Laparocele

Il laparocele è un’ernia sviluppatasi su una cicatrice da intervento chirurgico a cielo aperto. L’unico trattamento definitivo è un’ulteriore operazione.

Il significato di laparocele diventa chiaro quando si pensa alla sua seconda denominazione: ernia incisionale o post-laparotomica. Si tratta infatti di una possibile complicazione di interventi chirurgici addominali a cielo aperto.

Laparocele: cos’è e perché si sviluppa

Il laparocele addominale oppure ombelicale è la protrusione di una piccola parte di visceri nella cavità addominale, che si sviluppa su una cicatrice chirurgica. Il suo nome deriva da due termini di origine greca: laparo fa riferimento all’addome e kele all’ernia.

La sua formazione si verifica nel 10% circa delle cicatrici addominali in seguito a laparotomia. Con il passare del tempo, la parete muscolo-fasciale dell’addome, che fa da supporto, può infatti indebolirsi e cedere: un processo ulteriormente facilitato dall’esecuzione dell’incisione chirurgica, che indebolisce ancora di più i muscoli. Ciò fa sì che il peritoneo, la membrana sierosa che avvolge gli organi addominali e li separa dalla parete addominale, possa fuoriuscire dalla propria posizione naturale verso l’esterno.

Numerosi sono i fattori di rischio per il suo sviluppo:
 
  • Incisione longitudinale, ossia in parallelo rispetto all’asse del corpo
  • Infezione della ferita chirurgica
  • Estensione dell’incisione: più grandi sono le dimensioni della ferita, maggiore è la frequenza della formazione di laparocele
  • Errori in sede di intervento chirurgico
  • Creazione di stomie, aperture della parete addominale che vengono eseguite chirurgicamente per far fuoriuscire le feci dall’organismo
  • Obesità o sovrappeso
  • Età avanzata
  • Patologie come diabete o insufficienza renale
  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva: può provocare violenti accessi di tosse che mettono alla prova i muscoli della zona addominale
  • Lassità dei muscoli
  • Attività professionali che comportano un uso rilevante dei muscoli addominali
  • Stitichezza continua
  • Debolezza del sistema immunitario, dovuta ad esempio all’assunzione prolungata di farmaci cortisonici o altre tipologie di immunosoppressori
  • Fumo

La probabilità di sviluppo di un laparocele è più alta entro i sei mesi dall’operazione chirurgica. In questo lasso di tempo, è necessario monitorare aumenti di peso, sforzi (anche se alcuni sono del tutto naturali, come una forte tosse) o una gravidanza in atto: tutte queste eventualità vanno ad accrescere la pressione addominale, con conseguente rischio maggiore.

In alcuni casi, il laparocele addominale non dà altri sintomi se non la propria visibilità, talvolta anche soltanto da vicino: diventa così evidente una tumefazione molle nell’area dell’incisione chirurgica. Di solito, la pressione che il paziente sente sull’ernia aumenta in concomitanza con alcuni sforzi, come il colpo di tosse: la massa diventa così più evidente. In genere, è possibile ridurla in addome con una lieve pressione e tende a sparire quando il paziente si distende. Ma l’ernia si renderà nuovamente visibile in seguito ad altri sforzi.Proprio a causa del comportamento dell’ernia, nonché per evitare ulteriori segnali o complicazioni, in molti casi il paziente pone termine all’attività fisica.

Non è detto che il laparocele causi dolore addominale in quella medesima area, ma anche questo è un possibile sintomo, talvolta unito a stitichezza ed evacuazione di feci particolarmente sottili. Il dolore o la sensazione di pesantezza possono presentarsi durante l’esercizio fisico o qualche lunga camminata, dopo uno sforzo particolare o quando il paziente resta per molto tempo in posizione eretta. È necessario allarmarsi quando il laparocele addominale provoca disturbi come dolore improvviso e molto intenso, irriducibilità dell’ernia e arrossamento della pelle. Tali manifestazioni potrebbero essere legate a uno strozzamento del laparocele.

Come ogni altro tipo di ernia, il laparocele può infatti andare incontro a una serie di complicazioni, dovute al mancato trattamento:
 
  • Incarceramento, ossia la discesa graduale del tessuto erniato finché risulta “intrappolato” fra la zona vulnerabile e la parete addominale, e quindi non più riducibile in addome.
  • Intasamento, che implica un’irriducibilità improvvisa dell’ernia e sintomi evidenti, come dolore ed evacuazione difficoltosa. Il paziente deve subito rivolgersi al medico, che deve a sua volta eseguire manovre manuali per cercare di farla rientrare in addome. In caso di insuccesso, si rende necessario l’intervento chirurgico. 
  • Strozzamento: in questo caso, l’operazione chirurgica è assolutamente urgente, in quanto il tessuto erniato si trova a tal punto stretto da rendere impossibile la circolazione sanguigna. Il paziente lamenta un dolore costante e sempre crescente, accompagnato da nausea e vomito. In un tempo di 6 ore circa, tale condizione può portare alla necrosi e alla rottura del tessuto, seguite da peritonite, shock e rapido deterioramento delle condizioni cliniche.

È bene sottolineare fin da subito che dal laparocele non si può guarire spontaneamente. Allo stesso tempo, convivere con il laparocele si può soltanto in determinate condizioni: in base allo stato e allo stile di vita del paziente, alla sua età e all’entità dell’ernia, è possibile convivere con il problema solo quando non impatta negativamente sulla quotidianità e non vi sono rischi di complicazioni.

Ad esempio, se l’ernia è piccola, asintomatica, di tessuto adiposo e non intestinale, e si manifesta in un soggetto molto avanti con l’età, può essere opportuno che il paziente si limiti a indossare una fascia elastica contenitiva. In ogni caso, è nella natura dell’ernia ingrandirsi con il passare del tempo e per questo, a meno che non sussistano controindicazioni particolari, sarebbe opportuno optare per una soluzione radicale.

Dunque, sul laparocele quando intervenire? La risposta è: ogni volta che si desidera risolvere definitivamente il problema e necessariamente quando l’ernia è di grandi dimensioni e provoca sintomi invalidanti.

La diagnosi di laparocele è clinica: il medico può in genere verificare la presenza dell’ernia durante la visita, soprattutto dopo che il paziente avrà specificato l’esecuzione di un intervento chirurgico. In alcuni casi, al paziente potrebbe essere richiesto qualche colpo di tosse, in modo da valutare un aumento di volume della tumefazione. In seguito, il medico potrebbe richiedere alcuni esami diagnostici per ottenere una conferma definitiva e acquisire dati utili sull’entità dell’ernia e sul suo possibile sviluppo.

Il paziente potrebbe sottoporsi a ecografia addominale, che permette di visualizzarla e accertare la diagnosi. Nei casi più complessi, potrebbero essere necessarie risonanza magnetica o TC: quest’ultima viene anche utilizzata una volta definita la strada dell’intervento chirurgico, in modo da valutare lo stato della parete addominale.

Prima di un’operazione di laparocele addominale il paziente deve rispettare alcune norme di preparazione e facilitazione:
 
  • Indossare una fascia elastica addominale ed evitare qualsiasi sforzo impegnativo per alcuni giorni prima dell’intervento
  • Il giorno precedente, depilare la zona interessata e restare a digiuno dalla mezzanotte. In ogni caso, il digiuno totale (quindi bevande comprese) deve essere osservato per almeno 6 ore prima dell’operazione
  • Il giorno stesso, condividere con il personale sanitario tutti i referti e la documentazione clinica relativa agli ultimi mesi e comunicare eventuali terapie farmacologiche in atto

L’intervento sul laparocele può essere eseguito in due modalità ed entrambe prevedono l’anestesia generale. Solo in caso di porta erniaria di diametro compreso fra 1 e 2 centimetri è possibile somministrare al paziente un’anestesia locale o spinale. Le due procedure sono:
 
  • Videolaparoscopia, quando l’ernia ha un diametro che non supera i 5 centimetri. Questo trattamento mini-invasivo consente di giungere alla cavità peritoneale attraverso 3 o 4 incisioni di piccole dimensioni, grazie alle quali si introducono all’interno dell’addome una piccola telecamera e gli strumenti chirurgici. L’area in cui la fascia muscolare ha ceduto diventa così ben visibile dall’interno, grazie alle immagini trasmesse dalla telecamera sul monitor collegato. Il tessuto viene fatto ridurre all’interno dell’addome e in seguito si procede alla riparazione del difetto nella parete addominale. Viene quindi inserita una sottile rete sintetica (compatibile con i visceri dell’addome) detta mesh: suturata con alcune clip assorbibili ai bordi del laparocele, richiude l’apertura e sostiene la parete addominale, portando a un rischio molto minore di recidive. La porta erniaria verrà poi richiusa dal processo di cicatrizzazione dei tessuti.
  • Laparotomia, sfruttando l’accesso già utilizzato per la precedente operazione. Vengono isolati il sacco peritoneale e l’accesso del laparocele addominale. Questo intervento chirurgico, preferibile quando l’ernia è di grandi dimensioni e le aderenze addominali non consentono la laparoscopia, prevede la riapertura della cicatrice che si è formata, l’isolamento dei bordi dell’ernia, la riduzione del tessuto dentro l’addome e il posizionamento della rete.

In entrambi i casi, l’intervento di laparocele ha una durata che varia dalle 2 alle 3 ore. La prima procedura richiede una degenza di 2 notti al massimo, mentre la laparotomia può portare a 5-6 giorni di ricovero in ospedale. Come ogni altro intervento, quello sul laparocele comporta rischi, in base alle condizioni di partenza del paziente: stato di salute, età, ecc. Ecco perché in alcuni casi lo si esorta a una pronta mobilizzazione, in modo da evitare la formazione di trombi e lo sviluppo di infezioni.

Dopo un’operazione di laparocele addominale, la convalescenza dipende anche dalla procedura utilizzata: in seguito a un intervento laparoscopico, vi sono meno rischi di sviluppare infezioni, si percepisce un dolore meno intenso, le cicatrici che si formano sono meno evidenti e i tempi di recupero risultano più brevi. Ma, come si è accennato, il trattamento mini-invasivo non si adatta a tutte le tipologie di ernia. La tipologia stessa di laparocele che è stata corretta influisce sul decorso: maggiori sono le dimensioni del difetto, più lento sarà il recupero.

Per evitare complicanze dopo un intervento di laparocele, il paziente deve seguire molto attentamente le indicazioni date dal medico al momento delle dimissioni dall’ospedale.

Per almeno un mese, dovrà certamente evitare sforzi particolari, piegarsi o torcere l’addome, così come stimolare adeguatamente lo stimolo all’evacuazione con una dieta equilibrata: la stitichezza può infatti far aumentare la pressione all’interno dell’addome.

Con l’obiettivo di supportare la fascia muscolare addominale, soprattutto dopo interventi per ernie molto grandi, il paziente deve indossare una ventriera elastica per 30 giorni nelle ore diurne e notturne, e per altri 30 soltanto durante il giorno.

Le raccomandazioni specifiche del medico sono ancora più fondamentali in caso di laparocele: il post-intervento ha infatti molto a che fare anche con il tipo di paziente che lo deve affrontare, in particolare per ciò che riguarda la ripresa dell’attività quotidiana e fisica. In genere, a meno che non si debba riprendere un lavoro molto faticoso, bastano 15-20 giorni di riposo per tornare attivi. Ma più il soggetto è avanti con l’età e dunque più debole è la muscolatura, più graduale sarà la ripresa.

In ogni caso, sia con laparotomia che con laparoscopia, la presenza di punti può portare il paziente a sentire dolore durante i primi 2-3 mesi di attività fisica, in particolare durante i movimenti di torsione e flesso-estensione del busto.

Il paziente deve poi prestare assoluta attenzione ai segnali di un’eventuale infezione, in presenza dei quali deve immediatamente contattare il medico: febbre a 39°C, gonfiore eccessivo o persistente, dolore addominale molto forte, sanguinamento, debolezza, affanno respiratorio, nausea, difficoltà nell’urinare o nell’evacuare.

Dopo un qualsiasi intervento chirurgico, il paziente deve sempre seguire con cura tutte le indicazioni fornitegli. Fra queste, vi è certamente il rispetto di un periodo di riposo, specialmente quando la ferita chirurgica ha un’estensione ragguardevole: per alcune settimane, talvolta anche mesi, il paziente deve quindi limitare i propri sforzi. Sempre fondamentale è il sottoporsi alle visite di controllo che seguono l’operazione, durante le quali la ferita viene monitorata e disinfettata.

Se l’operazione ha richiesto un alto livello di invasività, è possibile che il medico raccomandi al paziente tutta una serie di esercizi di riabilitazione, con l’obiettivo di rinforzare la parete addominale. Questo percorso riabilitativo, rigorosamente stabilito con il medico, è studiato appositamente per non affaticare l’addome. 

Come si è visto, il laparocele può essere all’origine di tutta una serie di complessità anche serie: è fondamentale una diagnosi tempestiva, seguita dalla pianificazione del trattamento adeguato. Il paziente deve quindi affidarsi non solo a specialisti in laparocele, ma a équipe multidisciplinari che possano contare su un contesto tecnologico avanzato e strutture fondate su percorsi integrati.
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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