Ipertensione

L’ipertensione arteriosa – definita anche pressione alta – è una condizione che si caratterizza per la presenza di elevata pressione del sangue nelle arterie. La causa di tale condizione è la quantità di sangue che viene pompata dal cuore e la resistenza delle arterie al flusso del sangue.

prevenzione tumore al seno
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L'ipertensione arteriosa è un aumento cronico dei valori pressori. La Pressione Arteriosa (PA) necessaria a mantenere un adeguato flusso di sangue nel sistema vascolare è determinata dalla funzione di pompa del cuore (portata cardiaca) e dal tono vascolare delle arterie (resistenze periferiche). L’alterazione di una di tali componenti, o di entrambe, può portare ad un aumento cronico dei valori pressori (26), definito come ipertensione arteriosa.

Secondo la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa, in Italia sono circa 15 milioni le persone che soffrono di tale condizione. Solo la metà di queste però è consapevole di avere un problema legato alla pressione sanguigna, e quasi il 20% di esse è a rischio di salute. La presenza di ipertensione, infatti, non va trascurata, perché sul lungo periodo comporta un aumento di rischio di malattie cardiovascolari, fra cui anche infarto e aneurisma. L’ipertensione arteriosa costituisce uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare modificabile.

L’elevata prevalenza di tale condizione, il suo considerevole impatto sulla morbidità e mortalità cardiovascolare e la documentata efficacia della terapia antipertensiva, in termini di riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari maggiori, come morte improvvisa, infarto del miocardio ed ictus cerebrale, giustificano l’alto grado di attenzione e di assorbimento di risorse che l’identificazione e il trattamento dell’ipertensione arteriosa meritano in tutto il mondo.

Generalità

Per capire se la pressione è normale, bassa (ipotensione arteriosa) o alta, si seguono dei parametri di riferimento, che dipendono dalle variazioni del flusso del sangue all’interno dei vasi che, a sua volta, è in relazione al ritmo cardiaco (che alterna la contrazione e il rilassamento mentre il cuore “batte”). La pressione massima infatti è quella che si sviluppa quando il cuore si contrae e dipende dall’efficienza della pompa cardiaca e dall’elasticità dei vasi sanguigni. Mentre il cuore si contrae, viene pompata una grossa quantità di sangue che scorre velocemente, motivo per cui la pressione dentro ai vasi è massima (di qui il valore della pressione massima). Dopo la contrazione, il cuore si rilassa e il flusso di sangue diminuisce, permettendo anche una minore pressione, che quindi diventa minima.
 
Affinché sia considerata normale, il valore della pressione minima deve essere compreso tra 60 e 79 mmHg, e quello della massima fra 90 e 119 mmHg.
 
Nel caso dell’ipertensione, i valori di riferimento da tenere in considerazione sono:
  • pressione diastolica o minima superiore a 90 mmHg;
  • pressione sistolica o massima superiore a 140 mmHg.
 
Se anche uno solo dei due parametri è alto, si considera la persona affetta da ipertensione sanguigna. Generalmente, inoltre, si distingue l’ipertensione in primaria o essenziale e secondaria.

L'ipertensione essenziale è la condizione che riguarda il 95% delle persone affette da pressione alta, che si caratterizza per la mancanza di cause precise e identificabili e che non è riconducibile a cause secondarie. I valori pressori oltre la norma sono, di solito, la conseguenza di alterazioni di meccanismi complessi che regolano la pressione stessa.

A determinare l’innalzamento della pressione concorrono molti fattori, fra i quali lo stile di vita senza attività fisica, l’alimentazione scorretta e anche la componente razziale.

Fu definita ipertensione essenziale poiché i primi medici che studiarono questa condizione si resero conto che era comune nelle persone di una certa età: pensarono quindi che fosse una condizione necessaria, appunto, essenziale.

Nel restante 5% l’aumento della pressione sanguigna può essere dovuto alla presenza di malattie congenite o acquisite, che interessano maggiormente i reni, i surreni, il cuore e i vasi o – in casi minori – all’assunzione di alcuni farmaci (cortisonici, spray nasali, pillola anticoncezionale). In questo caso si parla di ipertensione arteriosa secondaria, che in genere si risolve con il trattamento della patologia che ne è causa.

L’aumento della pressione nella vena porta, la vena che convoglia il sangue proveniente dall’intestino e dalla milza durante la digestione fino al fegato, viene definita ipertensione portale. A causare tale aumento è un blocco nel flusso del sangue attraverso il fegato.

Nell’ipertensione portale i sintomi possono essere silenti all’inizio, anche se un aumento della pressione può portare a diverse complicanze, come:
  • varici;
  • emorragia digestiva e gastrointestinali;
  • ascite (formazione di liquido nella cavità peritoneale);
  • insufficienza renale ed epatica.
Il blocco nel flusso di sangue nel fegato che determina l’ipertensione portale ha cause diverse, fra cui: A un esame diagnostico, la presenza di ipertensione portale è messa in evidenza dalla:
  • dilazione della vena porta, il cui diametro è considerato normale se non supera i 12 mm;
  • rigidità del sistema portale durante la respirazione;
  • aumento delle dimensioni della milza,
  • ascite,
  • presenza di circoli collaterali.
Per correggere l’ipertensione portale ci possono essere diversi modi di intervento: dall’adozione di una dieta equilibrata, all’assunzione di farmaci, fino all’intervento chirurgico per i casi più severi.

L’endoscopia può essere necessaria per bloccare eventuali sanguinamenti. Sarà il medico a valutare la situazione personale e decidere il trattamento migliore da adottare.

Tipica degli anziani l’ipertensione sistolica isolata si verifica quando la pressione sistolica massima è elevata, mentre la pressione diastolica è al di sotto dei valori considerati normali.

Si tratta di una condizione che non va sottovalutata poiché rischia di causare patologie cardiovascolari. Al fine di valutare la gravità della pressione sistolica isolata, è bene considerare la differenza di valori fra la pressione minima e la massima: maggiore è il gap fra le due, maggiore sarà l’effetto traumatico della pressione sulla parete arteriosa, che perde la propria elasticità.

L’ipertensione sistolica isolata ha cause specifiche, come la maggiore resistenza periferica dei vasi, l’aumento della gittata cardiaca, o anche la ridotta elasticità delle pareti vasali.

Sebbene sia una patologia che si sviluppa più frequentemente negli anziani, non è raro che colpisca anche i giovani, soprattutto di sesso maschile, attivi sportivamente. Ma può interessare anche giovani obesi e con sindrome metabolica.

Mentre nell’anziano è fondamentale la terapia farmacologica, nel giovane si valuta la gravità della situazione: se il rischio è considerato basso, possono essere sufficienti misure che migliorino l’alimentazione e lo stile di vita, per avere dei miglioramenti sui valori pressori. Solo nel caso in cui non vi siano miglioramenti con una adeguata alimentazione e lo stile di vita (attività fisica per gli obesi che, invece, sarà più contenuta in chi fa già tanto sport) si preferisce adottare la terapia farmacologica.

L’ipertensione non è tutta uguale in quanto a gravità: distingue, infatti, in lieve, moderata e grave. In quest’ultima categoria rientra anche l’ipertensione arteriosa maligna, che però è anche rara, dato che riguarda l’1% di coloro che soffrono di ipertensione. Questa condizione si verifica quando la pressione sanguigna aumenta in maniera improvvisa e vertiginosa nell’arco di pochi mesi. Infatti, nell’ipertensione maligna i valori sono pari o superiori a 120-180 mmHg.

Poiché è considerata una situazione di emergenza è bene porvi subito rimedio, altrimenti si rischia di andare incontro a patologie e disfunzioni che riguardano altri organi o sistemi. Maggiormente a rischio sono i sistemi cardiocircolatorio, nervoso e renale.

Due sono le cause che portano a questa patologia:
  • la pressione alta che non viene curata o viene trascurata;
  • un trattamento per la pressione alta discontinuo o non adeguato.
Per evitare di incorrere in situazioni gravi, è bene fare un controllo periodico della pressione e informare il proprio medico se i valori non sono nella norma. L’esame della pressione può essere svolto dal proprio medico o presso la propria farmacia di fiducia.

L’ipertensione in gravidanza è una condizione transitoria che si verifica quando i valori della pressione arteriosa aumentano durante i nove mesi della gravidanza. Riguarda circa l’8% delle donne in stato interessante. Detta anche ipertensione gravidica, non è da sottovalutare, poiché può portare conseguenze – che possono essere fatali nei casi più gravi – sia alla madre che al nascituro. Anche in questo caso si verifica un restringimento delle arterie che impedisce che il flusso di sangue – lo stesso dal quale il bambino in utero trae nutrimento – sia regolare. La conseguenza più diretta è il blocco della crescita del feto.

Fra i sintomi legati all’aumento della pressione gravidica ci sono:
  • mal di testa e capogiri;
  • improvviso aumento di peso;
  • vista sfocata;
  • gonfiori fuori dalla norma;
  • ritenzione idrica;
  • sensazione di pesantezza.
Questi tendono a manifestarsi intorno al terzo trimestre, ma le cause non sono ancora del tutto note. Di certo, una dieta ipocalorica, povera di calcio, zinco e proteine, insieme ad alterazioni del sistema immunitario e a un malfunzionamento della placenta aumentano il rischio di sviluppare pressione alta in gravidanza.

Anche in questo caso, è bene tenere monitorata la pressione, controllandola ciclicamente e rivolgersi al proprio medico se i valori non dovessero essere nella norma.

Accanto alla terapia per il controllo dei valori pressori, il riposo a letto è un buon metodo per ridurre la vasocostrizione periferica e migliorare il flusso verso l’utero e la placenta.

Anche la riduzione del sodio (il sale da cucina) negli alimenti aiuta a riportare i valori nella norma, così come è raccomandabile non fare uso di fumo e alcolici, anche nel caso in cui la pressione sia nei parametri normali.

Solo nei casi più gravi, in cui la pressione diastolica superi i 110 mmHg si preferisce riportare i valori nella norma attraverso la prescrizione di farmaci antipertensivi. In genere vengono utilizzati farmaci che hanno un rischio basso sia per la mamma che per il bambino.

Da tenere anche in considerazione che le donne che hanno sviluppato ipertensione in gravidanza, hanno maggiori possibilità di sviluppare ipertensione in età avanzata. Un buon motivo, quindi, per tenere monitorata la propria pressione anche una volta che i figli sono cresciuti, per prevenire effetti collaterali gravi.

La pressione diastolica è quella che viene comunemente definita “minima”; si parla di ipertensione diastolica isolata quando i suoi valori si alzano e superano i 90 mmHg, mentre la pressione massima o sistolica rimane normale.

Di solito l’ipertensione arteriosa diastolica interessa maggiormente i giovani, perché sono più soggetti a praticare sport che richiedono un certo grado di sforzi fisici.

Nel caso di ipertensione diastolica le cause che possono favorire tale condizione sono:
  • lo stress e l’ansia;
  • le malformazioni cardiache congenite;
  • una dieta scorretta, troppo ricca di grassi, alimenti salati;
  • una vita sedentaria;
  • l’uso di alcol, caffeina e fumo;
  • elevati livelli di colesterolo nel sangue.
Ci possono essere, inoltre, cause secondarie, fra le quali:
  • disfunzioni alla tiroide;
  • diabete;
  • tumori alle ghiandole surrenali;
  • assunzione di farmaci;
  • abuso di alcune droghe.
Nella maggioranza dei casi non è possibile, tuttavia, risalire a una causa scatenante, per cui si parla di ipertensione primaria o idiopatica. Pur avendo solo un parametro fuori dal normale, tale condizione non va sottovalutata, poiché esso da solo è sufficiente affinché si possa parlare di condizione di ipertensione, col rischio di sviluppare altre patologie più gravi.

Se vi trovate spesso a soffrire di mal di testa, ronzii alle orecchie, vertigini, sudorazione fredda, nausea e vomito, parlatene al vostro medico e fate gli accertamenti necessari per escludere la presenza di ipertensione diastolica.

I sintomi

I principali sintomi dell’ipertensione sono:
  • mal di testa, in particolar modo al mattino;
  • vertigini e sensazione di stordimento;
  • acufeni e tinniti (ronzii nelle orecchie);
  • alterazioni della vista (presenza di puntini luminosi nel campo visivo);
  • epistassi (sangue dal naso).
Va detto che non sempre i sintomi sono presenti, motivo per cui l’ipertensione è considerata un killer silenzioso poiché, pensando di stare bene, la persona non si accorge di avere qualcosa che non va fino a che non insorgono patologie secondarie correlate alla presenza di pressione alta.

Fra le complicazioni più comuni che possono insorgere se la pressione alta non viene trattata ci sono: Nel caso venga riscontrata ipertensione, cosa fare per evitare situazioni ben più gravi? Innanzitutto è bene tenere sotto controllo la pressione: non basta misurarla una sola volta, ma va misurata ciclicamente e tenuta monitorata nel tempo, in modo da valutare le oscillazioni e i cambiamenti.

L’apparecchio con cui si misura la pressione è assolutamente indolore e non invasivo e richiede solo qualche minuto. Il medico sarà in grado di valutare la terapia più adeguata ed eventuali cambiamenti nello stile di vita che possono migliorare e correggere la pressione.

Le cause

Nel 92-95% circa dei casi, l'ipertensione non è attribuibile ad una causa identificabile e viene definita, pertanto, essenziale o primitiva o idiopatica.

Le maggiori difficoltà nell’ elaborazione di un'ipotesi patogenetica valida per tutte le forme di ipertensione essenziale derivano principalmente dal fatto che i fattori in grado di modificare stabilmente i valori pressori sono molteplici, complessi e difficilmente quantificabili.

Essi possono essere così riassunti:
  1. fattori genetici;
  2. fattori ambientali;
  3. fattori legati all'esercizio fisico;
  4. fattori correlati allo stress psicosociale.
Nel 5-8% circa dei casi l'ipertensione ha una eziopatogenesi nota (insufficienza renale cronica, ipersecrezione di catecolamine nel feocromocitoma, iperproduzione di aldosterone nella sindrome di Conn etc.) e pertanto può essere definita secondaria.
 
Più che di cause dell’ipertensione sarebbe meglio parlare di fattori di rischio che conducono a ipertensione. Fra questi come accennato sopra, ci sono:
  • la familiarità: se uno o più componenti della famiglia sviluppa ipertensione c’è maggior probabilità di soffrirne;
  • l’età: più l’età aumenta, più probabilità ci sono di avere la pressione alta. Invecchiando, infatti, le pareti dei vasi sanguigni tendono a perdere l’elasticità;
  • il sovrappeso o l’obesità;
  • la mancanza di attività fisica;
  • il diabete;
  • il fumo di sigarette;
  • uno squilibrio fra sodio e potassio causato da una dieta troppo ricca di sodio;
  • l’alcol;
  • lo stress.
Fra le cause di ipertensione rientra anche l’uso di alcuni farmaci, come cortisonici, pillola anticoncezionale e FANS.

Nonostante negli ultimi decenni il trattamento farmacologico dell’ipertensione abbia registrato notevoli sviluppi, la frequenza di morte per ipertensione arteriosa è aumentata di circa il 6,8% come risulta dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES).

I motivi principali vanno ricercati in diverse condizioni, ossia: il 31,6% della popolazione affetta da ipertensione arteriosa non è consapevole della malattia, il 14,8% degli ipertesi non riceve alcun trattamento, solo il 27,4% riceve una terapia adeguata ed è controllato, mentre il 26,2% della popolazione, pur essendo stato trattato farmacologicamente, non riceve un trattamento adeguato in quanto presenta valori pressori eccedenti i limiti della norma definiti dalle più importanti organizzazioni internazionali che si occupano di ipertensione (<140/90 mmHg). 

Lo scopo principale della terapia per l’ipertensione è quello di abbassarne i valori, in modo che si possano ridurre drasticamente i rischi correlati. Gli studi mostrano che la riduzione di appena il 10% dei valori tensivi determina una riduzione del 40% della mortalità per patologie cerebrovascolari e del 20% delle patologie coronariche.

In base alle più recenti linee guida europee sull' ipertensione, le nuove strategie terapeutiche da adottare sono: l’impiego preferenziale delle associazioni di due farmaci nella stessa pillola (associazioni precostituite) sin dall' inizio del trattamento e cercare di raggiungere gli obiettivi terapeutici nel minor tempo possibile, idealmente entro i primi tre mesi.

La cura dell’ipertensione prevede anche – sia che si tratti di ipertensione lieve che grave – un cambio nello stile di vita e nell’alimentazione: fare attività fisica – basta anche una passeggiata di 30 minuti al giorno o attività fisica leggera – unita a un’alimentazione più bilanciata, permette di vedere dei miglioramenti nei parametri dell’ipertensione in breve tempo.

Nei casi di ipertensione grave e quando gli accorgimenti che riguardano lo stile di vita da soli non bastano, il medico può valutare la prescrizione di farmaci, che il paziente dovrà prendere a vita, nella maggior parte dei casi, poiché sono dose-dipendenti. I farmaci per l’ipertensione comprendono:
  • diuretici, aiutano lo smaltimento di Sali minerali e di sodio in particolar modo;
  • antagonisti del calcio, inducono vasodilatazione e aiutano quindi a controllare la pressione;
  • simpaticolitici, agiscono sui meccanismi del sistema nervoso centrale per il controllo della pressione;
  • beta bloccanti, agiscono a livello dei meccanismi nervosi di controllo periferico della pressione;
  • antagonisti dell’angiotensina II e ACE inibitori, interferiscono con la produzione di alcune sostanze che compongono il sistema renina-angiotensina-aldosterone.
La scelta sul tipo migliore di farmaco sarà fatta dal medico competente, in base alla condizione personale del paziente, così come deciderà se è sufficiente un solo farmaco o più farmaci in combinazione fra loro.

L’alimentazione per l’ipertensione è fondamentale per riportare i valori nella norma. Non si deve pensare a grandi stravolgimenti, più che altro si tratta di adottare qualche buona abitudine ed eliminare alcuni cibi che non contribuiscono alla salute.

Gli alimenti per l’ipertensione più indicati sono:
  • frutta e verdura, che sono ricche di fibre;
  • legumi;
  • pasta e cereali integrali, che contengono maggiori quantità di fibre;
  • pesce da consumare almeno 2-3 volte a settimana.
Da evitare o ridurre sono invece:
  • il sale, soprattutto quello raffinato: non se ne dovrebbero consumare più di 5-6 grammi al giorno, facendo attenzione anche a quello contenuto negli alimenti industriali. L’uso del sale sarebbe da preferire in cottura, evitando di aggiungerlo ai cibi già cotti o crudi. Al suo posto si possono usare spezie che aiutano a insaporire i piatti e a renderli più sfiziosi, o anche gomasio a base di semi di sesamo tritati con aggiunta di sale integrale marino ricco di vitamine, calcio, fosforo e zinco;
  • i grassi saturi, che non dovrebbero superare il 7% delle calorie totali quotidiane. Sono benefici invece i grassi buoni, come quelli contenuti nelle olive, nell’avocado, nel pesce azzurro, nella frutta oleosa e a guscio;
  • il latte e i latticini, se proprio non si riescono a evitare meglio optare per quelli magri;
  • l’alcol e le bevande che contengono caffeina: attenzione quindi anche alle bevande gassate.
Questo tipo di alimentazione permette anche un miglior controllo del peso corporeo e, nel caso si soffra di sovrappeso, aiuterà a perdere i chili di troppo, riducendo così non solo i rischi di ipertensione ma anche quelli correlati al peso in eccesso.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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