San Pier Damiano Hospital / 22 giugno 2018

Cellule staminali nella cura della degenerazione maculare legata all’età

Cellule staminali nella cura della degenerazione maculare legata all’età
La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una causa importante di grave ed irreversibile perdita della visione centrale che riguarda fette sempre più importanti della popolazione mondiale e su cui, visti i numeri di pazienti affetti (oltre i 2 milioni negli usa, 63000 nuovi casi ogni anno in Italia), si stanno concentrando le ricerche in tutto il mondo.
 
Ci confrontiamo con il Dott. Ugo Cimberle – Responsabile dell’Oculistica di San Pier Damiano Hospital e di Maria Cecilia Hospital – che ci illustra la patologia ed eventuali nuovi rimedi terapeutici.
 

Quali maculopatie conosciamo?

 
“Ci sono due tipi di maculopatie (AMD): quella neovascolare o “umida” che rappresenta la forma più grave con una percentuale del 15% e che vede come migliore terapia attuale l’iniezione intravitreale di sostanze particolari (gli anti-VEGF) e  quella atrofica o “secca” con una percentuale dell’85% per la quale ad oggi non ci sono terapie .
L’AMD secca allo stadio avanzato è caratterizzata da una degenerazione ampia dei fotorecettori, le cellule che convertono la luce in segnale elettrico, a causa di una perdita di uno strato cellulare (l’epitelio pigmentato - EPR) che normalmente veicola i processi nutritivi delle cellule stesse. Per affrontare questo grande problema clinico si è fatto ricorso a due grandi approcci terapeutici basati su antiossidanti e sulla terapia cellulare.
 

Esiste una terapia per affrontare la maculopatia?

 
Un approccio consolidato, basato sulla terapia cellulare , coinvolge il trapianto di cellule dell’EPR o la sua sostituzione. Queste cellule prelevate da esseri viventi o messe in coltura sono state trapiantate nello spazio subretinico sia in modelli animali che in pazienti affetti da AMD con risultati incostanti e parziali anche a causa di una necessaria chirurgia invasiva e dalla scarsa vitalità di queste cellule.
Per superare questi limiti sono state utilizzate delle cellule staminali embrionali umane oppure cellule staminali pluripotenti ma sempre con dei limiti dovuti alla tecnica di impianto, al rischio di mutazioni impreviste ed alla difficoltà etica di utilizzare cellule staminali embrionarie.
Abbiamo in ogni caso bisogno di una tecnica che permetta di rimettere in funzione un epitelio pigmentato retinico negli stadi iniziali della degenerazione maculare , quando il micro ambiente è meno ostile e si verifica solo una minima perdita di fotorecettori.
 

Esistono ulteriori approfondimenti di queste cure?

 
Recentemente sono state sperimentati due nuovi approcci. Uno studio multicentrico statunitense ha utilizzato cellule staminali derivate dal midollo osseo riprogrammate in modo da produrre stabilmente una proteina essenziale (la RPE 65) per la funzione visiva. Queste cellule iniettate nel circolo sanguigno vanno a posizionarsi nello spazio sottoretinico ripopolando l’epitelio pigmentato. Questa terapia minimante invasiva ha dimostrato di arrestare la progressione della degenerazione maculare negli stadi iniziali con un miglioramento significativo della funzione visiva.
 
Un altro approccio, maggiormente invasivo , è stato recentemente testato in Inghilterra, prevede la differenziazione di cellule staminali embrionarie in cellule del l’epitelio pigmentato retinico e la loro disposizione in un mono strato su supporto biologico. Questo foglio cellulare posizionato con un intervento sulla superficie retinica ha dimostrato di avere la capacità della rigenerare lo strato epiteliale rimettendo in funzione i fotorecettori ancora sani. In questo caso l’utilizzo di cellule staminali embrionarie pone i soliti problemi etici che non permettono analoghe sperimentazioni in Italia ma si potrebbe tentare una combinazione tra le due tecniche ed utilizzare in questo modo cellule staminali adulte da midollo osseo. Comunque anche in questo caso i risultati funzionali nei pochi casi operati son stati incoraggianti.
Un terzo approccio tentato sempre negli Stati Uniti consiste nella disattivazione di un gene regolatore della rigenerazione retinica, come avviene in natura nelle rane. Disattivando questo gene si libererebbe il potenziale rigenerativo delle cellule neuronali presente anche nei mammiferi.
 

Quindi quali conclusioni possiamo tenere in considerazione?

 
In definitiva iniziano ad apparire diversi risultati positivi nella ricerca in quel mondo enorme ed affascinante delle staminali e delle loro regolazioni genetiche che aprono vie sempre nuove per un futuro nella terapia delle degenerazioni neurologiche oculari. E lasciano noi clinici e chirurghi in trepidante attesa per la loro applicazione pratica sul campo.
 
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