Salus Hospital / 14 maggio 2020

Calcoli renali: come si formano, si curano e si prevengono

Calcoli renali: cura e prevenzione
Per calcolosi renale si intende la presenza di formazioni solide, simili a piccoli sassi, che si formano all'interno dei reni quando le sostanze normalmente presenti nelle urine diventano troppo concentrate e si accumulano sotto forma di materiale solido. Possono rimanere nel rene oppure spostarsi lungo gli ureteri fino a raggiungere la vescica ed essere così eliminati all'esterno del corpo con le urine.

Si strutturano generalmente in un arco temporale variabile dai 2 ai 5 anni e si differenziano in base alle dimensioni, alla composizione, alla forma e al colore. Alcuni sono piccoli come granelli di sabbia, altri possono crescere di volume fino a raggiungere le dimensioni di una palla da golf.

La presenza di calcoli renali – spiega il prof. Sergio Leoni, specialista urologo presso il Salus Hospital di Reggio Emilia – è definita anche nefrolitiasi o litiasi renale. Tale patologia è caratterizzata dalla presenza di piccoli sassolini, calcoli appunto, lungo il decorso delle vie urinarie.

La calcolosi renale è una patologia molto diffusa nel mondo occidentale, e in Italia in particolare. Si stima che colpisca circa il 10% della popolazione maschile e il 5% della popolazione femminile. Nel nostro Paese la malattia è in crescita a causa di una più elevata assunzione di proteine animali, fra i principali responsabili della formazione dei calcoli.

I componenti più frequenti che danno luogo ai calcoli delle vie urinarie sono il calcio, l’ossalato e l’acido urico, ma può influire nella loro formazione anche la carenza di sostanze quali il citrato e il magnesio urinario. Questi sassolini si formano per sovrasaturazione, ovvero quando una sostanza contenuta nelle urine è più concentrata del normale e rischia di precipitare formando cristalli che, fondendosi tra loro nel fondo dei calici renali, danno origine ai calcoli. Fra le cause principali ci sono ipertensione, eccesso di proteine nella dieta ed ereditarietà. La calcolosi può essere anche conseguenza di alcune malattie del metabolismo come cistinuria, iperossaluria primitiva e gotta.

Quando i calcoli renali sono piccoli, spesso riescono ad attraversare l'uretere, la vescica, l'uretra e ad essere espulsi all'esterno con le urine, senza dolore. La presenza e il passaggio dei calcoli renali, tuttavia, può causare la comparsa di un dolore acuto e improvviso che si estende nella regione addominale e lombare, noto come colica renale.

È importante sottolineare che, non tutti i casi di calcolosi manifestano coliche. Infatti, questo sintomo ha una stretta correlazione con la dimensione degli agglomerati. Tanto più elevata è la dimensione del calcolo - e quindi la difficoltà di espellerlo - tanto sarà intenso il dolore. Tuttavia, la presenza di calcoli renali può provocare sintomi differenti quali difficoltà nella minzione e dolore associato, stimolo ad urinare frequentemente, vomito, nausea e febbre.

La calcolosi renale si diagnostica con l’ecografia, esame di base che ci consente di vedere sia la presenza dei calcoli sia, eventualmente, la dilatazione del rene. Nella pianificazione della decisione terapeutica, molto spesso, si esegue una TAC che ci permette di valutare molto bene la sede, le dimensioni e le caratteristiche del calcolo.

Oggi sappiamo che esistono fattori predisponenti alla calcolosi renale, come la familiarità, la dieta ed alcune malattie coesistenti. Per esempio, le persone con patologie intestinali - come malattie infiammatorie intestinali, malassorbimento o interventi chirurgici pregressi - sono a maggior rischio di formare calcoli composti da ossalato di calcio o da acido urico. Chi invece è soggetto a calcoli a base di calcio dovrebbe sottoporsi ad esami più approfonditi per verificare se essi sono legati ad un’eccessiva concentrazione di calcio nel sangue, che a sua volta può essere dovuta ad alcune malattie endocrinologiche.

Fondamentale per la prevenzione della calcolosi è l'attenzione particolare alla dieta, che deve essere povera di sodio e proteine animali ma a normale contenuto di calcio. Per evitare che si formino, è sufficiente mantenere le urine in condizione di sottosaturazione - cioè ben diluite - garantendo una costante e frazionata idratazione per produrre diuresi superiore a 2 litri. Se i calcoli renali sono causati dall'eccesso di calcio è consigliabile ridurre gli ossalati nella dieta, poiché questi ne impediscono l'assorbimento e ne favoriscono l'accumulo nel rene così da formare il calcolo.

A seconda della gravità e dello stadio di avanzamento del disturbo, si potranno seguire terapie differenti. Un calcolo intorno ai 6mm ha elevate possibilità di espulsione spontanea, mentre la percentuale si riduce con l'aumentare delle dimensioni. Quando invece i calcoli hanno un diametro superiore a 1 centimetro, se la terapia medica è inefficace o se vi sono segnali allarmanti come febbre o un malfunzionamento dei reni, bisogna considerare le terapie chirurgiche.

La tecnica più utilizzata è sicuramente la litotrissia extracorporea ad onde d’urto, ovvero la frantumazione dei calcoli tramite l’utilizzo di onde d'urto. Queste vengono emanate dall'esterno e hanno lo scopo di rompere il calcolo in sezioni molto piccole affinché possano essere espulse tramite la minzione. La tecnica delle onde d'urto viene eseguita in ambulatorio e non comporta alcuna manovra invasiva sul paziente.

Per i casi più gravi il medico prediligerà la litotripsia percutanea. Questa tecnica prevede che, attraverso un incisione cutanea, venga inserita una sonda nel rene che frantumi il calcolo. Infine, da qualche anno è stata studiata un'ulteriore tecnica meno invasiva e più efficace, la litotrissia endoscopica endorenale per via retrograda. Viene inserito nel rene un ago di circa 1,5 millimetri al cui interno è contenuta una fibra ottica e una fibra laser. Queste andranno a polverizzare - anziché rompere in sezioni più piccole - il calcolo il quale, sotto forma di polvere, sarà eliminato attraverso l'espulsione naturale dell'urina.

La chirurgia a cielo aperto infine è da riservarsi solo a rari casi di calcolosi tanto complessi da rendere sconsigliato l'approccio endoscopico. Le recidive purtroppo sono molto frequenti, tanto da verificarsi in una percentuale che varia, a seconda degli studi, dal 25 al 50% dei casi dopo 5 anni.
 

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Revisione medica a cura di: Prof. Sergio Leoni

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