Il
morbo di Dupuytren è una patologia cronica progressiva dovuta
all’ispessimento patologico di una membrana, chiamata aponeurosi palmare, presente a livello del palmo della mano, sotto la cute. “Questa struttura – spiega la
prof.ssa Anna Maria Spagnoli, chirurgo plastico a
Roma presso il
Santa Rita da Cascia Hospital e
Ospedale San Carlo di Nancy – si ispessisce fondendosi con il derma. Nel momento in cui le due strutture si fondono, l’aponeurosi passa al di sotto dei tendini flessori delle dita, tirandoli in flessione e riducendo l’estensione delle dita”. Questo determina
una flessione permanente, progressiva ed irriducibile di una o più dita con conseguente rigidità articolare.
Come si manifesta
“La malattia colpisce gli uomini il doppio delle donne. Nella maggior parte dei casi, si tratta di
situazioni ereditarie; in un 5-6% il diabete è la condizione preesistente o, ancora, può verificarsi una correlazione con l’assunzione di farmaci antiepilettici. Generalmente,
l’attività lavorativa va ad incidere traumatizzando il palmo della mano e favorendo l’insorgenza della malattia.
Come si esegue la diagnosi
“La diagnosi – spiega la dottoressa - è clinica oppure si esegue tramite
ecografia. Esistono diversi stadi della malattia: lo stadio zero si riferisce alla situazione in cui c’è solo il nodulo di ispessimento cutaneo, ma l’estensione delle dita è ancora valida; nello stadio 1 si riscontra una flessione delle dita e, negli stadi successivi, una flessione permanente”.
Le possibilità terapeutiche
“Il
trattamento chirurgico tradizionale è ancora validissimo e consiste nell’intervenire chirurgicamente sulla parte interessata attraverso incisioni ‘a zeta’, rimuovendo così l’aponeurosi patogena. Negli stadi avanzati, invece, può esserci anche un
innesto cutaneo. Risulta valido, infine, il trattamento con collagenasi, ma non è applicabile a tutte le situazioni. L’intervento viene svolto in day hospital e ha una durata variabile a seconda dell’entità e dello stadio della malattia. Anche il recupero cambia a seconda dell’entità della situazione, variando da un paio di settimane per il primo stadio fino ad un mese per una condizione più severa. Dopo l’intervento è consigliabile svolgere attività fisioterapica per il recupero completo della mobilità”.