La sindrome di Kawasaki, o morbo di Kawasaki, è una vasculite diffusa, che interessa perlopiù pazienti pediatrici di età compresa tra 1 e 8 anni. L’incidenza è però maggiore tra il terzo mese e il quarto anno di vita. La patologia è più rara, ma possibile, nell’adolescente. Nelle regioni asiatiche, l’incidenza è maggiore che in occidente. Si stima che in Italia colpisca 14.7 persone ogni 100.000 sotto i cinque anni di età.
Non trattata, la sindrome di Kawasaki in circa il 20% dei casi
può generare conseguenze anche permanenti sulla salute cardiologica del paziente. Infatti l’infiammazione dei vasi può provocare degli
aneurismi (dilatazioni) nelle arterie coronariche. Talvolta regrediscono con il tempo ma talvolta rimangono permanenti, evolvendo poi in età adulta in
coronaropatia.
La sindrome di Kawasaki si manifesta con febbre alta superiore a 38,5°C, rash cutaneo, gonfiore dei palmi di mani e piedi e successiva esfoliazione della cute di questi distretti, lingua a fragola, iperemia oculare, inappetenza, debolezza e una sofferenza generalizzata nel bambino.
La patologia si presenta generalmente in due fasi della durata di circa un paio di settimane l’una: una fase acuta con sintomi più evidenti, che inizia dalla comparsa della febbre ed è caratterizzata dai sintomi suddetti. Una seconda fase è di tipo sub-acuto, nella quale il bambino va incontro a un progressivo miglioramento clinico, associato a un lento miglioramento degli esami di laboratorio, che si caratterizzano in questa fase generalmente per la comparsa di una netta trombofilia (aumento delle piastrine). In questa seconda fase
sono necessarie osservazioni attente delle pareti delle coronarie per mezzo di ecocardiografie e dell’elettrocardiogramma, per scongiurare le complicanze cardiologiche caratterizzate da dilatazioni aneurismatiche delle coronarie e, seppur raramente, da ischemia miocardica. Il rischio di sindrome coronarica acuta, anche nel bambino, in questo momento è più alto.
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