Tra i campi di azione della chirurgia oftalmoplastica c’è la chirurgia orbitaria. Questa branca include tecniche molto diverse per la correzione di varie patologie, ma anche di inestetismi, tra i quali uno dei più diffusi è l’esoftalmo determinato dall’
Orbitopatia Tiroide Correlata (OTC). Si tratta di una patologia che spesso riguarda i
pazienti affetti da patologie della tiroide e che ha come segno caratteristico gli
occhi sporgenti.
La tecnica chirurgica che tratta i casi più severi di oftalmopatia basedowiana è la decompressione orbitaria.
Per affrontare il tema, il dott
Francesco Quaranta Leoni, Chirurgo Oftalmoplastico presso il
Villa Tiberia Hospital di Roma, fornisce una serie di informazioni utili a comprendere e conoscere la decompressione orbitaria: in cosa consiste, quando è indicata, quali sono i rischi.
L’Orbitopatia Tiroide Correlata (OTC)
L’OTC è una patologia autoimmune che è generalmente correlata alle
disfunzioni della tiroide. Generalmente le donne sono più colpite degli uomini. Gli occhi sporgenti ne sono il tratto caratteristico, ma porta con sé una sintomatologia fastidiosa che può compromettere anche la visione se si determina una compressione del nervo ottico. In questi casi può essere
consigliata la decompressione orbitaria.
In cosa consiste la decompressione orbitaria
Lo scopo della decompressione orbitaria è quello di
aumentare lo spazio a livello delle orbite, permettendo agli occhi di riposizionarsi ad un livello il più possibile vicino a quello che avevano prima che insorgesse la patologia tiroidea. Si ricorre in questi casi all’ablazione delle pareti ossee dell’orbita, associata alla rimozione del grasso orbitario in eccesso. Generalmente questo intervento richiede l’anestesia generale e una notte di degenza in ospedale. Viene condotto con tecniche mini-invasive, per via endoscopica o praticando piccole incisioni nell’area laterale dell’occhio.
I rischi e le controindicazioni
L’intervento comporta alcuni rischi che vengono
discussi in dettaglio con ciascun paziente, e che variano a seconda del paziente e della tecnica utilizzata. Sono comuni l’edema post-operatorio, una iposensibilità temporanea, piccoli versamenti ematici. Più raramente si incorre in inestetismi delle palpebre o in alterazioni della motilità oculare che potrebbero richiedere un nuovo intervento; ancora meno frequenti sono i danni alle strutture anatomiche e alla funzionalità dell’occhio.
È
importante che il paziente segua le indicazioni del medico su quando tornare a praticare l’attività fisica, fare sforzi e guidare. Per questo, e per valutare gli esiti dell’intervento, sono necessarie alcune visite di controllo dopo l’intervento.
Il dott.
Francesco Quaranta Leoni è Chirurgo Oftalmoplastico presso
Villa Tiberia Hospital di Roma e Presidente di ESOPRS, Società Europea di Chirurgia Oftalmo-Plastica e Ricostruttiva.
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