Ospedale Santa Maria - Bari / 17 novembre 2020

Diagnosi dell’infertilità: i test maschili e femminili per determinarla

Diagnosi dell’infertilità: i test maschili e femminili per determinarla

Gli esami per valutare la funzionalità dell’apparato riproduttivo sono fondamentali per escludere o confermare una diagnosi di infertilità e, in seguito, intraprendere il trattamento o la terapia più adatti al caso. Per capire come procedere e quali siano i test necessari per indagare su una sospetta infertilità, ci siamo rivolti al Dott. Pasquale Totaro, responsabile dell’Unità Operativa Procreazione Medicalmente Assistita, la PMA, dell’Ospedale Santa Maria di Bari.

Secondo le linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), dopo 12 mesi circa di rapporti regolari e non protetti, se non dovesse essersi verificata la gravidanza, è opportuno rivolgersi allo specialista. Il limite si abbassa a 6 mesi in caso di donne con età superiore ai 35 anni, oppure in presenza di fattori di rischio come precedenti interventi sugli organi pelvici, infezioni utero ovariche, endometriosi e altre patologie dell’apparato riproduttivo. Grazie agli accertamenti, è possibile determinare la presenza di uno o più ostacoli al concepimento.

La diagnosi tempestiva di eventuali patologie ostative (come prostatiti o varicocele nell’uomo o endometriosi nella donna) consente spesso di intervenire sull’infertilità con trattamenti mirati. Dove ciò non fosse possibile, la Procreazione Medicalmente Assistita può essere una valida opzione per arrivare alla gravidanza.

I test per diagnosticare l’infertilità

Gli esami per la diagnosi di infertilità sono. La consulenza dello specialista è importante per capire come orientarsi caso per caso. Tuttavia, in generale, esiste una procedura standard che prevede:

  • spermiogramma come esame di base per la diagnosi dell’infertilità maschile, che dà informazioni sul numero, sulla motilità e sulla morfologia degli spermatozoi;
  • isterosalpingografia come esame di base per la diagnosi dell’infertilità femminile, che indaga principalmente la pervietà delle tube, condizione indispensabile per il passaggio degli spermatozoi.
Contestualmente o in seguito, a questi test possono essere affiancati nella donna:
  • dosaggi ormonali, che forniscono informazioni sulla riserva ovarica, cioè su quanti ovociti sono ancora disponibili nell’ovaio;
  • isteroscopia, l’endoscopia dell’utero, utile per indagare la presenza di patologie (miomi intracavitari, polipi endometriali, sinechie uterine) che possono impedire l’annidamento degli embrioni o compromettere l’andamento della gravidanza;
  • ecografia transvaginale, per valutare sia la morfologia sia la fisiopatologia dell’ovaio, nonché eventuali patologie uterine (miomi intramurali e intracavitari o altro) che possono alterare il trofismo della parete e quindi l’annidamento dell’embrione.

Cosa fare dopo una diagnosi di infertilità

Una volta diagnosticata l’infertilità, lo specialista procede a trattare eventuali patologie che possono esserne la causa, per esempio avvalendosi della consulenza di un andrologo su prostatiti o varicocele nell’uomo, o su polipi da rimuovere o endometriosi nella donna. È possibile intervenire sull’infertilità con trattamenti mirati, sia farmacologici sia chirurgici, anche nel caso di un’insufficiente produzione di spermatozoi o in assenza di ovulazione.

Se i trattamenti si rivelano inefficaci, in base alle sue cause possono essere utilizzate differenti tecniche di PMA, applicate con gradualità, cioè cominciando sempre dalle meno invasive.

  • Metodica di primo livello. In caso di problematiche come oligozoospermia (numero basso di spermatozoi) e/o astenozoospermia (bassa motilità), senza altri problemi, è possibile ricorrere all’inseminazione intrauterina (IUI), una procedura che si può effettuare in regime ambulatoriale. Gli spermatozoi del partner vengono selezionati, migliorati con tecniche di capacitazione in vitro e infine inseriti direttamente nella cavità uterina, per favorire l’incontro con gli ovociti.
  • Metodica di secondo e terzo livello. Si tratta della cosiddetta fecondazione in vitro. Gli ovociti della donna vengono aspirati dal follicolo e fecondati in vitro. Due le possibilità. Con la FIVET (Fecondazione In Vitro ed Embryo Transfer) ovociti e spermatozoi vengono posti insieme in una piastra con terreno di coltura adatto e si lascia che gli spermatozoi penetrino l’ovocita in modo naturale. Con la ICSI (Iniezione intracitoplasmatica dello Spermatozoo) si pratica una microiniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno della cellula uovo. È solitamente riservata ai casi in cui la FIVET non risulti efficace o quando il numero degli spermatoi sia estremamente basso. Dopo la fecondazione, gli embrioni sono tenuti in coltura nel laboratorio di embriologia e, successivamente, trasferiti nell’utero della donna, mediante una procedura denominata embriotransfer.

Social freezing

Il social freezing, ovvero la Crioconservazione degli ovociti a scopo precauzionale, può essere una valida opzione per le donne dopo i 35 anni nel caso in cui si decida di posticipare una gravidanza. Questo può accadere per svariati motivi: l’opportunità di congelare gli ovociti, infatti, permette il loro utilizzo in futuro. Se, per esempio, si decidesse di affrontare un ciclo di PMA in età successiva, gli ovociti avrebbero maggior probabilità di successo, in quanto più giovani.
 

Per ulteriori informazioni contatta l’Ospedale Santa Maria:
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Revisione medica a cura di: Dott. Pasquale Totaro

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