Malformazione di Chiari

La malformazione di Chiari, o anche di Arnold-Chiari, dal nome dei medici che l’hanno descritta, è una patologia causata da una malformazione congenita che interessa alcune strutture dell’encefalo (cervelletto e tronco encefalico, situati alla base del cervello) contenute nella parte postero-inferiore del cranio (fossa cranica posteriore).
Si tratta di una patologia rara caratterizzata dallo scivolamento di porzioni del cervelletto dalla loro sede naturale attraverso il forame magno, foro circolare alla base del cranio che mette in comunicazione l’encefalo con il midollo spinale. Tale discesa può creare un ostacolo al normale circolo del liquor cerebro-spinale che deve essere libero di muoversi dal cranio fino a tutta la colonna vertebrale.

Si distinguono 4 forme in base alla gravità del quadro malformativo
  • tipo I, o Chiari I, è la forma più comune e di maggiore interesse nell’età giovanile e adulta. Si manifesta quando le tonsille cerebellari, due piccoli lobi alla base del cervelletto, scivolano verso il canale spinale attraverso il foro occipitale. I sintomi si manifestano nell’infanzia o durante l’adolescenza e l’età giovanile. Nei casi in cui la forma sia lieve, la persona non manifesta sintomi nemmeno nella vita adulta, tanto che la malformazione può essere diagnosticata per caso, facendo indagini diagnostiche per altri motivi,
  • tipo II, è una forma congenita più complessa e sempre sintomatica alla nascita. La protrusione interessa le tonsille cerebellari, il verme cerebellare ed il tronco encefalico e si associa a posizione bassa del torculare di Erofilo, un seno venoso della fossa cranica posteriore che risulta ipo-sviluppata. Questo spostamento causa blocco del flusso del liquor cerebro-rachidiano, cioè il liquido che protegge il cervello, causando idrocefalo. Il tipo II è sempre associato al mielomeningocele, od altre forme di spina bifida e idrocefalo.
  • tipo III e tipo IV  sono forme molto rare e spesso  fatali, causate da una marcata protrusione dell’intero cervelletto con disrafismo (III) o con mancato sviluppo del cervelletto stesso ed encefalocele (IV).

Origine

Le cause della patologia non sono del tutto note. Una delle più accreditate è un difetto, in fase embrionale, dello sviluppo osseo che restringe la parte del cranio che ospita il cervelletto. Oltre ad essere congenita può avere una componente genetica, ed avere una familiarità, senza una vera ereditarietà. In questo caso la causa sarebbe un difetto genetico che si ripercuote sul corretto sviluppo del cranio e di alcune componenti nervose.

La forma di tipo I può avere origine secondaria, cioè essere causata dalla presenza di altre patologie che producano una pressione sulla fossa cranica posteriore come l’idrocefalo o alcuni tipi di tumore cerebrale. Può inoltre associarsi a idrocefalo e siringo-idromielia, costituita da una dilatazione cistica intramidollare.
 

La forma lieve può essere del tutto asintomatica.
I sintomi più comuni sono dovuti a sofferenza del tronco encefalico e dei nervi cranici  e comprendono:
  • cefalea che si concentra sulla parte posteriore della testa e si aggrava con starnuti, colpi di tosse o sforzo fisico,
  • disturbi visivi (visione sdoppiata, dolore retrooculare, fotofobia o fastidio per la luce, presenza di zone alterate del campo visivo);
  • disturbi otoneurologici (vertigini, tinnito o ronzio nell’orecchio, sensazione di pressione nelle orecchie, calo dell’udito);
  • alterazione della sensibilità alle mani o braccia con formicolii o scosse;
  • disturbi dell’equilibrio;
  • disturbi della deglutizione e della fonazione;
  • debolezza muscolare;
  • alterazione del tono dell’umore;
  • insonnia;
  • rigidità articolare al collo e alle spalle.

La diagnosi della sindrome di Chiari si esegue tramite:
  • Risonanza Magnetica (RM) che è l’esame di scelta e dovrà essere eseguita al cervello ed a tutto il midollo spinale. E’ infatti importante non solo definire la morfologia della fossa posteriore ed il grado di discesa delle tonsille del cervelletto, ma anche escludere la presenza di altre alterazioni del sistema nervoso. Inoltre, poiché la Chiari I può associarsi in circa il 30%-40% dei casi a Siringomielia, è fondamentale studiare il midollo spinale per diagnosticare eventualmente anche quest’altra condizione patologica;
  • TC cerebrale, che permette di analizzare gli organi interni contenuti nel cranio e porre un primo sospetto diagnostico.

Le forme lievi possono essere trattate con terapia farmacologica, a base di antidolorifici nel caso in cui il paziente manifesti sintomatologia dolorosa.

Nei casi di sintomatologia cefalalgica importante e/o presenza di altri disturbi o deficit neurologici, alcuni pazienti possono essere sottoposti a intervento chirurgico, eseguito allo scopo di ridurre la compressione delle strutture nervose.

A questo fine può essere eseguito:
  • Un intervento di decompressione della fossa posteriore con rimozione della parte postero-inferiore dell’osso occipitale e del passaggio bulbo-midollo spinale con rimozione, a seconda dei casi, della lamina della I/II vertebra cervicale, associata o meno ad incisione decompressiva della dura madre (la meninge più esterna), che viene poi sostituita da una ricostruzione plastica con tessuto autologo o artificiale,
  • Una derivazione liquorale ventricolo-peritoneale o una terzoventricolostomia endoscopica nei casi con coesistente idrocefalo.
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