Movember: i passi per prevenire i tumori alla prostata e al testicolo

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Anche quest’anno ritorna Movember, l’iniziativa che, durante il mese di novembre, promuove in tutto il mondo la divulgazione sui temi della prevenzione dei tumori maschili e l’importanza della diagnosi precoce.
Insieme al Dott. Antonino Inferrera, specialista in Urologia presso Primus Forlì Medical Center e San Pier Damiano Hospital, facciamo il punto sul tumore della prostata e sul tumore del testicolo, le due neoplasie maschili su cui la prevenzione ha mostrato di poter dare un impatto molto positivo, sia in termini di trattamento chirurgico sia di miglioramento della prognosi.

Quali sono i passi per una corretta prevenzione del tumore alla prostata?

L’età giusta per iniziare a pensare alla prevenzione del tumore alla prostata è 50 anni (40 anni, se c’è familiarità per questa neoplasia). A partire da queste età è quindi consigliabile sottoporsi al dosaggio del PSA e successivo consulto specialistico urologico. È opportuno precisare, però, che lo screening di massa non ha portato i risultati sperati anche per i limiti correlati a una adeguata interpretazione dei valori del PSA prevalentemente nel range tra 4 e 10 ng/ml. Meglio quindi parlare di prevenzione e diagnosi precoce in pazienti con determinati e specifici fattori di rischio, quali la familiarità, il valore del PSA e la sua cinetica nel tempo.
La visita prostatica, definita anche esplorazione digito-rettale, consiste nella palpazione della ghiandola dal colon retto, e non si discosta molto da una valutazione proctologica per patologia emorroidaria interna. Lo specialista urologo può in tal modo valutare il profilo della prostata sulla parete anteriore del retto, le dimensioni, i margini, la consistenza e l’eventuale presenza di noduli sospetti per neoplasia.
Eseguita da un urologo esperto consente pertanto, in pochi secondi, di ottenere importanti informazioni morfo-volumetriche relative allo stato di salute della ghiandola prostatica. 
La diagnosi precoce esitata dal valore del PSA, dall’esito della visita specialistica e della biopsia prostatica è di fondamentale importanza per adottare una strategia terapeutica di tipo chirurgico finalizzata alla guarigione definitiva e possibilmente anche alla preservazione della funzione sessuale: “quanto meno il tumore risulterà palpabile, tanto più precoce sarà stata la diagnosi ed efficace sarà la terapia in termini di guarigione e qualità di vita”.
L’esame obiettivo urologico completo prevede la palpazione dell’addome nei punti semeiotici del decorso degli ureteri, la valutazione della dolorabilità lombare renale, l’ispezione del pene per eventuali lesioni neoplastiche ulcerative o verrucose oltre che eventuali patologie disfunzionali quali fimosi e frenulo corto, o infezioni come le balanopostiti, la palpazione dei testicoli per verificare la presenza di noduli neoplastici; inoltre, si valuta la pervietà e l’anatomia del meato uretrale esterno e infine si possono anche esplorare gli anelli inguinali esterni per verificare la presenza di eventuali ernie. 
 

Quanto è utile il dosaggio della PSA?

A partire dai 50 anni è consigliabile dosare il PSA (Antigene Prostatico Specifico) con cadenza annuale o biennale in ragione del valore e dei fattori di rischio. Si tratta di una proteina prodotta dalle cellule della ghiandola prostatica che svolge la fisiologica funzione di impedire la coagulazione del liquido seminale dopo l’eiaculazione. Circola anche nel siero in modo libero o coniugato a specifiche proteine. Non deve essere considerato un «marcatore tumorale» in quanto il suo incremento sierico avviene anche in assenza di neoplasie e può essere sostenuto da patologie infiammatorie/infettive (prostatiti) o processi ipertrofici della ghiandola. È invece un «marcatore d’organo», ovvero un indicatore dello stato di salute della prostata.  
«Quando si consulta un urologo, è buona norma avere già con sé il risultato dell’ultimo dosaggio della PSA e possibilmente dei dosaggi precedenti» sottolinea il Dott. Inferrera: «questo dà allo specialista uno strumento di valutazione cinetica che permette, insieme alla visita digito-rettale, di indirizzare il paziente verso eventuali approfondimenti diagnostici».
È particolarmente importante sottolineare che non esiste un “cut-off di sicurezza”, ovvero un valore entro il quale si possa avere la certezza che non ci sia una neoplasia. Nei paesi europei il valore di normalità è standardizzato tra 0 e 4 ng/ml, ma è anche noto che quasi il 30% dei pazienti ha una neoplasia anche aggressiva entro questo range.
Fondamentale è quindi l’interpretazione della cinetica di accrescimento del PSA nel tempo, che permette agli specialisti urologi di sospettare una patologia proliferativa e quindi prescrivere approfondimenti diagnostici di secondo livello, quali la RMN della prostata e l’eventuale successiva biopsia.
La RMN e, recentemente, la PET PSMA consentono infine una migliore discriminazione dei pazienti con valori di PSA tra 4 e 10 ng/ml, indirizzando in modo più sensibile e specifico alla biopsia coloro i quali hanno una maggiore evidenza radiologica di sospetta neoplasia.

Prevenzione del tumore del testicolo: chi sono i pazienti più a rischio?

Il tumore al testicolo è una neoplasia che riguarda la fascia giovanile della popolazione, soprattutto tra i 15 e i 40 anni di età. Come nel caso del tumore alla prostata, anche per il tumore al testicolo è importante la prevenzione, soprattutto per i ragazzi che hanno una maggiore probabilità di insorgenza in ragione di specifici fattori di rischio:
  • criptorchidismo: testicoli ritenuti nel canale inguinale o in sede retroperitoneale, o che è stato risolto in età pediatrica con un intervento chirurgico o con una terapia ormonale;
  • testicolo ipoplasico: quando un testicolo è significativamente più piccolo e meno sviluppato dell’altro;
  • infertilità: esistono evidenze scientifiche che sono ancora oggetto di valutazioni più approfondite;
  • sindrome di Klinefelter.
La familiarità è stata invece considerata quale possibile fattore di rischio solo in alcuni casi sporadici.
Se un ragazzo ha nella sua anamnesi uno di questi fattori di rischio, è bene che si sottoponga a regolari visite urologiche a partire dalla pubertà. 
 

Trattamento chirurgico dei tumori maschili: quali sono i vantaggi della chirurgia robotica?

In occasione di Movember, verrà inaugurato a San Pier Damiano Hospital il robot Hugo, il primo sistema chirurgico di questo tipo a essere introdotto in Emilia Romagna e il secondo in tutta Italia.
Si tratta di un sistema chirurgico robot-assistito di alta precisione che, in presenza di indicazioni specifiche, può offrire una valida alternativa alla chirurgia tradizionale.
Il vantaggio principale della chirurgia robotica è quello di fornire una visione magnificata e tridimensionale del campo operatorio, che permette al chirurgo di vedere meglio alcuni dettagli anatomici (normalmente non visualizzabili con la chirurgia tradizionale), di agire in modo più preciso e selettivo per salvaguardare tessuti sani o strutture anatomiche di rilievo funzionale quali i nervi erigendi nel caso della prostatectomia radicale.
Tutto questo si traduce in significativi benefici per il paziente in termini di radicalità oncologica, recupero funzionale per una migliore qualità di vita, minori complicanze post-operatorie, minore degenza ospedaliera e un rapido ripristino delle normali attività quotidiane.
La chirurgia robotica permette di eseguire interventi oncologici ad elevata complessità che, in passato, erano appannaggio esclusivo della chirurgia tradizionale “a cielo aperto”. Un esempio è l’intervento di cistectomia radicale (asportazione della vescica) con confezionamento di neo-vescica, un’operazione molto complessa difficilmente eseguibile in laparoscopia. Un’altra eccellente indicazione oncologica, con ottimi risultati di radicalità e di recupero funzionale d’organo, è la chirurgia «nephron sparing», ossia l’asportazione di neoplasie del parenchima renale preservando la parte sana dell’organo. Infine, la chirurgia ricostruttiva dell’uretere o la ormai rara correzione della patologia del giunto pielo ureterale nell’adulto.
«È importante sottolineare che, anche nella chirurgia robot-assistita, la perizia del chirurgo rimane comunque un elemento imprescindibile» sottolinea il Dott. Inferrera: “il robot non opera in autonomia, ma risponde sempre a un comando umano. Per ottenere l’esito migliore dalla chirurgia robotica, è quindi fondamentale rivolgersi a chirurghi, anestesisti e personale ausiliario che abbiano una formazione specifica in questo campo e che operino in strutture sanitarie in possesso dei requisiti necessari a una adeguata e sicura degenza post operatoria”.
 
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Revisione medica a cura di: Dott. Antonino Inferrera

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