervoso - al contrario di ciò che avviene solitamente - in modo tale da rispettare l’anatomia. Durante l’esecuzione, circa 2 ore il tempo complessivo, il soggetto è in posizione supina, mentre l’arto è sostenuto da un apparato di trazione dedicato, indispensabile a mantenere la condizione corretta. A livello anestesiologico, non vi sono differenze sostanziali rispetto alla chirurgia di routine. L’impiego dell’AMIS – 50 l’anno sui 400 totali di protesica - non ha controindicazioni, si rivolge quindi anche a coloro che soffriono di obesità, ai casi di displasia congenita e o fratture pregresse del femore con conseguente artrosi post traumatica”.

L’Unità Operativa, diretta dal Dottor Luciano Rughini, si occupa altresì di chirurgia protesica del ginocchio e della caviglia. Per il ginocchio vengono utilizzate sia protesi totali che mono compartimentali; in ambedue i casi si tratta di metodologie ben consolidate e comuni a tutti i reparti di Ortopedia. Per la caviglia, l’attività dell’équipe rappresenta un ulteriore punto d’eccellenza: l’intervento a tutt’oggi è praticato solo in poche strutture.

Per ciò che riguarda la spalla, negli ultimi decenni si è assistito ad un’evoluzione rivolta a migliorare i risultati sia in termini di durata che di funzionalità. 
In tale contesto, oltre alla protesi convenzionali, negli ultimi anni, si sta sempre più imponendo la protesi inversa, indicata soprattutto nel trattamento dell’artropatia da lesione inveterata della cuffia dei rotatori - una patologia a decorso invalidante che colpisce gli individui in età avanzata compromettendo la funzionalità dell’arto -. La peculiarità - dice la Dottoressa Maccarista nell’invertire la “geometria” dell’articolazione gleno-omerale (tra scapola ed omero), così da spostare il centro di rotazione della stessa e aumentare la forza del muscolo deltoide. Il risultato che si ottiene è la ripresa di una buona autonomia nei movimenti”.

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