Maria Cecilia Hospital / 13 maggio 2021

Diventare mamma dopo l’impianto di un mini pacemaker

Diventare mamma dopo l’impianto di un mini pacemaker
Il dott. Saverio Iacopino è Responsabile del dipartimento di Aritmologia e Elettrofisiologia del Maria Cecilia Hospital di Cotignola ed è stato tra i primi ad aver impiantato un mini pacemaker in Italia. Si tratta di un dispositivo salvavita, che viene collocato nel cuore con un intervento mininvasivo.
 
Tra i tanti pazienti trattati grazie a questa tecnologia innovativa, il dott. Iacopino racconta la storia di Esther, una giovane donna laziale che, grazie al mini pacemaker, ha potuto affrontare una gravidanza naturale e diventare madre.
A meno di 30 anni di età, Esther aveva episodi di mancamento e di perdita di coscienza apparentemente immotivati. Di solito, in questi casi, la causa può essere un disturbo neurologico come l’epilessia, oppure può essere una causa di natura cardiogena.  Se gli svenimenti dipendono dal cuore, ci sono due possibilità: una sindrome vaso-vagale che causa un abbassamento della pressione, oppure un blocco elettrico del cuore”, spiega il dott. Iacopino.
 
La diagnosi di un blocco elettrico del cuore può essere complessa, perché la pausa elettrica può essere improvvisa. In gergo medico è definita parossistica. Per questo motivo, durante un elettrocardiogramma potrebbe non essere possibile documentare anomalie elettriche. Allora si ricorre all’holter cardiaco, per 24, 48 ore o anche per 7 giorni”.

In casi complessi, però, l’holter può non essere in grado di individuare il momento del blocco elettrico, perché questo non si verifica nell’intervallo di tempo in cui il paziente è monitorato. Così è stato nel caso di Esther.
 
A fronte di una sintomatologia molto evidente, ci mancavano prove diagnostiche per essere certi che Esther soffrisse di una problematica di conduzione elettrica. Allora abbiamo deciso di utilizzare un loop recorder: è un microchip che viene impiantato sottopelle e che registra l’attività cardiaca nel tempo. Così, quando la ragazza ha avuto il successivo blocco della stimolazione cardiaca, ha perso coscienza e il loop recorder ha permesso di arrivare a una diagnosi. Si trattava di un’interruzione importante dell’attività elettrica del cuore definita “asistolia”, di oltre 10 secondi”, prosegue il dottore. “A quel punto, ormai con una diagnosi certa, ho presentato ad Esther le due possibili soluzioni tra cui scegliere: il pacemaker convenzionale oppure il mini pacemaker”.
 
Il pacemaker tradizionale è costituito da una batteria che viene impiantata sottopelle all’altezza della clavicola sinistra e di due elettrocateteri che raggiungono l’atrio e il ventricolo, generando una stimolazione elettrica bicamerale. Il mini pacemaker è invece una tecnologia che negli ultimi 5 anni ha rivoluzionato l’aritmologia interventistica.
 
L’intervento per impiantare il mini pacemaker Micra è mininvasivo: non si effettuano tagli, ma il dispositivo, che è una capsula di piccolissime dimensioni, viene inserito attraverso una vena della gamba e quindi introdotto nel cuore dove viene rilasciato agganciandosi al muscolo cardiaco con delle barbe in nitinolo a forma di uncini.
Al Maria Cecilia Hospital di Cotignola abbiamo la più alta casistica in Italia di interventi di questo genere ed è anche un training center per i colleghi
”, spiega Iacopino. “Quindi con Esther abbiamo sviscerato pro e contro delle due soluzioni, considerando la giovane età della paziente e l’impatto che questo avrebbe avuto sulla qualità della sua vita”.
 
La scelta di Esther, concordata con il dottor Iacopino, è ricaduta sul mini pacemaker, prevedendo nel suo caso una necessità di stimolazione solo on-demand, ovvero solo in caso di blocco elettrico del cuore. “Questa soluzione presenta alcuni vantaggi nell’immediato e nel tempo, importanti nel caso di una paziente giovane. Nell’immediato, l’intervento mininvasivo riduce l’impatto psicologico ed anche i rischi operatori. Negli anni, scongiura il rischio di dover ripetere l’intervento con cadenza relativamente breve per sostituire la batteria." Infatti la batteria del mini pacemaker dura fino a 12 anni e poi si può sostituire l’impianto aggiungendo un altro mini pacemaker, sempre senza incisioni chirurgiche. Inoltre, gli elettrocateteri del pacemaker tradizionale, con il tempo possono infettarsi o andare incontro a una sorta di rigetto. Il mini pacemaker non ha cateteri e i dati di letteratura ormai confermano un bassisimo rischio di tali complicanze.
 
Esther ha accolto entusiasticamente questa soluzione mininvasiva al suo problema. Abbiamo così eseguito l’intervento, dopo il quale la ragazza è rimasta in ospedale 2 notti sotto osservazione. Nelle due settimane successive, le è stato raccomandato di stare a riposo. Poi ha progressivamente ripreso le sue attività di sempre, senza rinunciare alla qualità della vita: ha anche ricominciato a fare sport e attività fisica intensa”.
 
Ma soprattutto”, conclude il dott. Iacopino, “a distanza di due mesi ci ha dato la notizia che aspettava un bambino. Grazie al dispositivo salvavita Esther ha potuto affrontare la gravidanza senza rischi ulteriori rispetto a un’altra donna in salute.
Nella sua condizione di partenza, non avrebbe potuto sostenere il travaglio e sarebbe stato necessario fissare un parto cesareo. Invece, protetta dal mini pacemaker, Esther ha messo al mondo suo figlio con un parto naturale.
Ora continua la sua storia di donna e di madre, potendo svolgere tutte le attività necessarie e ricreative per vivere una vita di qualità
”.
 
 
Revisione medica a cura di: Dott. Saverio Iacopino

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