Respiro corto, stanchezza, dolore al petto e vertigini sono fra i più comuni sintomi di un paziente affetto da fibrillazione atriale. Questa patologia, che
colpisce 33,5 milioni le persone nel mondo, quasi
seicentomila soltanto in Italia, si caratterizza come un impulso elettrico disordinato e rapido che rende impossibile la corretta contrazione dell’atrio.
Da un paio di anni, oltre alle procedure classiche ad energia calda, l’equipe del
Laboratorio di Aritmologia del Maria Cecilia Hospital pratica la
crioablazione, con il
Dott. Saverio Iacopino -
Coordinatore di Aritmologia ed Elettrofisiologia di GVM Care & Research – ne comprendiamo le caratteristiche.
In cosa consiste la crioablazione?
La crioablazione è la tecnica alternativa alla radiofrequenza e all’ablazione chirurgica. Questa metodica consente, con una minore incidenza di recidive e minori complicanze, di ridurre fortemente l’esposizione radiologica per tecnici e malati, con una sedazione molto meno profonda.
Come si effettua il trattamento?
L’aritmologo introduce un palloncino, del diametro di 30 millimetri nell’atrio sinistro in corrispondenza dei vasi polmonari allo scopo di ottenere cicatrizzazioni uniformi, costanti, senza i possibili problemi correlati alla manualità della termoablazione. Il dispositivo contiene un piccolo catetere/sensore che riproduce capace di riprodurre i segnali elettrici da eliminare; in questo modo si è in grado di capire dove, nel corso della procedura, il segnale cessa di propagarsi. Se il potenziale elettrico s’interrompe entro 1 minuto dall’inizio della procedura, maggiore è l’efficacia, a lungo termine, del trattamento.
Nella crioabalazione l’energia fredda si somministra in modo più omogeneo rispetto alla Radiofrequenza.
Nata come presidio per la
fibrillazione atriale di tipo parossistico, cioè nei casi in cui disturbo del ritmo è inferiore ai 7 giorni, la crioablazione viene oggi sempre più utilizzata anche per la fibrillazione atriale di tipo persistente (disturbo del ritmo superiore ai 7 giorni).
Utilizziamo l’energia del freddo, ovvero introduciamo un sottile catetere nella vena femorale all’interno del quale viene fatto scorrere un palloncino gonfiabile fino a raggiungere l’atrio sinistro. Una volta posizionato sui tessuti cardiaci atriali responsabili dell’aritmia, il palloncino viene ghiacciato a temperature di -40°/-50° per alcuni minuti, creando una lesione che li elimina. Rispetto alla classica tecnica con radiofrequenza “a caldo”, la crioablazione è un intervento più breve e genera meno complicanze, offrendo ai pazienti un recupero più veloce e un rischio minore di recidive
La crioablazione è una procedura aritmologica che sfrutta il freddo che consiste nell’introduzione
di una guida nella vena polmonare su cui viene fatto scorrere “over the wire” un palloncino gonfiabile. Una volta posizionato il palloncino nell’antro di una vena polmonare, lo stesso viene gonfiato e spinto fino a “tappare” l’antro della vena», precisa lo specialista.
Qui il palloncino viene ghiacciato a temperature di -40°/-50° per 3-4 minuti con lo scopo è di creare una lesione circonferenziale isolando la vena polmonare. Il procedimento viene poi ripetuto, se necessario, per tutte le quattro vene polmonari. A parità di efficacia rispetto alla tecnica classica con radiofrequenza che può impiegare anche un mappaggio tridimensionale o un catetere mappante Lasso e l’ablazione eseguita punto a punto, la crioablazione sembra avere una serie di vantaggi, nonostante studi comparativi precisi siano ancora in corso. Prima di tutto la crioablazione sembra, da studi pubblicati, riportare risultati migliori nelle forme parossistiche e nei pazienti giovani; la procedura d’intervento, poi, ha tempi dimezzati, grazie a una tecnica più semplice e minori complicanze. Da non sottovalutare, infine, la minor esposizione radiologica sia del paziente che del chirurgo.
Ci sono effetti collaterali?
E’ possibile si presenti un piccolo ematoma da puntura venosa in corrispondenza dell’entrata dell’ago ed una descritta paralisi del nervo diaframmatico, problema reversibile, presente allo 0,1% dei casi ne Centri ad Alto Volume come il nostro di Maria Cecilia Hospital.
Quanto tempo dura il ricovero?
Il ricovero medio dura 3 giorni, viene eseguita prima della procedura un’ecografia trans esofagea per escludere la presenza di trombi in auricola.
La procedura ha una durata media di 1 ora e mezza e le dimissioni avvengono nelle 24 ore successive la dimissione. Il follow up viene eseguito nei 7 giorni successivi con un elettrocardiogramma e un altro controllo viene fissato dopo un mese.
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