Tiberia Hospital / 08 marzo 2023

Ptosi palpebrale: dalla diagnosi al trattamento

Ptosi palpebrale: dalla diagnosi al trattamento
La ptosi palpebrale è un’anomalia di posizionamento della palpebra superiore che copre parte del campo visivo. Un problema quindi sia funzionale che estetico. Si corregge chirurgicamente, ma esistono varie tecniche da adottare a seconda dei casi.
Il dott. Francesco Quaranta Leoni, Responsabile reparto di Chirurgia oftalmoplastica lacrimale e dell’orbita presso Tiberia Hospital di Roma spiega come riconoscere la ptosi palpebrale, quanti tipi ne esistono e come trattarla chirurgicamente.
 
Quanto è importante una corretta diagnosi?
La diagnosi è molto importante perché spesso i pazienti si rivolgono all’oculista pensando di avere una ptosi palpebrale, mentre invece si tratta di un eccesso di cute (dermatocalasi) o una ptosi del sopracciglio, che possono mimare la ptosi palpebrale. Differenziare la diagnosi è necessario perché le tre manifestazioni hanno un approccio chirurgico differente. Possono anche coesistere ptosi palpebrale, ptosi del sopracciglio e dermatocalasi e in questo caso si ricorre a un approccio chirurgico multiplo, poiché ognuno dei tre problemi va gestito in maniera specifica.

Come si tratta la ptosi palpebrale?
Bisogna prima chiarire di che tipo di ptosi si tratta, perché esistono vari interventi chirurgici da proporre al paziente sulla base del problema anatomico: muscolo elevatore palpebrale, disinserzione del muscolo stesso o assenza di funzione del muscolo. Per questo nel corso della visita è necessario capire il problema per stabilire con qualche tecnica chirurgica intervenire.
 
Qual è la differenza tra la ptosi palpebrale congenita e acquisita?
 
La ptosi palpebrale congenita è un problema importante perché copre il campo visivo del neonato e determina un’ambliopia. Quindi in alcuni casi si deve intervenire nelle prime settimane di vita. In altri casi è preferibile intervenire entro i 3 o 4 anni di età per avere un migliore sviluppo della vista e diminuire il rischio di recidiva.
 
La ptosi congenita è spesso causata da una distrofia del muscolo elevatore palpebrale, senza una specifica ereditarietà. In altri casi, come nella blefarofimosi, c’è una forte componente ereditaria e la ptosi spesso è associata ad altre anomalie palpebrali. La componente ereditaria è forte anche nelle ptosi miopatiche, legate cioè a miopatie mitocondriali (che fanno riferimento a uno specifico tipo di trasmissione genetica). In questi casi è importante fare un counseling genetico perché le indagini permettono di adottare qualche forma di prevenzione.
 
La ptosi acquisita invece può sopraggiungere in alcuni casi nei portatori di lenti a contatto o dopo interventi di chirurgia intraoculare. Si può intervenire chirurgicamente, ma non si può prevenire.
 
Come si svolge la visita?
Nella visita, come sempre in tutta la chirurgia oftalmoplastica, un aspetto essenziale è l’anamnesi: da quanto tempo c’è la ptosi?  Varia dal mattino alla sera? Ci sono altri sintomi?
 
Molto spesso i pazienti arrivano alla visita con molti esami clinici o radiologici, che non sempre sono necessari. Prima infatti è importante la visita, per misurare la funzione del muscolo elevatore, l’adeguata chiusura degli occhi e il fatto che si elevino correttamente all’esterno in apertura ecc. Spesso si può formulare una diagnosi senza ricorrere a esami radiologici.
 
Se invece il pz lamenta affaticabilità, forti variazioni della ptosi tra mattino e sera, associata a un pattern di strabismo e altri fenomeni simili, si potrebbe pensare a una miastenia grave. In questo caso si ricorre al test del ghiaccio: se applicando del ghiaccio sulla ptosi questa si riduce, allora non si può fare nulla chirurgicamente ma bisogna inviare il paziente ad uno specialista in malattie neuromuscolari.
Similmente, potrebbe esservi una sindrome di Horner, quando una pupilla è più piccola dell’altra. Questi casi richiedono indagini ulteriori.
 
Esistono soggetti a rischio per la ptosi palpebrale acquisita?
Non esistono soggetti a rischio, ma ad esempio i portatori di lenti a contatto possono essere predisposti. Le lenti creano attrito tra la superficie oculare e la congiuntiva della palpebra, oltre il quale ci sono i muscoli elevatori che col tempo potrebbero andare in deficit o andare incontro a una disinserzione.
Anche i pazienti che affrontano un intervento di chirurgia intraoculare (refrattiva, cataratta, ecc.) possono sviluppare una ptosi palpebrale. Il blefarostato, cioè lo strumento per tenere l’occhio aperto durante gli interventi, può infatti creare un piccolo danno meccanico.
 
Un tempo il parto distocico poteva creare un danno meccanico e alcune ptosi congenite erano in realtà ptosi acquisite post traumatiche. Oggi il numero di parti distocici è molto basso perché si ricorre spesso al cesareo.
 
Nella correzione della ptosi acquisita nei portatori di lenti a contatto o in chi affronta la chirurgia intraoculare, possono esserci complicazioni e dove è più difficile intervenire?
Generalmente la chirurgia intraoculare è più frequente negli anziani, mentre in chi usa lenti a contatto anche in giovane età. In entrambi i casi, non sono ptosi difficili da curare ma vanno fatti degli esami per capire se è meglio agire dall’esterno (tipo blefaroplastica) o dall’interno per via intra congiuntivale. La cosa importante è informare correttamente il paziente, spiegando che con l’uso di lenti a contatto o con un intervento di chirurgia intraoculare può accadere questo problema, ma che può essere anche risolto.
 
Esiste una terapia farmacologica per la ptosi?
La ptosi palpebrale si risolve sempre con la chirurgia, ma esistono colliri che si usano nelle ptosi iatrogene, che si generano per esempio dopo l’iniezione di botox, per motivi estetici o funzionali.
 
Negli USA, la FDA ha messo in commercio un collirio simpatico mimetico che può risolvere casi di ptosi modesta. Non è ancora approvato in Europa, ma dovrebbe arrivare a breve. Il pro sarebbe di non ricorrere alla chirurgia in casi di ptosi molto lieve. Di contro, la prescrizione dovrebbe essere fatta solo da super-specialisti.
 
Come si svolge l’intervento chirurgico?
L’intervento si svolge in anestesia locale con sedazione cosciente. Il paziente è sedato ma collaborativo. Non è un intervento che dà dolore e il paziente torna in 48 ore alle sue abitudini. Nell’adulto si preferisce una chirurgia bilaterale anche quando la ptosi è presente solo su una palpebra, per migliorare l’estetica. Che sia necessario un secondo ritocco è molto raro.
 
Diversa la situazione della ptosi congenita nel paziente pediatrico: bisogna sapere quando e come intervenire e qual è la tecnica migliore. Si può intervenire con la resezione del muscolo elevatore, o con la sospensione al muscolo frontale attraverso un prelievo dalla gamba, dalla fascia lata del piccolo (o anche da donatore), oppure con una trasposizione del lembo del muscolo frontale, per alzare le palpebre superiori. Le tecniche sono state definite negli anni ‘90, ma negli ultimi anni stanno emergendo nuove possibilità.
 
È più difficile intervenire su una ptosi palpebrale congenita o acquisita?
Non è necessariamente più difficile intervenire su una ptosi congenita, ma è fondamentale capire qual è l’intervento più adatto per il bambino, per garantire un buon risultato in termini di elevazione della palpebra, ma anche una perfetta simmetria di movimento con l'altro occhio. Talvolta non è possibile raggiungere questo obiettivo e va spiegato molto bene ai genitori del paziente.
 
Nella ptosi dell'adulto invece è importante garantire la simmetria delle due palpebre, considerando l'eccesso di cute da rimuovere e l’altezza del sopracciglio. Occorre valutare tutto il terzo superiore del volto per un risultato soddisfacente sia dal punto di vista funzionale che estetico.
 
Altri consigli per chi manifesta una ptosi palpebrale?
Il consiglio è di farsi sempre esaminare da uno esperto del campo per capire se veramente è una ptosi palpebrale e non una dermatocalasi o una ptosi del sopracciglio. Non serve eseguire esami inutili se non vengono prescritti dallo specialista. Intervenire è sempre possibile, ma bisogna chiarire cosa è possibile davvero ottenere.
 
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Revisione medica a cura di: Dott. Francesco Maria Quaranta Leoni

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