La parola “tachicardia” ha un significato preciso, che deriva dal greco: tachýs significa “veloce”, mentre kardía indica il cuore. Per un soggetto adulto, si parla ufficialmente di tachicardia quando i battiti del cuore superano i 100 al minuto in condizioni di riposo. Nei casi più estremi, un cuore tachicardico può perfino produrre 400 pulsazioni al minuto. La tachicardia fa parte delle aritmie cardiache, ovvero alterazioni del battito del cuore, che sia per regolarità o che sia per frequenza. Ad esempio, la bradicardia rappresenta l’esatto opposto, in quanto implica una riduzione eccessiva della frequenza del battito.
Tachicardia sinusale
Una premessa: la tachicardia sinusale è la meno pericolosa e la più frequente, con un’alterazione che si presenta e cessa sempre gradualmente. Si parla di tachicardia sinusale quando si ha un innalzamento della frequenza cardiaca al di sopra di 100 battiti al minuto. È una condizione fisiologica nei neonati e nei bambini, in caso di sforzo fisico o psichico, in caso di reazioni emotive e nelle situazioni di ipertono simpatico.
L’aggettivo che la caratterizza aiuta a individuare come origine della frequenza aumentata dei battiti il nodo seno-atriale. La tachicardia sinusale può avere cause anche piuttosto banali, come ad esempio il consumo di caffeina o alcolici, fumo e alcuni farmaci. In altri casi, può insorgere con la febbre (quindi si attenua man mano che la temperatura corporea si abbassa di nuovo), oppure sforzi fisici, emozioni molto intense, stati d’ansia o condizioni che richiedono un maggiore apporto di ossigeno, come la gravidanza.
Più bisogno di ossigeno si traduce infatti in un maggiore flusso sanguigno (portata cardiaca), che l’organismo riesce a raggiungere proprio aumentando la frequenza del battito. Una volta che le cause di questi episodi si esauriscono, anche il battito torna a essere regolare.
Vi sono però anche forme di tachicardia sinusale legate a patologie di seria entità o comunque stabili, come ad esempio ipotensione arteriosa, ischemia cardiaca, anemia. Tutte queste condizioni hanno infatti in comune la riduzione dell’ossigenazione e della portata cardiaca.
La tachicardia sinusale può dare sintomi quali la tipica palpitazione (cardiopalmo), affanno nella respirazione (in quanto conseguenza della necessità di ossigenare di più l’organismo e aumentare la portata cardiaca) ed eventualmente ulteriore ansia connessa alla palpitazione stessa.
In caso di cardiopatie presenti, si associa anche dolore al petto.
Tachicardia ventricolare
Si tratta della forma più temibile perché può anche portare alla morte improvvisa e, come lascia intendere in nome, è legata ai ventricoli. Questi si contraggono in modo troppo veloce e non coordinato con gli atri: ecco perché il sangue non riesce a riempirli nel modo corretto. Ciò fa sì che il cuore pompi meno sangue a ciascuna pulsazione e la pressione arteriosa diminuisca di conseguenza: il cuore è così nutrito da una quantità minore di sangue e ossigeno. Nei casi più estremi, in presenza di patologie cardiache, la tachicardia può anche evolvere in fibrillazione ventricolare e condurre a un esito infausto.
La tachicardia ventricolare è infatti piuttosto comune nei soggetti che soffrono di cardiopatie (in particolare patologie del miocardio, delle valvole cardiache o delle coronarie), così come alcuni episodi possono verificarsi in soggetti di mezza età o anziani, in particolare nei mesi invernali e al mattino.
Non solo: poiché il battito cardiaco dipende da un impulso elettrico, l’insorgere di questa forma di tachicardia può essere legata a squilibri legati agli ioni.
Anche traumi al torace, farmaci antidepressivi triclici, sostanze stupefacenti, fumo, caffeina e alcolici possono costituire fattori di rischio o scatenanti.
La tachicardia ventricolare può manifestarsi con sintomi come cardiopalmo, affanno nella respirazione (dispnea), vertigini, perdita momentanea di coscienza, dolore al torace. Oltre alla tipica palpitazione, gli altri segni sono spesso legati alla presenza di cardiopatie e alla loro gravità.
Tachicardia sopraventricolare
Si definiscono tachicardie sopraventricolari quelle aritmie ad alta frequenza il cui punto d’origine si localizza sopra il ventricolo, dunque presso gli atri e il nodo atrioventricolare. Molto spesso, si identifica con il termine generico una tipologia precisa, ovvero la tachicardia parossistica sopraventricolare.
Questa forma di aritmia si definisce parossistica in quanto l’aumento della frequenza cardiaca è repentino e imprevedibile: può raggiungere anche 200 battiti al minuto, anche se in genere non dura più di 3 minuti. In questo caso, l’impulso elettrico a cui si deve la contrazione cardiaca non parte più dal nodo seno-atriale, ma da quello atrioventricolare (tachicardia da rientro del nodo atrioventricolare).
Non di rado, la tachicardia parossistica si presenta in soggetti il cui cuore ha una struttura regolare, ma è caratterizzato da un’anomalia congenita. Causa frequente di tachicardie parossistiche sopraventricolari è la sindrome di Wolff-Parkinson-White, caratterizzata dalla presenza fin dalla nascita di una via accessoria fra atri e ventricoli.
In ogni caso, proprio come quella sinusale, la tachicardia sopraventricolare parossistica può avere cause assolutamente non legate a patologie, tanto che spesso interessa anche i bambini, in un momento in cui il cuore si trova ancora in una fase di sviluppo.
Oltre che alla crescita infantile, la tachicardia parossistica può quindi essere legata ad attività fisica, emozioni, ansia, ciclo mestruale e gravidanza. Se però il soggetto soffre già di patologie cardiache oppure ipertiroidismo, questo tipo di tachicardia è da considerarsi connessa a queste cause di base.
L’accelerazione della frequenza cardiaca accelerata tende a iniziare e a interrompersi bruscamente e può durare pochi minuti o molte ore. Quasi sempre, viene percepita come una consapevolezza fastidiosa del battito cardiaco, come se il cuore battesse forte o molto velocemente (palpitazioni). Spesso è associata ad altri sintomi, tra cui debolezza, stordimento, respiro affannoso e dolore toracico.
Di solito il cuore non è affetto da altre patologie. Oltre alla tipica palpitazione, possono manifestarsi nelle persone già affette da cardiopatie sintomi come dispnea, ortopnea (ovvero la respirazione difficoltosa in posizione sdraiata), dolore al petto, vertigini e perdita di coscienza.
Fra le tachicardie sopraventricolari è compresa anche la tachicardia atriale, che è però poco frequente e si presenta soprattutto nei pazienti con malformazioni congenite o in seguito a intervento chirurgico.
La tachicardia atriale può dare sintomi quali cardiopalmo, affaticamento, dolore al torace, dispnea e, se persistente, può anche portare allo sviluppo di uno scompenso cardiaco.