G.B. Mangioni Hospital / 09 gennaio 2023

Il diabete può provocare disturbi gastrici?

Il diabete può provocare disturbi gastrici?
Spesso il diabete provoca disturbi del sistema gastrointestinale che derivano da neuropatie che possono compromettere le funzioni degli organi del tubo digerente.

Con il dottor Sergio Brunati della Gastroenterologia di G.B. Mangioni Hospital di Lecco - ospedale polispecialistico accreditato SSN - approfondiamo la relazione tra il diabete e i disturbi gastrici.

Uno dei principali disturbi gastrici dovuti al diabete è la gastroparesi. Di cosa si tratta?

Lo stomaco - insieme all’intestino tenue - è uno degli organi che risente maggiormente degli effetti del diabete. Alterazioni motorie gastriche sono presenti nel 20-30 % dei diabetici. La principale di queste è la gastroparesi, termine che indica una paralisi parziale dello stomaco con svuotamento ritardato. Ne deriva una prolungata permanenza del cibo ingerito. In altre parole, lo stomaco si svuota molto più lentamente del normale, conservando talvolta residui di cibo.

Quali sono i sintomi?

I sintomi cronici associati si manifestano solitamente dopo i pasti. Comprendono: sazietà precoce, senso di pienezza postprandiale, nausea, vomito e dolore addominale superiore, alitosi, singhiozzo. Si può verificare anche calo di peso e ipoglicemie dovute all’imprevedibilità dello svuotamento. 
Per questo, un controllo ottimale della glicemia aiuta il trattamento specifico e riduce il rischio di aggravamento. Va tenuto presente che l’'iperglicemia acuta contribuisce a una perdita generalizzata del tono delle pareti gastriche.

Quali sono le cause?

Le cause non sono ancora del tutto note ma occorre tenere in considerazione una disfunzione del nervo vago o nervo pneumogastrico, una alterata secrezione di enterormoni, la chetonemia e alterazioni elettrolitiche che influenzano la motilità gastrica.

Contribuisce alla gastroparesi anche l’assunzione di farmaci tranquillanti, anticolinergici, antidepressivi triciclici, bloccanti gangliari.

Come si esegue la diagnosi?

La diagnosi richiede test che valutino la rapidità dello svuotamento gastrico da associare a un esame endoscopico.

Il decorso è generalmente cronico progressivo, con esordio subdolo. L'American College of Gastroenterology (ACG) ha pubblicato nel 2022 nuove linee guida di pratica clinica per la gastroparesi. 
Dopo l'esclusione dell'ostruzione meccanica, comunemente ricercata con una gastroscopia, sono disponibili diversi test per documentare oggettivamente la presenza di uno svuotamento gastrico ritardato.
L'esame di riferimento è la valutazione scintigrafica, che include la valutazione dello svuotamento di un pasto solido per una durata di 3 ore o più.

Anche l’elettrogastrografia può svolgere un ruolo complementare nell'identificazione della alterazioni motorie.

Come si tratta?

Innanzi tutto con una dieta a piccole particelle, per aumentare la probabilità di sollievo dai sintomi e migliorare lo svuotamento gastrico. Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, e linee guida suggeriscono il trattamento con metoclopramide. La metoclopramide è il farmaco approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per il trattamento della gastroparesi. Anche gli studi più recenti, basati sulla formulazione endonasale, di più semplice utilizzo, sottolineano la sua utilità.
Gli effetti avversi più comuni sono disgeusia (diminuzione del senso del gusto), mal di testa e affaticamento, manifestazioni parkinsoniane.

Un altro farmaco è il domperidone, disponibile per il trattamento della gastroparesi nell'ambito di uno speciale programma sperimentale americano. Negli studi clinici, il domperidone è stato associato a un miglioramento dei sintomi, nonché a una loro riduzione nella frequenza e nell'intensità. Inoltre non oltrepassa la barriera emato-encefalica come la metoclopramide.

Gli agenti procinetici, come gli agonisti 5-HT4 (prucalopride, tegaserod), hanno mostrato benefici sintomatici negli studi clinici.

In generale, le linee guida indicano di trattare la patologia, di non trascurarla, per migliorare lo svuotamento gastrico.


Gli agonisti della motilina, che includono eritromicina, claritromicina e azitromicina, sono generalmente utilizzati per il trattamento a breve termine (1-4 settimane) a causa dello sviluppo della tachifilassi (assuefazione).
Non ci sono invece prove sufficienti per supportare l'uso clinico di routine delle terapie autoimmuni.

L’osservazione endoscopica della peristalsi dopo somministrazione di bolo endovenoso di metoclopramide o eritromicina è utile per evidenziare la risposta terapeutica.

Esistono anche trattamenti non farmacologici?

Sì. Oltre alla dieta, già citata, esiste una terapia non farmacologica che può includere:
  • la stimolazione elettrica gastrica;
  • l'agopuntura (da sola o in combinazione con farmaci procinetici);
  • la piloromiotomia o l'iniezione di tossina botulinica pilorica effettuate endoscopicamente (un recente ampio studio multicentrico francese ne documenta i benefici, soprattutto per alleviare il vomito);
  • la miotomia endoscopica gastrica perorale, che potrebbe migliorare i sintomi e lo svuotamento gastrico.
Ulteriori ricerche chiariscono il ruolo di immunoterapie, nuovi agenti farmacologici, interventi pilorici, terapia bioelettrica e approcci chirurgici.

Gastrite atrofica: un disturbo frequente sempre nei pazienti con diabete 

Si tratta di una atrofia parziale o completa, che si riscontra in un elevato numero dei pazienti diabetici. Si rileva la presenza di anticorpi diretti verso componenti gastrici contro le cellule parietali nel 25% dei diabetici (nel resto della popolazione il dato scende all’8%), specie in giovani donne con diabete tipo 1. Con l'avanzare dell’età può presentarsi un'anemia perniciosa latente (4-5% dei pazienti). Da considerare in questo caso è anche il ruolo dell’helicobacter pylori, da eradicare con una terapia farmacologica.

La gastrite atrofica si diagnostica attraverso gastroscopia, con prelievo di tessuti da sottoporre all'esame istologico. Quando è presente l'helicobacter pylori, si rende necessario ricorrere agli antibiotici. Se invece si è in presenza di anemia perniciosa, viene somministrata la vitamina B12.

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Revisione medica a cura di: Dott. Sergio Brunati

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