L’Unità Operativa di Cardiochirurgia esegue trattamenti mirati per la cura delle patologie cardiache e dei principali vasi sanguigni tramite l’adozione di:
- metodiche classiche (chirurgia tradizionale o a “cielo aperto”),
- tecniche mininvasive (ministernotomia e minitoracotomia, quest’ultima senza trauma ortopedico aggiuntivo),
- tecniche endovascolari (nella risoluzione degli aneurismi aortici),
- procedure ibride che “associano” la Cardiochirurgia alla Cardiologia interventistica (Emodinamica).
di seguito alcune delle attività chirurgiche più in dettaglio:
Chirurgia della valvulopatie (malattie valvolari) con tecnica mininvasiva
Oltre l’85% della chirurgia riparativa mitralica (per valvola insufficiente o stenotica) viene eseguita con accesso intercostale (minitoracotomia a livello del terzo/quarto spazio): consente di ripristinare la corretta funzionalità dell’apparato valvolare evitando traumi ortopedici aggiuntivi.
La tecnica mininvasiva, oltre a rappresentare un’autentica innovazione metodologica - in costante consolidamento - presenta i seguenti vantaggi:
- tempi di ripresa psicofisica più rapidi per il paziente;
- minor impatto estetico post-operatorio (cicatrici più piccole e meno visibili)
- e, soprattutto, ad una minore richiesta di trasfusioni di sangue
Chirurgia sostitutiva della valvola aortica affetta da stenosi (restringimento)
Anche questa effettuata sia con approccio in
ministernotomia (incisione di appena 5 cm a livello del margine superiore dello sterno) che accesso intercostale (
minitoracotomia) permettendo altresì d’intervenire su pazienti in età molto avanzata (over 75) e ad elevata instabilità clinica.
La procedura di sostituzione prevede l’innesto di valvole artificiali meccaniche o biologiche tra cui, oggi d’impiego standard, le valvole
suturless che abbassano in modo significativo le conseguenze dell’impatto sulla radice aortica rispetto al
modus operandi con ago e filo. Non necessitano di alcun punto di sutura: la protesi, infatti, si autoespande all’interno dell’orifizio aortico occupando lo spazio della
vecchia valvola nativa eliminata in precedenza.
Riparazione valvola mitralica senza taglio chirurgico (tecnica percutanea)
In casi selezionati e preventivamente valutati dall’
Heart Team, la riparazione della valvola mitrale può essere completata mediante l’applicazione di piccoli dispositivi metallici (MitraClip) che ne riducono l’insufficienza. In questo modo le cuspidi che non chiudono più in maniera corretta causando un
parziale reflusso (rigurgito) ematico - il sangue anziché proseguire il suo cammino verso l’aorta e distribuirsi all’intero organismo, procede in senso contrario - tornano a combaciare tra loro. La correzione del difetto si ottiene senza agire dall’esterno, rinunciando alla circolazione extracorporea (CEC). L’inserimento delle clip metalliche è finalizzato per mezzo di cateteri inseriti dalla vena femorale. La procedura associa la Cardiochirurgia alla Cardiologia interventistica.
Sostituzione della valvola aortica stenotica senza taglio chirurgico (tecnica percutanea) o con approccio transapicale
Entrambe le procedure vengono eseguite con la supervisione del cardiochirurgo all’interno del Laboratorio di Cardiologia interventistica (Emodinamica) in sale operatorie “ibride”.
La prima permette l’impianto di protesi artificiali chiamate
TAVI Trans Femorali avvalendosi di cateteri introdotti dall’arteria femorale e portati in posizione sotto guida radiologica. Una volta acquisito il corretto punto d’impianto, la nuova valvola - montata su appositi “mini-telai” metallici - si apre e “schiaccia” verso le pareti dell’aorta la vecchia valvola naturale non più funzionante.
Nel secondo caso, la protesi valvolare chiamata
TAVI Trans Apicale è inserita attraverso un piccolo taglio chirurgico sul torace (minitoracotomia sinistra), utile ad esporre la punta del ventricolo sinistro. Lo schema dell’intervento ricalca poi le fasi della TAVI percutanea. Tutte e due le metodiche di sostituzione non necessitano della macchina cuore-polmone (CEC).
Bypass aortocoronarici (rivascolarizzazione miocardica con condotti arteriosi e venosi)
Quando le arterie coronarie - i vasi sanguigni che portano ossigeno al cuore - risultano affette da “strettoie” importanti o si chiudono del tutto a seguito della malattia aterosclerotica, il muscolo cardiaco entra in sofferenza. L’assenza prolungata di nutrienti può scatenare l’infarto del miocardio e causare la morte del paziente.
Per evitare che ciò avvenga, si procede alla rivascolarizzazione dei tessuti utilizzando segmenti di arterie mammarie o altri condotti venosi, creando un ponte (bypass aortocoronarico) tra l’aorta e l’arteria coronaria - a valle del restringimento o dell’occlusione - riattivando la circolazione sanguigna e scongiurando il pericolo d’ischemia letale.
Le arterie mammarie nel trattamento delle coronaropatie dimostrano, statisticamente, un maggior beneficio clinico correlato alla loro migliore pervietà nel tempo. Tuttavia in casi ben selezionati, il processo di rivascolarizzazione miocardica può essere indotto annullando il ricorso alla CEC (circolazione extracorporea) abbattendo i rischi e gli effetti collaterali derivanti dalla stessa, specie in soggetti iperfragili e affetti da gravi patologie concomitanti.
Chirurgia degli aneurismi dell’aorta
Sono interventi in anestesia totale e monitoraggio stabile dei parametri vitali. Se l’aneurisma (dilatazione patologica della parete arteriosa) ha colpito l’aorta ascendente e l’arco aortico, il cardiochirurgo inciderà il torace attraverso lo sterno o, in alternativa, raggiungerà la dilatazione dell’arteria solo dalla sua parte superiore. Avviata la macchina cuore-polmone, l’attività cardiaca viene temporaneamente bloccata con l’iniezione di farmaci ad hoc. Il segmento dell’arteria malata è poi sostituto da una protesi sintetica.
In determinate circostanze, oltre all’aneurisma può coesistere una grave insufficienza della valvola aortica. La valvola nativa viene asportata, applicando al suo posto una valvola artificiale - meccanica o biologica - per poi reinnestare sulla precedente protesi tubulare le arterie coronarie. Quando possibile si attua la tecnica Tirone David: la valvola naturale è mantenuta ed “allacciata” alla protesi solo se i suoi lembi (cuspidi) non risultano compromessi del tutto.
Negli interventi sull’arco aortico occorre reimpiantare i vasi epiaortici che portano sangue al cervello e alle braccia. Alla circolazione extracorporea si aggiungono tecniche specifiche per l’ipotermia profonda e la protezione dell’encefalo.
Di contro, per affrontare un aneurisma dell’aorta toracica discendente il cardiochirurgo praticherà l’incisione della parte sinistra del torace. Qualora l’aneurisma coinvolgesse il tratto addominale, il taglio risulterà ancora più esteso.
Gli aneurismi dell’aorta toracica discendente e dell’arco aortico possono essere risolti in maniera meno traumatica grazie ad endoprotesi agganciate all’interno della grossa arteria, sfruttando le vie d’accesso offerte dalla rete vascolare.
Chirurgia delle dissezioni aortiche (dissecazione dell’aorta)
Sono interventi perlopiù
eseguiti in vera emergenza medica finalizzati ad
eliminare la lacerazione dello strato più interno dell’aorta (detta tonaca intima); lacerazione che determina un falso
lume arterioso all’interno del quale il sangue
ristagna fino al punto da provocare la rottura della parete con esiti fatali per il paziente.
La chirurgia è indicata soprattuto nei casi in cui la dissezione coinvolge i primi tratti dell’aorta, quelli più vicini al cuore. Il ricorso alla sala operatoria è comunque l’unica soluzione praticabile quando vi sia fuoriuscita di sangue o il blocco della circolazione agli arti inferiori e agli organi vitali.
Nel corso dell’intervento, il cardiochirurgo procede ad asportare la porzione dell’aorta danneggiata, a richiudere il falso lume e a ricostruire il vaso utilizzando una protesi artificiale in tessuto biocompatibile.
In alcune condizioni lo specialista può avvalersi anche di stent inseriti dall’interno (stent endovascolari). Tra i principali fattori di rischio per la dissezione aortica vanno considerati: l’ipertensione arteriosa, gli aneurismi dell’arco aortico, le valvulopatie aortiche acquisite, le anomalie cardiovascolari congenite.