Ospedale Santa Maria - Bari / 10 ottobre 2023

Medicina di genere: in Puglia il corso accreditato per un approccio innovativo alla cura del paziente

medicina di genere
Considerare le differenze di genere, le variazioni sociali, economiche, culturali e religiose per costruire una medicina di precisione, inclusiva e appropriata, e garantire a tutta la popolazione uguale diritto e accesso alla sanità.

Questo l’obiettivo della medicina di genere, oggetto del corso accreditato "𝙇𝙖 𝙢𝙚𝙙𝙞𝙘𝙞𝙣𝙖 𝙙𝙞 𝙜𝙚𝙣𝙚𝙧𝙚 𝙣𝙚𝙡𝙡𝙖 𝙥𝙧𝙤𝙜𝙧𝙖𝙢𝙢𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙨𝙖𝙣𝙞𝙩𝙖𝙧𝙞𝙖" che si è tenuto a Bari lo scorso 3 ottobre e che ha visto medici specialisti da tutta Italia riuniti per inquadrare il tema da diverse angolazioni, dalla pneumologia all’epidemiologia, dalla cardiologia all’immunologia e all’ortopedia. L’incontro è stato coordinato dal prof. Giuseppe Speziale, vicepresidente di GVM Care & Research e dalla prof.ssa Anna Maria Moretti, responsabile dell’ambulatorio di patologie respiratorie dell'Ospedale Santa Maria di Bari e Presidente della Società Internazionale di Medicina di Genere (IGM) con il supporto di Eleonora Sansavini, Amministratore Delegato di GVM Puglia.

La medicina di genere è un approccio molto innovativo perché permette un ragionamento a cui non siamo stati abituati nel nostro percorso universitario ed educativo - afferma il prof. Giuseppe Speziale, responsabile scientifico del corso -. Se non c'è un approccio in grado di cogliere le diversità, dalle diagnosi alle terapie, c’è un errore di inappropriatezza che ci portiamo dietro. E questo errore non può che essere vinto con una serie di percorsi organizzativi, diagnostici, terapeutici e formativi”.

Nata nel 1991, riconosciuta con una legge promulgata nel 2018, la medicina di genere teorizza un modello clinico di riferimento, introducendo indicatori innovativi che vanno recepiti e applicati da tutte le governance, regionali e nazionali, e inseriti in specifici programmi sanitari interdisciplinari di comunicazione e formazione.

Quali sono questi indicatori? - spiega la prof.ssa Anna Maria Moretti -: in primo luogo indicatori biologici: sesso, età, etnia, comorbilità. Ma a questi si uniscono altri indicatori che sono fondamentali da considerare, ovvero quelli di genere: le variabili culturali, religiose, le condizioni socio-economiche. Ma sono altrettanto importanti i fattori ambientali e la programmazione sanitaria. Quest’ultima deve far propri tutti gli indicatori. Ad esempio, noi sappiamo che gli screening riconosciuti per il tumore del colon non individuano differenze di genere. Eppure il tumore del colon nell'uomo e nella donna sono diversi: nel primo caso, è prevalentemente a carico del colon discendente, con delle forme ulcerative e sanguinanti perciò positive per lo screening; nella donna al contrario, è nel tratto ascendente, quindi si presenta con forme stenosanti e molto spesso non sanguinanti. Pertanto, uno screening di questo genere, applicato ad una donna, non è sufficientemente indicativo”.

Una medicina di genere corretta deve necessariamente rispondere a quattro requisiti fondamentali:

  1. l’approccio interdisciplinare clinico, secondo cui la medicina di genere diviene ambito di studio, ricerca e applicazione di tutte le specializzazioni sanitarie;
  2. la ricerca biomedica in ottica di genere, per fornire dispositivi avanzati e all'avanguardia a supporto della ricerca, della prevenzione, della diagnosi e della cura di diverse patologie;
  3. la formazione specifica in ambito di genere per il personale sanitario e non;
  4. la comunicazione e informazione pubblica rilevante.

Un’analisi dei dati effettuata su un campione di 67.000 pazienti dimessi da tutte le dieci strutture di GVM Care & Research dotate del reparto di cardiochirurgia e in un arco temporale che va dal 2011 a giugno 2023 avvalora la tesi della necessità di ripensare la medicina contemporanea in ottica di genere. Si evince infatti una spiccata differenza nell’insorgenza e nel decorso di alcune patologie cardiovascolari in relazione alle variabili di sesso, genere, comorbilità e fattori di rischio.

Siamo passati ad una centralità del paziente - conclude la prof.ssa Anna Maria Moretti - con il desiderio che si applichi una acquisizione di consapevolezza e con la necessità che il paziente partecipi alla costruzione del suo percorso di cura. Il medico deve attivare la sua professione anche nel costruire una tutela della relazione di cura del paziente”.

 

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