Santa Rita Hospital / 14 giugno 2018

Fratture e Coxartrosi i principali nemici dell’anca

Fratture e Coxartrosi i principali nemici dell’anca
 Il dottor Gianni Nucci, specialista in Ortopedia e Traumatologia a Santa Rita Hospital di  Montecatini Terme spiega perché la cartilagine articolare si consuma e quando occorre intervenire mediante protesi. 

Dottor Nucci, quali le patologie di maggior riscontro nei pazienti con problematiche all’anca?

“Possiamo sostanzialmente distinguere due grandi gruppi: le fratture e le malattie di tipo degenerativo come la coxartrosi. Quest’ultima è una condizione a carattere infiammatorio di tipo cronico contraddistinta dalla degenerazione, progressiva, della cartilagine che ricopre l’articolazione dell’anca. Ciò può avvenire per varie cause: ad esempio congenite - quindi indotta da alterazioni presenti fin dalla nascita -; traumi accidentali; peso ponderale eccessivo (vedi i grandi obesi); malattie reumatologiche, neurologiche nonché correlata ad altre sindrome metaboliche”. 

Il diabete rappresenta una causa?

Non esistono evidenze scientifiche che correlino il diabete all’usura eccessiva dell’anca. Altre condizioni, come le malattie reumatologiche preesistenti, possono invece essere favorenti il consumo precoce ed eccessivo dell’osso”.

L’età del paziente ha delle responsabilità nella coxartrosi?

L’età è un fattore meno importante. Anche i giovani presentano seri problemi all’anca; sia in seguito a traumi - non perfettamente risolti - sia per predisposizione genetica: mi riferisco al cosiddetto ‘conflitto femoro-acetabolare”; una condizione in cui la testa del femore non ha spazio sufficiente per muoversi nell’acetabolo. La conseguenza è lo ‘strisciamento’ sull’anca, provocando dolore e consumo precoce ed eccessivo della cartilagine di rivestimento”.

In cosa consistono i trattamenti oggi disponibili?

Nelle situazioni in cui i trattamenti di tipo conservativo, quali la fisioterapia o le infiltrazioni di sostanze biocompatibili (ad iniziare dall’acido ialuronico) non producono i risultati attesi, l’unica indicazione possibile rimane la sostituzione dell’articolazione con protesi innestata chirurgicamente. L’intervento può essere condotto con tecnica tradizionale o approcciato mediante procedura mininvasiva. Qualora s’intenda adottare la metodica mininvasiva, lo specialista in chirurgia ortopedica si pone quale primo obiettivio - indipendentemente dall’incisione praticata - quello del risparmio tissutale in modo da favorire il mantenimento della stabilità articolare e un più rapido recupero psicofisico del paziente. Qui a Santa Rita Hospital disponiamo di protesi in lega di metallo e ceramica che ben s’integrano nell’organismo in maniera da garantire la migliore ripresa della funzionalità articolare”.

Come sono fatte le protesi?

Le protesi sono di ‘misura’ differente a seconda della loro geometria e lunghezza. La scelta dipende molto dalla via d’accesso chirurgico e dalle caratteristiche del paziente sottoposto ad intervento. Si punta sempre alla massima ‘personalizzazione’ così da riprodurre ‘in dettaglio’ l’anatomia del soggetto”.

Quando si torna a camminare?

Il paziente, salvo rare complicanze, può riprendere la posizione eretta già il giorno successivo la sala operatoria. Tornerà a camminare, facendo molta attenzione, senza stampelle nel giro di un paio di settimane”.

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