La
chirurgia di revisione delle protesi di anca e ginocchio è in costante crescita, direttamente proporzionale al sempre maggiore numero di primi impianti, dovuti all’aumento della vita media e delle aspettative dei pazienti.
Lo scopo di questo tipo di trattamento chirurgico è quello di fornire
supporto ai pazienti che necessitano di sostituzione di impianti protesici falliti. Abbiamo chiesto al
Dott. Francesco Pastore, dell’équipe di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Santa Maria di Bari, quali sono le cause e i sintomi della problematica, e che percorso viene intrapreso per diagnosi e trattamento.
Impianti protesici falliti: le cause
Le principali cause del fallimento di un impianto di protesi di anca o di ginocchio sono due.
- Mobilizzazione asettica (in assenza di infezione). La mobilizzazione asettica è senza dubbio la causa più frequente di fallimento delle protesi. Le ragioni di questo tipo di mobilizzazione possono essere molteplici, ma la più diffusa è il mal allineamento delle componenti, cioè un errato posizionamento e - nel caso delle protesi di ginocchio - anche la scelta poco adatta della fissazione (cementata o non cementata). La mancanza di allineamento e di una fissazione corretta determina una grave instabilità dell’impianto e, di conseguenza, una precoce usura dei materiali protesici con produzione di detriti che contribuiscono alla mobilizzazione.
- Mobilizzazione settica (con presenza di infezione). Il fallimento settico di una protesi è sicuramente la complicanza più temibile. L’infezione può manifestarsi precocemente a causa della contaminazione in sala operatoria o per la cattiva gestione della ferita, oppure manifestarsi tardivamente (in questo caso è di origine ematogena, pervenuta attraverso il sangue e proveniente da altre sedi). Numerosi fattori contribuiscono ad aumentare il rischio di infezioni: diabete, artrite reumatoide, obesità, infezioni ricorrenti alle vie urinarie, uso di immunosoppressori.
I sintomi
Il paziente affetto da mobilizzazione di protesi di anca o ginocchio presenta dolore molto intenso, impotenza funzionale, gravi difficoltà della deambulazione e, in caso di protesi infette, aumento della temperatura locale, rossore, febbre, deiscenza della ferita e fistole secernenti materiale purulento.
Diagnosi e trattamento
Per la diagnosi di una protesi che necessita di revisione, asettica o settica, lo specialista si avvale di:
- radiodiagnostica tradizionale e mirata alla chirurgia protesica con TC - Risonanza Magnetica con protocollo MARS (Metal Artifact Reduction Sequence, che migliora la visualizzazione dell’osso periprotesico e dei tessuti molli), ago aspirato eco guidato;
- analisi del liquido sinoviale.
L’intervento di revisione di protesi fallite è un trattamento di grande complessità e deve essere eseguito da chirurghi con esperienza e in centri altamente qualificati.
Nei casi di protesi infetta, infatti,
il paziente dovrà subire due interventi. Il primo di
rimozione della protesi e posizionamento di spaziatori antibiotati (dispositivi per il trattamento delle infezioni con rilascio controllato di antibiotico), che oggi offrono anche la possibilità di deambulare con ausili. Il secondo (a esami e controlli nella norma) prevede la
rimozione degli spaziatori antibiotati e il posizionamento della protesi di revisione definitiva.
Sono passaggi e componenti fondamentali di questo percorso:
- la collaborazione con infettivologi e microbiologi;
- strumentari e impianti per la chirurgia complessa di revisione e utilizzo di materiali nobili e insostituibili quali il tantalio in tutte le sue forme;
- personale di sala operatoria addestrato e dedicato alla chirurgia di revisione protesica;
- gestione del dolore post-operatorio da parte dell’anestesista dedicato;
- possibilità di assistenza in Terapia intensiva post-operatoria;
- assistenza internistica costante nel reparto di degenza;
- fisioterapisti esperti nella gestione dei pazienti operati di revisione;
- gestione della ferita con medicazioni avanzate.
Il post-operatorio
Il paziente operato inizia il trattamento riabilitativo già nelle ore successive all’intervento e può generalmente
deambulare la mattina successiva. Il ricovero è di 4-5 giorni presso il reparto di Ortopedia e di 20-30 giorni presso un Centro di Riabilitazione.