"Il futuro dell'ortopedia è nella medicina rigenerativa": intervista al Professor Castellacci medico di ICLAS e della Nazionale italiana di calcio

“Il futuro dell’ortopedia è nella medicina rigenerativa dei tessuti”: il Professor Enrico Castellacci, medico della Nazionale italiana di calcio e dal 2015 che opera nel Centro di riferimento per la medicina e la chirurgia rigenerativa di Iclas (Rapallo) - ospedale GVM Care & Research di Alta Specialità accreditato S.S.N. - spinge lo sguardo ben oltre i traguardi ottenuti fino ad oggi.
 
“In campo ortopedico - spiega - nel corso degli anni, abbiamo assistito ad una vera e propria ascesa della ricerca tecnologica rivolta all’individuazione di soluzioni che proponessero approcci chirurgici sostitutivi in risposta a determinate lesioni e alterazioni. Ragion per cui la protesica, alla quale va riconosciuto un ruolo importante nell’aver reso disponibili dispositivi sempre più perfezionati e utili ad affrontare condizioni ‘fallite’ ai trattamenti conservativi, ha vissuto un’epoca di sviluppo incredibile. Personalmente credo che l’orizzonte da conquistare adesso sia quello della chirurgia rigenerativa; delle nuove terapie a supporto di ciò che già esiste di valido ed efficace”.
 
In 2 anni e mezzo di attività, il Centro di Rapallo, sull’onda della pluridecennale esperienza maturata dal Professor Castellacci, ha effettuato circa 500 interventi su altrettanti pazienti proprio con l’obiettivo di finalizzare al meglio l’impiego delle risorse interventistiche in grado d’innescare i meccanismi biologici ‘riparativi’.
 
“Sgomberiamo subito la scena da equivoci e facili sensazionalismi - chiarisce Castellacci -. Lo stato dell’arte non è cristallizzato: l’evoluzione è continua e le conoscenze si accrescono di pari passo. Ciò porta a commentare dati che per fortuna non sembrano essere conclusivi”.
 
“A livello pragmatico - dice - la medicina rigenerativa ha dimostrato e conferma percentuali di successo clinico più evidenti nelle persone giovani e in cui non sia già in atto un processo artrosico, quindi degenerativo”.
 
Di cosa disponiamo realmente e in concreto?
In primo luogo di procedure terapeutiche infiltrative eseguite con l’utilizzo del PRP (gel piastrinico ricavato dal sangue del paziente contenente i cosiddetti fattori di crescita) o delle cellule staminali prelevate dalla cresta iliaca. Terapie indirizzate soprattutto alle lesioni meno gravi della cartilagine articolare: consentono di eliminare il sintomo principale (il dolore) e un recupero della mobilità piuttosto rapido. L’importante è non stressare l’articolazione o i tendini trattati nell’immediato periodo post-operatorio svolgendo attività fisiche eccessive. PRP e cellule staminali una volta ‘iniettati’ nell’area del trauma - il ginocchio è l’esempio più frequente - hanno bisogno di riposo per ‘attecchire’. Quindi rientro alla vita sociale normale dopo 3 mesi; ripresa dello sport dopo 6 mesi. Di contro, nei casi di diagnosi per ampie ‘ferite’ cartilaginee o di lesioni osteo-condrali (osso+cartilagine), si opta per il trapianto a base di PRP e cellule staminali ‘integrati’ tra loro con l’aggiunta, qualora manchi una porzione dell’osso sottostante, di tessuto bioingegnerizzato multistrato in idrossiapatite nelle quantità sufficienti a sigillare il danno. Potrà apparire strano, ma col tempo si riformeranno l’osso sotto e la cartilagine sopra. Differente il decorso: il ritorno alla piena normalità richiede in media 1 anno/1 anno e mezzo”.
 
E in quanti soffrono già di un processo artrosico degenerativo?
"Al momento non valutiamo gli stessi esiti. Tuttavia - aggiunge Castellacci - anche in un ginoccho colpito da artrosi, applicando le infiltrazioni di PRP o cellule staminali è possibile rallentare la progressione della malattia, ottenendo miglioramenti nella sintomatologia lamentata dal paziente e, aspetto non trascurabile, spostando in avanti l’asticella di una futura protesi artificiale”.
 
“Rimane comunque un problema di fondo legato all’adozione delle cellule staminali. Vanno sempre controllate. A mio avviso è fondamentale non rinunciare mai a precise indicazioni d’uso e specifiche norme giuridiche. E se da un lato, pur ribadendo la massima cautela nella gestione, non vi è da eccepire in merito alle staminali adulte - pertanto non subordinate a implicazioni pratiche e morali e a cui noi facciamo ricorso nelle singole procedure ortopediche -, sull’altro versante il dibattito inerente le staminali embrionali è ancora fonte di remore etiche. Quando riusciremo a trovare l’equilibrio necessario tra i due fronti, avremo l’opportunità di rigenerare molte parti dell’organismo umano come già avviene per la pelle, per la cartilagine, per gli occhi”.
 
“In conclusione, l’ho detto in passato e lo ribadisco, scopo primario di queste tecniche non è risolvere condizioni patologiche in maniera miracolosa, bensì creare le condizioni affinché la riparazione/rigenerazione dei tessuti danneggiati avvenga mediante percorsi biologici e fisiologici”. 

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