Sono trascorsi quasi due anni da quando sono stati individuati i primi casi di
COVID-19. Inizialmente descritto come polmonite, oggi il COVID-19 si configura come una patologia molto più complessa, le cui ripercussioni si manifestano al di là dei confini dell’apparato respiratorio. Di particolare importanza sono le
conseguenze a livello cardiovascolare, che si possono manifestare anche in chi è guarito dall’infezione.
Ne abbiamo parlato con il
Dott. Ilja Gardi, Coordinatore del
Dipartimento Cardiovascolare a
Maria Cecilia Hospital.
Long-COVID: quali sono i principali sintomi cardiovascolari che possono comparire?
"
Innanzitutto, è importante prestare attenzione alle definizioni. Con il termine “Long-COVID-19” si fa riferimento a una manifestazione soggettiva, descritta solo in casi limitati, caratterizzata dalla persistenza di un malessere generale con ripercussioni cognitive, astenia, fatica respiratoria, disturbi digestivi",
precisa il Dott. Gardi.
Nonostante questi sintomi, nei pazienti non sono riscontrabili evidenze cliniche o di laboratorio che confermino la persistenza della malattia infettiva o infiammatoria (PCR, VES, D-Dimero tampone positivo TAC polmone con persistenza dì malattia interstiziale ecc.).
Un fenomeno del tutto distinto riguarda invece le
implicazioni cardiovascolari del COVID-19: "
Questo aspetto costituisce ormai un problema epidemiologico e clinico molto rilevante, e probabilmente destinato ad aumentare nei prossimi anni" sottolinea il Dott. Gardi. "
Il paragone metaforico che farei è che il COVID-19 è stato ed è come un terremoto, mentre le implicazioni cardiovascolari effettive collegabili a questa infezione sono e saranno lo tsunami post-terremoto".
Qual è il collegamento tra COVID-19 e malattie cardiovascolari?
Dal punto di vista fisiopatologico,
il COVID-19 comporta un danno infiammatorio acuto o cronico (la cosiddetta “cascata delle citochine”), che attacca il sistema vascolare e i meccanismi della coagulazione. "
Il COVID-19 non è quindi una polmonite – o, almeno, non solo – ma è una vasculite infiammatoria più o meno intensa, che si può manifestare in tutto il sistema cardiovascolare, coinvolgendo il cuore, le coronarie, i vasi sanguigni polmonari, intestinali, cerebrali ecc."
Già da tempo è noto che le malattie cardiovascolari hanno inizio con un processo infiammatorio e si aggravano in presenza di specifici fattori di rischio cardiovascolare, tra cui l’ipertensione, l’ipercolesterolemia e il diabete. Questo è un meccanismo alla base di molte malattie, non solo il COVID-19, e in molti settori la ricerca sta puntando proprio in questa direzione: "C
hi scoprirà come fermare l’infiammazione avrà la chiave per guarire la maggioranza delle patologie cardiologiche e molte di quelle oncologiche."
Nel caso della recente pandemia, in un organismo in cui siano già stati attivati processi infiammatori a livello vascolare, un’ulteriore infiammazione (attivata dal COVID-19) che prenda di mira le arterie può fare precipitare rapidamente la situazione, con gravi conseguenze per la salute, come infarti, ictus, embolia polmonare, vasculiti intestinali ecc. "
In pratica, la pandemia di COVID-19, responsabile di 5 milioni di morti in poco meno di due anni, si va ad inserire, grazie ad alcuni meccanismi patogenetici comuni, in un’altra pandemia endemica che perdura e si aggrava da almeno 20 anni, ovvero quella delle malattie cardiovascolari – in particolare dell’infarto – responsabili di 18 milioni di morti all’anno (dati 2019). La vaccinazione anti-COVID è quindi importante non solo per prevenire l’infezione ma anche per limitare i rischi cardiovascolari a lungo termine»,
conclude il Dott. Gardi.
Questi esami sono consigliati ai pazienti guariti da COVID-19?
Entro un anno dalla guarigione, per tutti i pazienti che hanno contratto il COVID-19 (sia in forma sintomatica sia asintomatica) è consigliabile una
visita cardiovascolare completa, con analisi delle carotidi, elettrocardiogramma, ecocardiogramma, analisi dell’aorta addominale. In particolare, a Maria Cecilia Hospital è possibile eseguire la
TAC Calcium Score Index, un esame non invasivo che rileva la quantità di ioni calcio presenti nelle coronarie; questo test è fondamentale per la diagnosi precoce, perché permette di individuare una vasculite già in atto e di prevedere il rischio di patologie cardiovascolari anche in pazienti asintomatici.
Nel protocollo del Dott. Gardi, la
TAC del torace ad alta risoluzione (HRCT) comprende l’analisi in un’unica seduta sia delle coronarie sia del distretto polmonare. La HRCT si esegue senza mezzo di contrasto e comporta una bassa esposizione radiante. "
In questo modo è probabile che riusciremo a prevedere o escludere eventi clinici molto seri individuando in anticipo i pazienti che potrebbero essere travolti dallo tsunami cardiovascolare causato dal “terremoto COVID-19”."
Il rischio di complicanze a lungo termine riguarda tutte le fasce d’età: "
anche nei pazienti con meno di 50 anni e che sono guariti dal COVID-19 senza ricovero ospedaliero, è consigliabile una visita cardiologica completa entro un anno dalla guarigione; solo in questo modo è possibile intercettare precocemente i segni di un’infiammazione cardiovascolare o il rischio di fibrosi del polmone".