Maria Cecilia Hospital / 06 maggio 2020

COVID-19. I ricoverati per coronaropatia scendono del 50%

COVID-19: meno 50% I ricoverati per coronaropatia
Uno studio della Società Italiana di Cardiologia (SIC) ha evidenziato che il numero di  persone ricoverate per infarto o scompenso cardiaco in Italia è diminuito drasticamente in concomitanza con l’emergenza sanitaria da COVID-19.
Mentre è difficile ritenere che la quantità di persone colpite da infarto e altre patologie cardiache acute sia diminuita bruscamente in poco tempo, è ben più probabile che la maggior parte di coloro che accusa i sintomi stia evitando di rivolgersi al 118.
La causa potrebbe essere proprio la paura per il contagio da COVID-19.
Tuttavia,  se si manifestano problemi cardiaci, bisogna essere razionali, senza cedere al panico, e non sottovalutarli come se fossero un male minore rispetto alla patologia da nuovo coronavirus.
 
L’importanza di una diagnosi tempestiva
Del resto, è noto che, in presenza di sintomi da infarto, in particolare nell’attuale situazione di grande pressione sul sistema sanitario e di forte preoccupazione delle persone, tutti concentrati sull’epidemia da COVID-19, una diagnosi tempestiva di conferma o di esclusione di un problema coronarico grave, può essere effettuata grazie a una TAC Coronarica. Questo modalità diretta di guardare subito, in modo semplice e incruento per il paziente, le coronarie permette un approccio diagnostico e terapeutico più appropriato, riducendo i rischi per il paziente. Anche pochi minuti possono fare la differenza.
L’esperienza e la letteratura accreditata ci dicono che, in situazioni complesse e convulse, tutti i pazienti con dolore toracico di nuova insorgenza dovrebbero essere esaminati con TAC coronarica come test di prima linea”, spiega il dott. Ilja Gardi, cardiologo a Maria Cecilia Hospital di Cotignola.
Maria Cecilia Hospital ha una competenza ed un’esperienza di primo piano a livello nazionale ed internazionale nella TAC coronarica ed è in grado di supportare la rete sanitaria della Romagna per affrontare il problema delle patologie coronariche e cardiache. Infatti diagnosticarle e trattarle, anche nel corso dell’emergenza attuale, è di fondamentale importanza per non avere domani una nuova emergenza sanitaria cardiologica”. 
Per questo, spiega il medico, Maria Cecilia Hospital, che è un ospedale di alta specialità nelle malattie cardiovascolari, inserito nella rete del sistema AUSL Romagna, intende dare un ulteriore contributo alla crisi attuale del sistema, mettendo in campo in modo integrato le sue competenze e le sue risorse strutturali di alta tecnologia consolidate, per  tutti i medici e cittadini.
 
I numeri delle patologie coronariche in Italia

Le patologie cardiovascolari causano ogni anno nel mondo circa 19 milioni di decessi: sono di gran lunga la prima causa di rischio fra uomini e donne nella totalità dei Paesi europei, in America e nei Paesi in via di sviluppo, per persone di tutte le età”, racconta il dott. Gardi. “È una pandemia nota, in costante aumento, sulla quale ci siamo organizzati. L’infarto del miocardio in Italia provoca un decesso su tre: incide quindi quasi tre volte di più dei tumori considerati tutti insieme, venti volte più delle patologie infettive, sia batteriche che virali, cento volte di più degli incidenti stradali o sul lavoro
 
I numeri degli infarti raccontano una realtà che suggerisce di non sottovalutare i rischi.Gli esiti più gravi della patologia riguardano ogni anno nel Paese circa 50.000 persone, precedentemente asintomatiche, tra i 45 e i 75 anni. Quasi la metà di questi ha eseguito anche accertamenti tradizionali, compreso un elettrocardiogramma sotto sforzo massimale, che hanno dato esito negativo per le coronaropatie.
Circa 2.500.000 persone in Italia ogni anno accusano sintomi sospetti di angina e infarto e si rivolgono agli ospedali di cui circa il 15% vengono ricoverati per evidenti o sospetti problemi coronarici. Questi sintomi vanno chiariti in modo affidabile e rapido, cosa che nella situazione attuale, se le persone non si rivolgono ai presidi sanitari di urgenza, non è possibile fare
”. 
Ciononostante, non bisogna cadere nell’ansia, ma è piuttosto necessario ricordare che, quando si interviene tempestivamente, due persone su tre riescono a scongiurare gli esiti più gravi dell’infarto e recuperare a pieno la qualità della vita.
Oggi tuttavia la paura di contrarre la COVID-19 induce molte di queste persone a non rivolgersi né al proprio medico di base né in presenza di sintomi gravi al 118.
 
I ricoveri in calo del 50%
Lo studio della Società Italiana di Cardiologia ha analizzato i dati di 50 unità di terapie intensive cardiologiche, tra il 12 e il 19 marzo. Rispetto allo stesso periodo nell’anno passato, il 2019, i ricoveri sono risultati inferiori di quasi il 50%.
Il calo non riguarda solamente i pazienti con forme più “lievi”, come le occlusioni coronariche parziali, ma anche quelli con forme severe di infarto. Ci sono anche meno ricoverati affetti da scompenso cardiaco, aritmie e malfunzionamenti di pacemaker, defibrillatori e altri dispositivi salvavita. Un trend, questo, che si registra nell’intera penisola senza distinzioni. Tra quelli che invece si sono rivolti al 118 con sintomi da infarto, molti lo hanno fatto solo in maniera tardiva, mentre, come già detto, una diagnosi tempestiva è fondamentale per ridurre i rischi più gravi. 
 
Le conseguenze future per la gestione sanitaria della patologie cardiache
La diffusione di un comportamento di questo tipo può avere ricadute negative sulla gestione delle patologie coronariche da parte del Servizio Sanitario Nazionale, per questo è necessario fare in modo che i pazienti che manifestano i sintomi dell’infarto o dell’angina chiedano immediatamente l’intervento del 118.
Se non si presta grande attenzione a questo problema è facile prevedere che possa accadere una situazione di tipo cumulativo esponenziale. Il fenomeno è noto come disaster mismatch cumulativo”, aggiunge il cardiologo. “Oltre all’emergenza epidemica in corso, c’è il rischio che già da adesso e in un prossimo futuro si evidenzino le emergenze sanitarie abituali, in primis la malattia cardiovascolare ed in particolare l’infarto e la morte improvvisa. È riportato in letteratura che questo effetto cumulativo aumenta moltissimo la complessità organizzativa del sistema sanitario e ha un peso importante sugli esiti dei trattamenti”.
Una riflessione in più merita il fatto che la situazione emergenziale in corso ha ripercussioni anche sugli stati emotivi e fisiologici, per cui “se il blocco della mobilità e del lavoro, verosimilmente, ridurrà la traumatologia maggiore (ad esempio gli incidenti stradali, i traumi sul lavoro ecc), nelle fasi emergenziali come le guerre e le epidemie le patologie cardiovascolari tendono invece a aumentare”.
 
La relazione tra COVID-19 e infarto miocardico
Relativamente alla paura del contagio della COVID-19, questa è giustificata dal fatto che i  pazienti con patologie cardiache potrebbero sviluppare forme più severe e maggiori complicazioni. Esiste, ed è ben noto, anche una connessione tra le infezioni e l’infarto miocardico: l’aumento della temperatura corporea e l’infezione portano il cuore ad accelerare il battito, mentre l’infiammazione può provocare instabilità o rotture delle placche coronariche, aumentando il rischio di infarto.
Al oggi non è ancora chiaro se tra i sintomi della  COVID-19 vi siano anche miocardite, infarto e scompenso cardiaco, ma è molto plausibile che la risposta infiammatoria del corpo all’infezione possa sollecitare il cuore, inducendo esiti di questo genere, come sembra suggerire anche un articolo pubblicato su Jama Cardiology.
D’altro canto, sospendere le terapie o evitare i trattamenti cardiologici di urgenza, come nel caso di coronopatie acute, inficia la salute del cuore. Come uscire da questo circolo vizioso?
Senza panico, occorre agire in maniera razionale nel caso si avverta una sintomatologia riferibile a infarto o angina, per mitigare i rischi che derivano da queste patologie.
Per mettere in pratica i comportamenti giusti, è necessario conoscere la patologia e i fattori che possono aumentare il rischio di svilupparla.
 
Cosa bisogna sapere sull’infarto
L’infarto miocardico è un evento ischemico, che cioè si verifica quando il miocardio (il muscolo del cuore) non riceve ossigeno a sufficienza. Generalmente è causato da una placca aterosclerotica, ovvero un accumulo di colesterolo o lipidi presente in un’arteria, che impedisce il passaggio del sangue. Ne consegue che le arterie possono essere lesionate o possono generarsi dei coaguli di sangue che bloccano parzialmente o completamente il flusso: sono i trombi.
Se l’ostruzione è totale, allora la forma di infarto è più severa.
 
Al di là di queste cause immediate, vi sono alcuni fattori che peggiorano il rischio di avere un infarto: una quantità troppo elevata di colesterolo e trigliceridi nel sangue, l’ipertensione, il diabete e altre patologie cardiovascolari. Anche degli elementi legati allo stile di vita possono incidere: il vizio del fumo, l’alimentazione ricca di grassi e ipercalorica, l’abuso di alcool e l’uso di droghe sono tra i fattori di rischio per l’infarto.
Questo vuol dire però che viceversa uno stile di vita sano e dei controlli periodici dal cardiologo aiutano a prevenire l’infarto. Questi controlli sono consigliabili anche per chi non ha familiarità o patologie cardiache, all’interno di un percorso di prevenzione da intraprendere - o da riprendere - non appena terminata l’attuale emergenza sanitaria.
 
Come riconoscere i sintomi e cosa fare
L’infarto è riconoscibile dai sintomi caratteristici, che sono:
  • dolore al centro del petto, vicino al cuore o dietro lo sterno. Il dolore può estendersi a spalla, braccio, schiena, stomaco e viso;
  • senso di oppressione toracica;
  • sudorazione fredda,
  • difficoltà a respirare;
  • senso di nausea e vomito;
  • svenimento;
  • stato generalizzato di malessere
In presenza di questi sintomi, è importante rivolgersi al 118, anche in questo periodo di emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del nuovo coronavirus.
Negli ospedali, i percorsi dedicati ai pazienti COVID-19, sia già diagnosticata che sospetta, sono separati rispetto a quelli di tutti gli altri pazienti. Una distinzione che vale anche all’interno delle strutture dedicate alla cura dei pazienti colpiti da COVID-19. Questa strategia serve a ridurre il rischio di contrarre l’infezione in ospedale.
 
La diagnostica cardiaca a Maria Cecilia Hospital
Come accennato, rivolgersi al proprio medico o attivare i soccorsi, quando si accusano i sintomi è fondamentale per ottenere una diagnosi tempestiva. Circa due terzi degli infarti riconosciuti e trattati in breve tempo hanno esiti positivi.
Maria Cecilia Hospital supporta l’AUSL Romagna continuando ad effettuare prestazioni in ambito cardiologico, quali interventi di emodinamica e cardiochirurgia, visite cardiologiche urgenti grazie anche al pieno funzionamento della diagnostica e in particolare della TAC Coronarica.
 
La TAC Coronarica (Angio TAC) è un esame diagnostico avanzato, che permette in un tempo brevissimo (minuti) di individuare o escludere la presenza di patologia coronarica, evidenziando con precisione il vaso ‘malato’ e il grado di ostruzione dello stesso, identificando eventuali alterazioni anatomiche.
L’esame inoltre permette di valutare contestualmente il Calcium Score Index, un indice che, in rapporto all’età dell’individuo, quantifica il grado di calcificazione coronarica, una concentrazione troppo elevata di calcio nelle coronarie potrebbe aumentare il rischio infarto.
L’esame ha una durata complessiva di circa 20 minuti. Il referto è disponibile al massimo entro le 24 ore dall’esecuzione dell’esame, o anche subito nel caso che vi sia un problema critico che vada affrontato immediatamente. 
Maria Cecilia Hospital garantisce percorsi differenziati e procedure d’urgenza in sicurezza, è stato istituito un unico ingresso per tutta la Struttura, allestendo un'area adibita a triage dove si effettuerà a tutti gli utenti la misurazione della temperatura tramite termometro ad infrarossi, l’anamnesi epidemiologica e la somministrazione del gel alcolico prima dall'accesso. Inoltre prima di recarsi in Ospedale, a tutti i pazienti, sarà fatto, per ragioni di sicurezza e come da disposizioni regionali, un triage telefonico (alcune semplici domande) sul loro stato di salute in relazione alla epidemia in corso.  
 
 
 
Revisione medica a cura di: Dott. Ilja Gardi

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