Ernia addominale

L’ernia addominale consiste nella fuoriuscita di una piccola parte di intestino o tessuto adiposo dalla parete dell’addome.
Secondo i dati, questa particolare classe di ernia colpisce una percentuale della popolazione mondiale stimata fra 5 e 6% e i ricoveri annuali in Italia sono circa 76.000. Numeri che fanno dell’ernia addominale o ventrale il tipo di erniazione più comune. Forse anche per questo motivo, si tratta di una patologia spesso sottovalutata, tanto che nel nostro Paese il 50% dei ricoveri per intervenire sull’ernia si verificano in regime d’urgenza (Fonte: elaborazione su dati SDO, Ministero della Salute - © C.R.E.A. Sanità). Ma data la sua incidenza sulla qualità della vita e la pericolosità delle possibili complicanze, l’ernia all’addome non va presa alla leggera.

Che cos’è l’ernia addominale e dove può svilupparsi

L’ernia addominale consiste nella fuoriuscita di una parte di intestino o di altri tessuti da un particolare punto di passaggio nella parete muscolare dell’addome. Le ernie ombelicali sono tipi specifici di ernie addominali.

Il più delle volte si tratta di un segmento di intestino tenue, accompagnato dalla sottile membrana del peritoneo, ma può anche essere tessuto adiposo. Le ernie addominali costituiscono in realtà un gruppo all’interno del quale si distingue ciascuna tipologia in base alla precisa area di protrusione:
 
  • Ernia epigastrica, connessa alla parte superiore dei muscoli retti. Più rara è l’ernia di Spigelio, nella zona dei vasi epigastrici inferiori (area laterale dell’addome al di sotto dell’ombelico).
  • Ernia lombare, formatasi nella zona posteriore dell’addome.
  • Ernia ombelicale, particolarmente diffusa nei pazienti obesi e nei neonati.
  • Ernia inguinale, che si presenta soprattutto negli uomini. Implica la protrusione del viscere nel canale inguinale, in certi casi fino al livello dello scroto. Nelle donne, il tessuto fuoriesce attraverso il legamento rotondo dell’utero e può risultare visibile a livello delle grandi labbra.
  • Ernia femorale o crurale, in cui il tessuto fuoriesce attraverso l’anello crurale, presente nel pube.

Queste ultime due in particolare risultano le forme più diffuse di ernia addominale, tanto che insieme colpiscono circa il 5-10% della popolazione globale di età compresa fra 50 e 70 anni.
Discorso a parte merita il laparocele, o ernia post-laparatomica, che si sviluppa in seguito a un intervento chirurgico open a partire dalla cicatrice nella zona di sutura. Ciò accade soprattutto nei soggetti obesi, con deficit metabolici o che assumono terapie immunosoppressive.

All’inizio del processo, quando l’ernia addominale è ancora interna, i sintomi possono includere: sensazione di pesantezza o tensione all’addome, accompagnata talvolta da fitte momentanee in concomitanza di specifici movimenti o posizioni. Tali segnali tendono poi a ridursi e in seguito, l’ernia addominale presenta sintomi nell’adulto piuttosto tipici:
 
  • Tumefazione, ossia una piccola area rigonfia e di consistenza molle, le cui dimensioni possono variare. È così che si può scambiare l’ernia per gonfiore addominale, in quanto la tumefazione rende asimmetrica la parete dell’addome. Nelle fasi iniziali del disturbo, è possibile ridurre il rigonfiamento esercitando una lieve pressione manuale su di esso.
  • Dolore o sensazione di fastidio, la cui intensità dipende dalla fase che caratterizza l’ernia o da altri fattori, come l’affaticamento dovuto a esercizio fisico o passeggiate prolungate, la posizione eretta continuativa e alcuni tipi di sforzo. Questi ultimi possono anche causare un aumento del volume dell’ernia: starnuti, tosse, l’atto della defecazione o manovre specifiche come quella di Valsalva, che comporta l’espirazione forzata a glottide chiusa.

Più raramente, può presentarsi un altro particolare tipo di dolore dato da ernia addominale, ossia quello gastrico, a cui possono accompagnarsi anche difficoltà nella digestione, coliche, crampi all’addome, nausea, stipsi. Alcuni pazienti lamentano un irradiamento del dolore nella gamba

Vi sono diversi casi in cui la condizione non provoca disturbi particolari e si parla di ernia asintomatica: dunque come riconoscerla? L’unico modo che questa tipologia ha di manifestarsi è rendersi visibile: è necessario quindi fare attenzione alla comparsa di gonfiori nella zona dell’addome.
L’attenzione deve diventare allarme nel caso in cui si manifestino questi segnali:
 
  • Aumento della sensazione dolorosa, soprattutto se improvvisa e molto acuta
  • Irriducibilità dell’ernia nell’addome
  • Arrossamento della cute nella zona d’interesse

Questa sintomatologia è spesso legata alla presenza di un’ernia addominale strozzata, una delle complicazioni del disturbo più severe.

Tecnicamente, non è del tutto corretto parlare di ernia addominale interna: quelle dell’addome sono infatti da considerarsi ernie esterne, in quanto tendono a diventare visibili dall’esterno. Per agevolare la distinzione, si può pensare a quei casi in cui il tessuto erniato si sposta invece all’interno del corpo, come nel caso di ernia del disco, ernia iatale, ecc.

Si parla invece di ernia addominale laterale in casi come quella di Spigelio, detta anche ernia ventrale laterale per la sua posizione, o quella lombare, che fuoriesce attraverso zone posteriori come il triangolo di Petit e il quadrilatero di Grynfelt.

Esistono anche tipologie di ernia addominale da sforzo, come ad esempio l’ernia femorale, facilitate da una debolezza muscolare generalizzata.

Altra questione quelle considerabili come vere e proprie complicazioni di un'ernia non adeguatamente trattata:
 
  • Ernia addominale incarcerata, che implica la discesa progressiva del contenuto erniato al punto che non è più riducibile in addome. È tipico di condizioni che durano da diversi anni, caratterizzate da aderenze nella zona della porta erniaria.
  • Ernia addominale intasata, ossia un’ernia che sarebbe riducibile ma si rende irriducibile all’improvviso. Il paziente lamenta quindi dolore e difficoltà nell’evacuazione. In questo caso, il medico deve subito ricorrere a manovre manuali nel tentativo di ridurla in addome. Se le manovre non hanno successo, è necessario intervenire chirurgicamente.
  • Ernia addominale strozzata, la forma più grave, spesso conseguenza di un’ernia incarcerata non trattata. Il segmento intestinale erniato si trova rigidamente stretto fuori della parete addominale e l’irrorazione sanguigna del tessuto si riduce o addirittura si interrompe: questo può provocare in circa 6 ore la necrosi (morte cellulare) e la rottura del tessuto stesso, con conseguente peritonite, shock e veloce degenerazione delle condizioni cliniche. L’ernia addominale strozzata dà sintomi come dolore continuo e crescente, nausea, vomito. In questi casi, l’intervento chirurgico è di assoluta urgenza.

Il primo fattore fondamentale è lo sviluppo di un punto debole nella parete addominale: in questa zona è presente un’area non protetta dal tessuto muscolare o tendineo, ma solo da quello fibroso, che a sua volta può sfibrarsi quando la pressione addominale aumenta.
Il punto interessato assume quindi tale struttura:
 
  • Porta erniaria, di cui il punto più stretto è noto come colletto. Da qui il tessuto erniato attraversa la parete addominale.
  • Sacco erniario, ossia l’area in cui il tessuto erniato “approda”. Può risultare rivestito dalla parete addominale oppure dalla membrana del peritoneo.

Questo processo può avere cause congenite, connesse a un’alterazione nello sviluppo stesso della parete addominale: è questo il caso dell’ernia inguinale e di quella ombelicale. Ma vi sono anche ernie addominali la cui formazione è essenzialmente legata a sforzi o debolezza: si tratta dunque di ernie acquisite, come ad esempio la già citata ernia crurale.
La formazione di tale punto debole può in questi casi essere legata a molti fattori di rischio, fra i quali i più frequenti sono:
 
  • Età avanzata
  • Obesità o sovrappeso
  • Diabete
  • Ascite
  • Gravidanze, specialmente multiple
  • Traumi o sforzi violenti e prolungati
  • Stipsi cronica
  • Debolezza dei muscoli
  • Patologie genetiche che colpiscono i tessuti connettivali e in particolare il collagene
  • Interventi chirurgici open

Come capire se si ha l’ernia addominale? Generalmente, la diagnosi è clinica: il medico osserva la caratteristica tumefazione e palpa l’addome per valutarne consistenza e riducibilità, azioni che sono di solito sufficienti ad accertare la presenza del disturbo. Talvolta, il medico richiede al paziente di emettere qualche colpo di tosse per rendere evidente l’aumento di volume da sforzo.

In alcuni casi, se persiste un margine di dubbio, per diagnosticare con certezza l’ernia addominale l’ecografia è lo strumento d’elezione: con questo esame è infatti possibile verificarne il contenuto, valutarne le dimensioni ed esaminarne la vascolarizzazione. Per alcune rare tipologie di ernia addominale, gli esami di approfondimento possono includere risonanza magnetica o TC. È il caso dell’ernia di Spigelio, di cui è necessario visualizzare la sede precisa di fuoriuscita.

In definitiva, un’ernia addominale quando è da operare? In realtà, tutti i casi possono essere presi in considerazione, anche quelli privi di urgenza. L’unico vero modo per risolvere definitivamente il problema è infatti l’intervento chirurgico.

Eventualmente, è possibile rendere più gestibile l’ernia addominale con rimedi temporanei come i mezzi contenitivi (slip, cinto, ecc.), che possono dare un senso di sicurezza nel movimento ed evitare sollecitazioni. Ma queste soluzioni non devono protrarsi nel tempo.

Anche se il paziente non lamenta sintomi, l’insorgenza di complicazioni può avvenire anche molti anni dopo la formazione dell’ernia, senza segnali di preavviso.

L’ernia ombelicale nei neonati ha maggiori possibilità di regredire in autonomia, sebbene vada comunque tenuta sotto controllo. L’avanzare dell’età è un punto d’attenzione, poiché, più il tempo passa, più l’ernia all’addome tende ad aumentare di volume: com’è facilmente intuibile, ciò comporta un più elevato rischio di complicazioni.

Ecco perché, anche se l’ernia addominale è asintomatica, l’operazione chirurgica è in ogni caso l’unica soluzione, sebbene possa essere pianificata con maggiore serenità nelle settimane seguenti.

Altro tema è l’ernia addominale strozzata: in questo caso, l’operazione chirurgica deve avvenire il più tempestivamente possibile, fra le 4 e le 6 ore dopo la comparsa dei sintomi. L’intervento ha infatti l’obiettivo primario di salvare l’intestino da considerevoli danni.

Prima di un’operazione all’ernia addominale cosa bisogna fare?
La preparazione consiste in questi graduali passi:
 
  • Nel periodo di attesa prima dell’intervento, indossare un cinto erniario (fascia elastica) e non fare sforzi. In questo stesso periodo si esegue la procedura pre-ricovero con relative analisi del sangue, necessarie per la visita anestesiologica. 
  • Il giorno precedente, depilare con cura la zona interessata e restare a digiuno dalla mezzanotte o almeno nelle 6 ore prima dell’intervento (in caso ad esempio di operazione pomeridiana).

Il paziente è tenuto a comunicare quali farmaci assume (in particolare anticoagulanti o antiaggreganti) e portare con sé tutti i referti e la documentazione clinica relativa agli ultimi mesi.

Per risolvere un’ernia addominale l’intervento varia in base alla situazione e alle esigenze del paziente, come la sua durata, che è compresa in media fra 30 e 60 minuti.
Le procedure possibili sono due:
 
  • Ernioplastica open o tradizionale. Il chirurgo incide la cute a livello del sacco erniario, ricolloca il viscere nella cavità addominale e inserisce una sottile rete sintetica, sagomata sul momento perché sigilli bene l’apertura ed eviti recidive. Una volta richiusa la cute, si procede con la sutura. È più indicata per le ernie di grandi dimensioni. A seconda delle dimensioni dell’ernia e delle necessità del soggetto, può essere eseguita in anestesia generale o locale o spinale.
  • Ernioplastica laparoscopica, che offre diversi vantaggi: diminuisce il dolore post-operatorio (con relativa riduzione nell’assunzione di antidolorifici), si riduce il tempo di recupero e il risultato estetico è più gradevole. Lo scopo è sempre il riposizionamento del viscere e la collocazione della rete, ma l’esecuzione è differente: il chirurgo pratica 3 micro-incisioni sull’addome e vi inserisce una telecamera e gli strumenti per ridurre l’ernia. È la tecnica ideale per le ernie di dimensioni più piccole. Di solito, si esegue in anestesia generale.

In entrambi i casi, l’operazione avviene generalmente in regime di day-hospital. Il paziente viene trattenuto per la notte nel caso in cui soffra di più patologie o presenti sintomi di infezione, come nausea, dolore e difficoltà nell’urinare. È possibile che, in presenza di complicanze, il chirurgo preveda un ulteriore intervento.

Dopo l’operazione, il paziente può di nuovo guidare e tornare al proprio lavoro (non fisicamente pesante) dopo circa una settimana, deve però evitare sforzi per almeno 4 settimane. Il paziente deve sempre confrontarsi con il proprio medico su tempi e modi di recupero delle varie attività. In media, è possibile riprendere le attività fisiche più intense dopo 2-3 settimane e lo sport dopo circa 20-30 giorni.

Non è possibile fare prevenzione vera e propria, ma come sempre è certamente possibile portare avanti un corretto stile di vita:
  • tenere sotto controllo il peso corporeo
  • seguire una dieta equilibrata e ricca di fibre
  • evitare il fumo, che potrebbe essere causa di tosse cronica
  • non sollevare carichi pesanti o, se è proprio necessario farlo, esercitare cautela
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