Primus Forlì Medical Center / 14 settembre 2021

Giornata mondiale dell’Alzheimer: la diagnosi precoce può fare la differenza

Giornata mondiale dell’Alzheimer: la diagnosi precoce può fare la differenza
In tutto il mondo, settembre è il mese dedicato all’Alzheimer, una patologia neurologica degenerativa che, solo in Europa, rappresenta oltre la metà di tutte le forme di demenza sopra i 65 anni di età. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età e l’allungamento dell’aspettativa di vita ha portato inevitabilmente a un incremento nel numero di casi diagnosticati ogni anno. Rispetto al passato, oggi disponiamo di strumenti diagnostici che permettono di riconoscere la malattia fin dai primi sintomi e di distinguerla da altre forme di demenza.

In occasione della giornata mondiale dell’Alzheimer, che si celebra il 21 settembre, il Primus Forlì Medical Center ha organizzato due giornate dedicate alla prevenzione di questa patologia.
Lunedì 20 e 27 settembre
dalle 14 alle 18
sarà possibile effettuare una valutazione cognitiva per pazienti over 65
alla tariffa agevolata di €25
La prenotazione è obbligatoria

Per prenotare lo screening occorre compilare il form contatti presente nella pagina dedicata
oppure telefonare allo 0543.804311
 
La Dott.ssa Giulia Petrillo, neuropsicologa presso Primus Forlì Medical Center, che effettuerà gli screening, ci descrive le caratteristiche di questa patologia e l’importanza della diagnosi precoce per intraprendere con i pazienti un percorso terapeutico che può aiutarli da subito a gestire al meglio una nuova quotidianità.

Quali sono i sintomi dell’Alzheimer? 

Come tutte le demenze, la malattia di Alzheimer comporta un deterioramento progressivo delle funzioni cognitive. I sintomi più comuni sono:
  • problemi di memoria: nella fase iniziale, si ha difficoltà a ricordare sia eventi passati (anche recenti) sia progetti futuri. Nelle fasi più avanzate della malattia, il paziente può avere difficoltà a riconoscere anche i propri famigliari e gli amici oppure non ricorda la strada per tornare a casa. 
  • difficoltà nel linguaggio: il paziente fatica a trovare le parole per esprimersi oppure si dimentica nel mezzo di una frase di quello che intendeva dire; con il tempo, i pazienti possono avere difficoltà a iniziare una conversazione e diventare quindi molto silenziosi. 
  • disorientamento spaziale e temporale: questo si verifica quando, per esempio, nel mezzo di un tragitto il paziente dimentica improvvisamente il luogo in cui si sta recando oppure non ricorda la data del giorno o la stagione.

Come si formula la diagnosi?

Il neurologo e il neuropsicologo sono le figure professionali più importanti a cui rivolgersi quando compaiono i primi campanelli d’allarme che evidenziano un problema di memoria, come dimenticare un appuntamento, che cosa si è fatto di preciso il giorno precedente o un evento accaduto poche settimane prima. 
In questi casi ci si può rivolgere al neurologo (talvolta dopo consulenza con il geriatra), che esegue un esame di screening abbinato a un esame obiettivo neurologico: nel caso la visita evidenzi sintomi da approfondire, il neurologo può richiedere anche indagini strumentali come la risonanza magnetica o la TAC, grazie alle quali si possono evidenziare nel cervello zone atrofiche o alterazioni.
Altrettanto importante è il consulto con un neuropsicologo, un professionista che può eseguire valutazioni neuropsicologiche di secondo livello, cioè test che permettono di valutare il quadro cognitivo complessivo della persona e mettono in evidenza eventuali deficit di memoria, linguaggio, attenzione, funzioni visuo-spaziali, funzioni esecutive ecc.. 
Uniti alle valutazioni del neurologo e agli esami strumentali, questi test permettono di formulare la diagnosi di malattia di Alzheimer. 

Quale percorso si apre per il paziente dopo la diagnosi?

Restituire la memoria di un tempo a un paziente con Alzheimer non è fisiologicamente possibile, ma esistono strategie che, se messe in atto precocemente, possono rallentare il decadimento delle funzioni cognitive e frenare il decorso della malattia. 
Presso l'ambulatorio del neuropsicologo il paziente può seguire (con cadenza settimanale o bisettimanale) un programma di stimolazione cognitiva basato su esercizi che mirano a stimolare le funzioni compromesse
Nel caso di disorientamento topografico (cioè il paziente si perde in città o quando si sta recando a casa o al lavoro), si possono mettere a punto esercizi di riorientamento spaziale, con cui si aiuta la persona a interpretare la cartina della sua città e a ricostruire e memorizzare la strada da percorre. Per il riorientamento temporale, si cerca di aiutare il paziente a stilare un calendario o a ripassare date importanti. Esistono inoltre esercizi computerizzati che aiutano il paziente ad allenare la memoria e lo spronano a ricordare, tra un’attività e l’altra, le informazioni fornite poco prima.
Quando possibile, per questi esercizi si cerca di partire dalle passioni e dagli hobby del paziente, in modo da stimolare le sue funzioni cognitive con argomenti che gli stanno a cuore e che lo motivano maggiormente. Molto utili sono i Caffè Alzheimer, gruppi di persone che condividono la diagnosi di Alzheimer e che si ritrovano circa una volta alla settimana per dialogare su temi di attualità o per rievocare esperienze o ricordi particolari. Questi incontri non solo stimolano la memoria e il linguaggio, ma aiutano anche i pazienti a stabilire contatti sociali importantissimi per sostenere le proprie funzioni cognitive. 

Quale ruolo hanno i familiari nel percorso post-diagnosi?

Nel caso di una nuova diagnosi di Alzheimer è importante coinvolgere da subito la famiglia del paziente in un programma di psicoeducazione. Il neuropsicologo lavora con caregiver e familiari per capire le difficoltà incontrate nella vita di tutti i giorni e per aiutarli a sviluppare strategie di supporto. Per esempio, se i familiari riferiscono che la persona non ricorda più dove si trovano piatti e bicchieri, si può suggerire di apporre fotografie che mostrano il contenuto di ciascun armadietto della cucina e che permettono al paziente di mantenere una certa autonomia. Grazie ad incontri periodici con i familiari, il neuropsicologo può inoltre verificare se le strategie proposte hanno funzionato o se sono emerse nuove criticità. 

La malattia di Alzheimer può essere diagnosticata precocemente?

Nelle demenze, prima della comparsa di sintomi evidenti, si osserva spesso una breve fase di “pre-demenza” chiamata MCI (Mild Cognitive Impairment), durante la quale si iniziano a osservare lievi sintomi di decadimento cognitivo. Non necessariamente questi sintomi di “pre-demenza” sfoceranno in Alzheimer (questo lo si vedrà solo con il tempo) ma riconoscere questa fase è importante perché permette di intervenire precocemente e di mettere in atto strategie che, pur non potendo arrestare o invertire il decadimento, rallentano la progressione della malattia. 
La diagnosi precoce è quindi fondamentale: anche nelle fasi iniziali dell’Alzheimer, in cui già si manifestano i primi disturbi di memoria, si possono attuare programmi di stimolazione cognitiva molto utili per rallentare la malattia e per aiutare il paziente ad adattarsi a una nuova quotidianità. 
Se la diagnosi arriva in una fase già molto avanzata, i benefici della stimolazione cognitiva sono invece minori. Per questo è consigliabile non sottovalutare i primi sintomi, imputandoli a un calo fisiologico dovuto all’età, ed è preferibile verificare la natura del decadimento cognitivo con screening mirati.  

A chi ci si può rivolgere per un test di screening per l'Alzheimer?

La figura di riferimento per i test di screening è il neuropsicologo, che può eseguire test fatti in ambulatorio (con carta e penna oppure al computer) per indagare diversi aspetti delle funzioni cognitive del paziente (memoria, linguaggio, orientamento spaziale e temporale ecc.). In base al risultato di questi test, il neuropsicologo può indirizzare il paziente verso un consulto con il neurologo, per eseguire esami più approfonditi o indagini strumentali (risonanza magnetica o TAC). 
Questi test di screening sono consigliabili a tutte le persone con più di 65 anni di età: se eseguiti con regolarità ogni anno, i risultati di questi esami permettono di seguire nel tempo l’evoluzione del paziente e di capire se sono comparsi nuovi sintomi di decadimento cognitivo, se c’è stato un peggioramento e con quale rapidità. La regolarità di questi screening ha due obiettivi importanti:
  • formulare diagnosi più precise, per esempio distinguendo tra Alzheimer, altre demenze o lievi cali fisiologici delle funzioni cognitive legate all’età;
  • formulare diagnosi precoce di Alzheimer in una fase della malattia in cui gli strumenti terapeutici oggi a disposizione possono dare molti più benefici rispetto a una diagnosi tardiva.
Per maggiori informazioni contatta la struttura allo 0543.804311 oppure tramite il form contatti
Revisione medica a cura di: Dott.ssa Giulia Petrillo

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