19 febbraio 2020

Reflusso gastroesofageo: riconoscerlo e curarlo

Reflusso gastroesofageo: riconoscerlo e curarlo
Sandro Mattioli è Professore dell'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna e Direttore dell'Unità Operativa di Chirurgia Toracica presso Maria Cecilia Hospital di Cotignola. Con un'esperienza di oltre 6000 interventi, 2800 dei quali solo di chirurgia esofagea e numerose produzioni scientifiche, è uno dei maggiori specialisti internazionali di chirurgia esofagea. 
 
Professore, che cos’è II reflusso gastroesofageo
È il passaggio di contenuto gastrico nell'esofago ed è comune dopo pasti abbondanti o pesanti. Diventa patologico quando gli episodi sono frequenti, si verificano anche dopo pasti "normali" e producono sintomi che incidono sulla qualità di vita. Il 20% degli italiani soffre di questa condizione

Come si manifesta? 
Il sintomo classico è il senso di acido o di bruciore che risale dalla bocca dello stomaco verso il collo. Si presenta spesso dopo mangiato ma può verificarsi anche a digiuno, quando ci si china in avanti, quando si fanno sforzi oppure durante il riposo notturno.
In alcune persone il reflusso può produrre anche una tosse secca e fastidiosa che si presenta di notte o al mattino, associata a bruciore alla gola: una tosse di cui spesso è difficile riconoscere la causa.
Quando questi sintomi sono intensi e frequenti può comparire disfagia, una sensazione di difficoltà nella deglutizione. Questo disturbo va prontamente riferito al medico per escludere una neoplasia dell'esofago conseguente alla cronicizzazione del reflusso gastroesofageo. 

Quali sono le cause? 
Un'alimentazione incongrua, una situazione di sovrappeso o di obesità, uno stile di vita stressante, l'abuso di caffè, alcolici e sigarette. Un fattore favorente può essere l'ernia iatale, frequente soprattutto nelle donne dopo i 50 anni di età. Anche alcuni sport possono provocare reflusso come ad esempio gli esercizi di sollevamento pesi, il ciclismo e la corsa forzata. 

Come procedere quando i sintomi sono fastidiosi? 
Il medico di famiglia è il primo a cui rivolgersi. Se la situazione non migliora nonostante i farmaci, i consigli dietetici e comportamentali, oppure se i sintomi si ripresentano dopo la sospensione della terapia, è opportuno rivolgersi ad uno specialista delle malattie dell'esofago.

Quali percorsi diagnostici vengono proposti? 
In prima istanza si eseguono una endoscopia e una radiografia con bario. In alcuni casi si approfondisce lo studio con la manometria esofagea e la Ph-Impedenzometria; ad esempio quando all'endoscopia non vi è evidenza di esofagite o quando il paziente ha difficoltà a deglutire e l'esofago è morfologicamente normale.
In presenza di esofago di Barrett si eseguono studi biomolecolari e genetici per definirne il rischio di evoluzione neoplastica. In presenza di tosse, si consiglia di valutare le possibili cause con il pneumologo. 

Quali sono le opzioni terapeutiche?  
Il reflusso gastroesofageo è una patologia benigna quindi il paziente potrà sempre scegliere tra terapia medica e chirurgica, ma quando i sintomi sono causati prevalentemente da una voluminosa ernia gastrica, la terapia definitiva è solo chirurgica.
Oggi è possibile fornire al paziente gli elementi utili per decidere: l'opzione chirurgica deve essere proposta sulla base di risultati validati, ottenuti in casistiche ampie. I risultati migliori e più duraturi, in termini di ripristino di una buona qualità di vita, sono quelli delle équipe chirurgiche che si dedicano alla chirurgia dell'esofago con tecniche mininvasive (laparoscopiche) personalizzate.

 
Per maggiori informazioni contattaci allo 0545.217111 oppure tramite form contatti

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