Maria Cecilia Hospital / 06 ottobre 2021

Come gestire le patologie pelvi-perineali nella donna

Come gestire le patologie pelvi-perineali nella donna
L’anatomia della pelvi femminile presenta caratteristiche uniche, di cui è importante tenere conto nel trattamento delle patologie pelvi-perineali, come l’incontinenza urinaria o fecale, la stipsi, il prolasso dell’utero, il prolasso della cupola vaginale, il prolasso della vescica o del retto. La salute della pelvi feminile si basa infatti sull’equilibrio tra tre apparati strettamente connessi a livello anatomico: gli apparati genitale, urinario e intestinale. Questo è il motivo per cui un prolasso dell’utero o della vescica genera spesso anche un prolasso rettale. 
In passato,in base alle conoscenze di cui si disponeva,non si teneva conto di questa stretta relazione tra i tre apparati e la chirurgia proctologica così  come quella urologica e ginecologica (condotte in modo  autonomo) non davano i risultati sperati. Oggi, la figura del pelviperineologo può aiutare le pazienti con prolassi degli organi pelvici, a trattare la loro condizione in modo completo e con una corretta “visione d’insieme”, evitando così recidive che peggiorano la qualità della vita.
Il Dott. Luca Bordoni, proctologo e pelviperineologo presso Maria Cecilia Hospital di Cotignola, ha al suo attivo migliaia di interventi proctologici ed è uno dei massimi esperti della chirurgia del prolasso rettale e della chirurgia mininvasiva dei prolassi pelvici multicompartimentali.

Di che cosa si occupa il pelviperineologo?

Quella del pelviperineologo è una figura professionale piuttosto recente, che si è andata delineando solo negli ultimi dieci anni per gestire particolari situazioni “miste". In una certa percentuale di pazienti, in particolare nella popolazione femminile, la chirurgia proctologica standard non dà sempre i risultati sperati: in questi casi, infatti, solo la figura del pelviperineologo può dare un contributo prezioso, grazie a un approccio diagnostico e terapeutico multidisciplinare, che tiene conto non solo della patologia specifica, per esempio il prolasso rettale (con o senza malattia emorroidaria), ma di tutte le strutture anatomiche che a livello pelvico possono influenzare, in modo più o meno diretto, il quadro clinico.

 
Quali vantaggi offre questo nuovo approccio?

La pelvi femminile contiene, in un’area molto limitata, tre apparati diversi in stretta relazione tra loro: l’apparato urinario, l’apparato genitale e l’apparato digerente. Questo aspetto non deve essere trascurato nel trattamento delle patologie pelvi-perineali, perché la vicinanza anatomica tra i tre apparati influenza il quadro clinico e può influire sull’esito di un intervento chirurgico.
Nel caso di pazienti con stitichezza, è importante prendere in considerazione anche l’apparato urinario e quello ginecologico, evitando di tralasciare condizioni cliniche solo apparentemente non legate alla stipsi. Se la stitichezza si ripresenta dopo un intervento chirurgico proctologico standard, è quindi importante valutare la presenza di altre condizioni cliniche a livello pelvico, come il “senso di peso” pelvico, l’incontinenza urinaria, il prolasso dell’utero, oppure l’assenza dell’utero per un precedente intervento di isterectomia; tutti questi elementi possono nascondere altri fattori alla base della stipsi. Da qui, l’importanza di inquadrare la problematica da un punto di vista “globale”, che tenga conto dei diversi apparati.

 
Quali trattamenti sono disponibili per il prolasso dell’utero e degli altri organi pelvici?

Il prolasso dell’utero è un caso emblematico in cui è importante valutare diverse alternative terapeutiche, tenendo conto della complessità della pelvi femminile.
Infatti, il prolasso uterino spesso comporta sintomi anche a livello urinario e rettale: abbassandosi, l’utero può trascinare verso il basso anche la vescica (causando incontinenza urinaria o difficoltà di svuotamento) e il retto (provocando prolasso del retto e stipsi).
In questi casi, spesso si consiglia l’asportazione dell’utero: tuttavia, se l’utero è sano e non presenta altre patologie, la sua asportazione non è certo la soluzione migliore per garantire benessere alla paziente. Infatti, a livello anatomico, l’utero svolge un’importante funzione di sostegno della pelvi, mantenendo nella giusta posizione gli altri organi pelvici e permettendo ad essi di funzionare correttamente: una vescica libera di riempirsi oltre misura, ad esempio,  può interessare, schiacciandolo, il retto, oltre che condizionare disturbi legati alla continenza e allo svuotamento dell’urina. L’intervento di isterectomia, oltre a rappresentare un intervento chirurgico importante e non privo di rischi, può quindi favorire a sua volta un cattivo funzionamento degli altri organi pelvici, con importanti risvolti sulla qualità della vita della donna dopo l’intervento, in senso peggiorativo.
In questi casi è importante valutare altre soluzioni terapeutiche. Recentemente, è stato messo a punto una tecnica chirurgica che permette di ripristinare la corretta “statica pelvica” (posizione fisiologica degli organi pelvici) che consiste nell’inserire nella pelvi una piccola protesi (larga appena 1,5 cm) che funziona come una sorta di elastico di sostegno (come i normali legamenti anatomici). Passando al di fuori del peritoneo (la membrana che avvolge gli organi addominali), la protesi solleva gli organi e li riposiziona nella corretta sede anatomica, risolvendo così il prolasso dell’utero, della vescica e del retto. Si tratta di un intervento mininvasivo, della durata di circa un’ora, che permette alla donna di recuperare le sue funzioni quotidiane dopo una convalescenza di circa 15 giorni.
 
Per maggiori informazioni guarda l'intervista completa 

Dott. Luca Bordoni, ospite a Teleromagna parla di proctologia e pelviperineologia

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Revisione medica a cura di: Dott. Luca Bordoni

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