Quattro bracci robotici controllati dal chirurgo tramite una consolle con visione 3D del campo operatorio. Questo è Hugo, un alleato per interventi mini-invasivi, soprattutto in campo urologico e San Pier Damiano Hospital di Faenza è la prima struttura in Emilia Romagna ad introdurlo in sala operatoria, mettendo a disposizione dei pazienti una delle tecnologie robotiche più avanzate attualmente disponibili per la chirurgia.
Come funziona il robot Hugo
Siamo tra i primi ospedali in Italia e in Europa ad utilizzare questo sistema robotico. Il robot Hugo è costituito da due strumentazioni principali: i bracci robotici che intervengono sul campo operatorio guidati dal chirurgo tramite una consolle posizionata a pochi metri di distanza.
Consente l’esecuzione di
interventi complessi, prevalentemente oncologici, riducendo il trauma chirurgico intraoperatorio e post-operatorio per il paziente. Grazie anche ad una
visione in 3D in alta definizione, l’intervento avviene con un movimento chirurgico ancor più accurato e soprattutto nel rispetto di strutture vascolari e neurologiche importanti. Va sottolineato inoltre il ruolo fondamentale del chirurgo: non è infatti il robot che effettua l’intervento da solo ma è sempre lo specialista che guida la tecnologia.
Per quali patologie viene impiegato
La tecnologia robotica in campo urologico viene impiegata principalmente per il
trattamento di neoplasie, come il
carcinoma prostatico, i
tumori renali, dell’uretere e della vescica, ed anche per alcuni interventi ricostruttivi benigni, come nel caso della ricostruzione dell’uretere o per il
trattamento di ingrossamenti prostatici molto voluminosi. L’obiettivo nel trattamento delle neoplasie è duplice: dobbiamo essere in grado di garantire il migliore risultato oncologico associato ad un’elevata qualità di vita – spiega il prof. Greco –. I sistemi robotici sono grandi alleati per raggiungere questo doppio scopo, permettendo inoltre una pianificazione personalizzata del trattamento e dell'intervento.
Quali sono i vantaggi per il paziente
In campo urologico la chirurgia robotica rappresenta l’ultima
evoluzione della laparoscopia, garantendo una procedura mininvasiva con un livello tecnologico notevolmente maggiore. La grande differenza si ha però in un confronto tra robotica e chirurgia a cielo aperto: laddove il chirurgo abbia un’esperienza robotica importante, questa è sempre da preferire rispetto alla chirurgia open cosi come consigliato dalle linee guida della Società Europea di Urologia, salvo casi estremi.
I risultati ottenuti dalla chirurgia robotica dimostrano come questa consenta un risultato migliorativo significativo rispetto alle tecniche a cielo aperto o laparoscopiche, specialmente nel
recupero precoce della continenza urinaria e delle funzioni sessuali. Ulteriori vantaggi per il paziente riguardano una
migliore preservazione dell’organo, minor rischio di complicanze ed un più rapido recupero post-operatorio.
La chirurgia robotica può aumentare l'accesso alle terapie?
La robotica è una metodologia che rappresenta un futuro già presente ma in continua evoluzione.
Consente interventi di alta complessità che guardano molto alla funzionalità dell’organo e che non si potrebbero eseguire con la stessa efficacia in laparoscopia o con la chirurgia tradizionale, che risulta maggiormente invasiva e con performance funzionale inferiore nel post operatorio. Infine mi preme ricordare che la chirurgia robotica risponde sempre ad un comando umano e presuppone una formazione specialistica, una cultura medica ed anche perizia sia da parte di chi esegue l’intervento che da tutta l’équipe, fondamentale per trasferire i benefici della tecnologia al paziente
La prevenzione dei tumori urologici
Le campagne di prevenzione stanno dimostrando la loro efficacia:
si registra un abbassamento dell’incidenza di alcuni tumori urologici rispetto ad un decennio fa, inoltre la diagnosi precoce porta a interventi su patologie oncologiche a stadi primari con una netta riduzione di casi a stadi avanzati. Specialmente per quanto riguarda il tumore prostatico, l’età media in cui viene diagnosticato si è abbassata dai 60 ai 53 anni, proprio perché la problematica viene intercettata precocemente, in fase asintomatica.