Angina pectoris, ovvero sensazione di costrizione toracica, dispnea (mancanza di fiato), ridotta tolleranza agli sforzi e
ischemia cardiaca sono conseguenza di una malattia coronarica che può essere avanzata e complessa con occlusioni coronariche croniche.
Spesso l’occlusione si sviluppa negli anni, ma è solo con la comparsa di questi sintomi che ci si accorge che qualcosa non va. Gli esami diagnostici utili a evidenziare la presenza di una stenosi sono i test di ischemia miocardica, l’ ecocardiogramma e la TC Coronarica. In caso di anomalie ai suddetti esami, la Coronarografia consente, attraverso un piccolo catetere e l’iniezione di liquido di contrasto, di
localizzare le ostruzioni coronariche e di pianificare l’intervento per via percutanea.
La patologia interessa, solitamente,
pazienti sopra i 40 anni, nell’80% dei casi maschi, più esposti a malattie coronariche perché non beneficiano della protezione data dagli estrogeni. Il paziente affetto da occlusione coronarica cronica risente fortemente di questa condizione, considerata debilitante al punto da condizionare la qualità della vita quotidiana.
Il
dott. Roberto Garbo, direttore del
programma CTO e Angioplastiche coronariche complesse presso
Maria Pia Hospital, ci racconta in che cosa consiste questa nuova tecnica.
Le tecniche di disostruzione coronarica per via retrograda
Questa tecnica, nata in Giappone e poi diffusasi in tutto il mondo, ha rappresentato una svolta nel trattamento delle ostruzioni coronariche croniche, ovvero quando la
placca stenotica occlude completamente la coronaria riducendo la quantità di sangue che arriva al cuore, che diventa insufficiente in condizioni di aumentata domanda, come per esempio quando si compie uno sforzo fisico.
Questo genere di occlusioni sono le procedure più complesse nell’ambito della cardiologia interventistica coronarica e, fino agli anni Duemila, la
percentuale di successo dell’intervento non superava il 50% dei casi, con alto rischio di complicanze e riocclusioni
Le tecniche moderne di disostruzione delle occlusioni coronariche croniche per via anterograda, retrograda o ibrida, permettono una minor invasività, percentuali di successo oltre il 95% e risultati duraturi nel tempo.
Il cardiologo interventista accede attraverso le arterie radiali del polso o in combinazione con l’arteria femorale, e con l’utilizzo di materiali innovativi come microcateteri e guide coronariche dedicate, riesce a superare l’occlusione coronarica cronica, passando da una arteria all’altra. A questo punto, il sito di occlusione viene dilatato attraverso un palloncino e “sostenuto” mediante l’applicazione di stent medicati a lento rilascio di farmaco. La tecnica interventistica, combinata alla bravura ed esperienza dello specialista e a materiali innovativi ed altamente performanti, consente di ridurre il rischio di riocclusione al 5-6% dei casi. Questo intervento può anche essere eseguito in quei pazienti con pregresso intervento di by pass coronarico, che hanno evidenziato un’occlusione nel tempo dei by pass stessi.
Anche il recupero post-operatorio è molto breve: dopo soli due giorni, il paziente può tornare a casa e proseguire con una terapia farmacologica ridotta e una qualità di vita più elevata.
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