Ospedale Santa Maria - Bari / 22 dicembre 2023

Malattia di Alzheimer: cause, diagnosi e trattamenti

Malattia di Alzheimer: cause, diagnosi e trattamenti
La demenza, a causa dell’invecchiamento generale della popolazione, è una problematica in aumento in tutto il mondo, ed è stata definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da Alzheimer Disease International “una priorità globale di salute pubblica”. Secondo il Global Action Plan 2017-2025 dell’OMS, infatti, nel 2015 la demenza ha colpito 47 milioni nel mondo, che potrebbero diventare 75 milioni entro il 2030 e 132 milioni entro il 2050.

Della demenza e della sua forma più comune, la malattia di Alzheimer, abbiamo parlato con la professoressa Isabella Laura Simone dell’ambulatorio di Neurologia di Ospedale Santa Maria, a Bari.

Cos’è la demenza?

La demenza, o disturbo neurocognitivo maggiore, è una sindrome che comporta un’alterazione significativa rispetto a un precedente livello di funzionamento delle prestazioni in uno o più domini cognitivi, tra cui la memoria, il linguaggio, le abilità visuospaziali, le funzioni esecutive, l’attenzione e la cognizione sociale. La caratteristica di questi deficit è interferire con l’indipendenza nelle attività della vita quotidiana del soggetto: in caso contrario, si configurerebbe un quadro di disturbo neurocognitivo lieve o MCI, che costituisce una fase prodromica della demenza stessa.

Nell’ambito delle demenze si riconoscono forme secondarie, alcune potenzialmente reversibili, causate da gravi carenze vitaminiche, disfunzioni ormonali e/o indotte da farmaci, e forme primarie irreversibili e progressive, sostenute da patologie neurodegenerative, che costituiscono la stragrande maggioranza delle forme di demenze.

Nell’ambito delle forme neurodegenerative troviamo:
  • malattia di Alzheimer;
  • demenza fronto temporale variante comportamentale;
  • afasie primarie progressive;
  • demenza a corpi di Lewy;
  • degenerazione corticobasale;
  • altre forme più rare associate ad altri disturbi neurodegenerativi.

Cos’è l’Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza, colpisce il 5% della popolazione over 60 anni e in Italia si stima che circa 1.000.000 di persone ne siano affette. Prende il nome da Alois Alzheimer, neurologo tedesco che per la prima volta nel 1907 descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici di una donna che era morta in seguito a una “insolita” malattia. Evidenziò la presenza di agglomerati, poi definiti placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate, i viluppi neuro-fibrillari. Oggi le placche formate da proteine amiloidi e i viluppi vengono considerati gli effetti sui tessuti nervosi di una malattia di cui, nonostante i grossi sforzi nella ricerca, ancora non si conoscono completamente le cause.

Le cause del morbo di Alzheimer

La malattia di Alzheimer non è in generale una malattia ereditaria, solo nel 10% dei casi si riconosce una familiarità, tuttavia come tante patologie neurodegenerative ha una forte componente genetica. Sono queste le forme ad avere un esordio prevalentemente precoce, sotto i 60 anni. Le mutazioni finora identificate nella malattia di Alzheimer familiare riguardano geni della presenilina-1 (PSEN1), presenilina-2 (PSEN2) sul cromosoma 14 e proteina precursore di beta-amiloide (APP)sul cromosoma 21. Uno dei maggiori fattori genetici in grado di influenzare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer in età più avanzata è stato identificato in un gene chiamato APOE (l’apolipoproteina dominante nel cervello, implicata nel trasporto del colesterolo).

Nella maggior parte dei casi esiste una interazione tra fattori di predisposizione genetica e fattori ambientali (come l’inquinamento) capaci di modificare il pattern genetico e quindi di predisporre alla malattia.

I processi patologici che caratterizzano la malattia di Alzheimer

Nella malattia di Alzheimer si verificano due processi patologici che caratterizzano la neurodegenerazione:
  1. l’accumulo di beta-amiliode sul tessuto cerebrale al di fuori delle cellule, una sostanza che stratificandosi sul tessuto nervoso ne determina quasi una sorta di soffocamento;
  2. la modifica all’interno delle cellule nervose di una proteina chiamata Tau, che con il cambiamento dà luogo alla formazione di grovigli che portano a morte il neurone stesso.

Sintomi e clinica dell’Alzheimer

L’esordio classico consiste nella comparsa di deficit di memoria recente, mentre relativamente conservata resta quella dei ricordi remoti. Successivamente, compaiono disturbi dell’orientamento temporo-spaziale, difficoltà nella comprensione verbale e nel recupero dei vocaboli, nel riconoscimento dei volti familiari, nell’utilizzo di oggetti. Nel frattempo, il disturbo della memoria diventa sempre più marcato. Compaiono disturbi del sonno, con inversione del ritmo, deficit nella cura della propria persona, mancato controllo degli sfinteri, progressiva perdita di autonomia. Un altro aspetto clinico rilevante sono i disturbi del comportamento, inizialmente irritabilità, depressione, apatia, poi aggressività, deliri, allucinazioni.

Diagnosi

Fondamentale, durante la visita con lo specialista neurologo, una attenta anamnesi, soprattutto se in presenza di un parente che è il principale rilevatore dei primi sintomi clinico del paziente. In seguito ci si avvale una valutazione clinica e neurocognitiva, con la somministrazione di una batteria di test neuropsicologici atti a misurare le prestazioni nei diversi domini cognitivi: attenzione, memoria, orientamento temporo-spaziale, fluenza verbale, comportamento, ideazione.

Le indagini strumentali come RMN o TC sono finalizzate a escludere forme secondarie e a individuare atrofia cerebrale in aree cerebrali specifiche dell’Alzheimer (principalmente le regioni ippocampali).

Un tempo la diagnosi di certezza poteva essere formulata solo con l’autopsia capace di rilevare la presenza di beta amiloide cerebrale e l’alterazione intraneuronale della proteina Tau. Oggi è possibile formulare una diagnosi “biologica” della malattia per mezzo di PET con traccianti per amiloide, oppure mediante il dosaggio a livello liquorale di alcuni marcatori di neurodegenerazione, come i livelli di beta amiloide e di Tau e fosfotau.

Alzheimer: le terapie

A oggi, in Italia e in Europa, non esistono farmaci in grado di fermare e rallentare la progressione della patologia, e tutti i trattamenti disponibili puntano a contenerne i sintomi.

Per alcuni pazienti, in cui la malattia è in uno stadio lieve o moderato, terapie farmacologiche come donepezil e rivastigmina possono aiutare a limitare l’aggravarsi dei sintomi. Questi principi attivi funzionano come inibitori dell’acetilcolinesterasi, un enzima che distrugge l’acetilcolina, il neurotrasmettitore implicato nei circuiti della memoria e che risulta carente nel cervello dei malati di Alzheimer. Inibendo questo enzima, si aumenta la biodisponibilità di questo neurotrasmettitore eccitatorio e si migliora la neurotrasmissione nei neuroni residui.

Nelle forme più avanzate, si può aggiungere la memantina, antagonista del recettore NMDA, una molecola che nelle sinapsi si lega con l’acido glutammico e dovrebbe agire riducendo l’attività cerebrale anomala.

La speranza, nell’immediato futuro, è posta nei farmaci biologici anti-Amiloide. Si tratta di anticorpi in grado di legare diversi frammenti della componente delle placche di amiloide. Diversi di questi farmaci, tra cui lecanemab e aducanumab, sono già disponibili in alcune parti del mondo come gli USA; in Europa sono in corso le procedure per la loro approvazione. Si tratta comunque di terapie destinate a soggetti con una patologia in fase iniziale, e senza fattori rischio vascolari.

La diagnosi precoce è fondamentale per intervenire quando la malattia non è in stato avanzato e i processi patologici non hanno già creato danni irreversibili.
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Revisione medica a cura di: Prof.ssa Isabella Laura Simone

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