Ipertrofia prostatica

L’ipertrofia prostatica consiste nell’ingrossamento della prostata. Viene definita benigna, in quanto tale ingrossamento non è canceroso.
Alcuni disturbi hanno più probabilità di colpire con l’avanzare dell’età, in particolare quelli di natura urologica. E sebbene alcuni di questi disturbi non abbiano implicazioni immediatamente rischiose, possono comunque favorire l’insorgere di altre problematiche: da ciò la necessità di giungere il prima possibile alla diagnosi e in seguito approntare un piano di trattamento adeguato. È questo il caso dell’ipertrofia prostatica.

Cos'è l'ipertrofia prostatica

Nota anche come ipertrofia prostatica benigna (IPB), iperplasia prostatica o ipertrofia prostatica adenomatosa, essa comporta l’ingrossamento non tumorale della prostata. Al contrario di quanto accade nel tumore alla prostata, tale ingrossamento è considerato benigno, in quanto le cellule prostatiche aumentano ma senza infiltrarsi all’interno dei tessuti circostanti.

La prostata, che fa parte del sistema urogenitale maschile, cambia naturalmente dimensione durante le fasi della vita: durante la pubertà, sotto l'influenza degli ormoni sessuali maschili, essa inizia a crescere e, se in giovane età essa è una piccola ghiandola a forma di noce, con il passare degli anni può raggiungere le dimensioni di una palla da tennis. Posizionata sotto la vescica e davanti al retto, avvolge il primo tratto dell'uretra, il canale che trasporta l'urina dalla vescica all'esterno del corpo. La sua collocazione strategica le permette di svolgere un ruolo fondamentale nella regolazione del flusso urinario e nella produzione di fluido seminale.

È formata principalmente da due lobi laterali e da un lobo centrale, ciascuno con i propri dotti ghiandolari che producono il liquido prostatico. Questo liquido si mescola con lo sperma in fase di eiaculazione e al suo interno sono presenti i componenti necessari a mantenere vivi gli spermatozoi. La prostata è inoltre costituita da muscoli che si contraggono durante l'eiaculazione per espellere il liquido prostatico attraverso l'uretra. Infine, il suo tessuto muscolare contribuisce a rinforzare lo sfintere uretrale interno, che in fase di contrazione fa fermare il flusso di urina e in fase di rilascio gli permette di riprendere.

La sua funzione chiave nel processo riproduttivo e nel controllo della minzione la rende un elemento essenziale del benessere maschile. L’ipertrofia della prostata causa infatti uno schiacciamento progressivo dell’uretra con conseguente ostruzione urinaria, ossia il blocco del flusso di urina.

I cambiamenti dovuti all’età rendono più facile riscontrare una prostata ipertrofica negli uomini over 50: si calcola che essa si manifesti nel 70% dei soggetti con più di 50 anni e nell’80% dei soggetti con più di 80 anni.
 
L'ipertrofia prostatica è un fenomeno influenzato da diversi fattori, anche se la causa esatta non è completamente chiara. Come si è accennato, l'invecchiamento è uno dei principali fattori di rischio. La crescita in dimensioni della prostata è probabilmente dovuta a variazioni nei livelli degli ormoni, nello specifico un calo del testosterone e un aumento di estrogeni (ormoni femminili).

La familiarità è un altro elemento da considerare: gli uomini con parenti di primo grado affetti da ipertrofia prostatica benigna possono essere più inclini a sviluppare la stessa condizione.
Anche una prostatite, ossia l'infiammazione della prostata, potrebbe portare a cambiamenti nel tessuto prostatico e agevolare così l'ingrossamento della ghiandola.

Altri fattori di rischio includono patologie cardiovascolari, obesità e Obesitàdiabete. Infine, studi scientifici hanno suggerito che l'infiammazione sistemica e le abitudini legate allo stile di vita possono a loro volta contribuire allo sviluppo dell'iperplasia prostatica.

Non è detto che l’ipertrofia della prostata causi sintomi: si stima che il 50% circa dei pazienti interessati da questa patologia non manifesti alcun particolare segnale. In ogni caso, una prostata ipertrofica può provocare sintomi che variano da lievi fino a piuttosto fastidiosi o perfino invalidanti, fra cui i più comuni sono:
 
  • Difficoltà nel dare inizio al flusso urinario o nel mantenerlo.
  • Debolezza del flusso urinario: invece di un essere forte e continuo, può risultare debole, interrotto o provocare gocciolamento alla fine dell’atto.
  • Sensazione di incompleto svuotamento della vescica dopo aver urinato.
  • Aumento di urgenza e frequenza della minzione. Questo significa che il paziente può sentire la necessità immediata di urinare più spesso, sia durante il giorno che durante la notte. Tale aumento della frequenza può disturbare il sonno e portare a una stanchezza generale che limita le attività quotidiane.
  • Bruciore durante la minzione e presenza di sangue nelle urine: ciò è dovuto a una sovradistensione della vescica e alla rottura di piccoli vasi sanguigni nella vescica o nell’uretra in caso di sforzo durante la minzione.
  • Disturbi della sfera sessuale, come difficoltà nell'erezione o eiaculazione dolorosa.

Sebbene si tratti di una condizione benigna, è bene non sottovalutare l’impatto che un’ipertrofia della prostata può avere sulla salute del paziente.

A causa del mancato svuotamento completo della vescica, possono svilupparsi infezioni delle vie urinarie e calcolosi vescicale. In caso di ostruzione prolungata nel tempo, la vescica potrebbe andare incontro a indebolimento e sovradistensione, determinando un’incontinenza urinaria da iperafflusso.

Può verificarsi ritenzione urinaria, corrispondente al blocco della minzione, soprattutto se agevolata da tutta una serie di fattori: scarsa mobilità, esposizione a temperature fredde, trattenimento delle urine, assunzione di determinati farmaci o di sostanze stupefacenti. La ritenzione urinaria può inoltre far aumentare la pressione all’interno della vescica e richiedere ai reni uno sforzo maggiore nella gestione del flusso.

Infine, data la funzione indispensabile della prostata nelle dinamiche sessuali, possono svilupparsi problemi nell’erezione e nel suo mantenimento.

Il processo di diagnosi inizia con una visita urologica e la raccolta da parte dello specialista di una storia clinica e familiare del paziente. Il medico esamina i sintomi riportati, la loro gravità e la loro durata. In genere, è poi sufficiente l’esplorazione rettale con palpazione della prostata per riscontrarne l’ingrossamento.

In seguito, per confermare la diagnosi e valutare l’entità dell'ipertrofia prostatica benigna, possono essere richiesti esami di laboratorio, come l’analisi delle urine, per identificare o escludere la presenza di sanguinamenti o infezioni, e gli esami del sangue per misurare il dosaggio degli antigeni specifici della prostata (PSA). Un livello elevato di PSA può far sospettare un problema, sebbene non sia specifico e possa anche indicare la presenza di altre condizioni.

Per identificare un’ipertrofia prostatica, l'ecografia endorettale è un test diagnostico molto prezioso, che fornisce immagini dettagliate della ghiandola attraverso l'uso di ultrasuoni. Questo test aiuta a determinare le dimensioni della prostata e a escludere la presenza di neoplasie maligne.

Infine, è possibile eseguire una uroflussometria, con l’obiettivo di misurare velocità e flusso dell’urina, e una risonanza magnetica multiparametrica, che consente anche di distinguere con certezza fra ipertrofia benigna e lesioni di tipo canceroso. Questo esame rappresenta oggi una delle metodiche più innovative per accertare o escludere diagnosi relative alla prostata, di cui permette di ottenere l’immagine più dettagliata e completa.

Tramite la metodica della biopsia fusion, le immagini ottenute tramite ecografia e RM mp possono poi essere accoppiate qualora si ritenesse necessario un esame istologico: l’associazione delle immagini consente di identificare la precisa zona di tessuto ed eseguire un prelievo transrettale ecoguidato perfettamente mirato, a vantaggio del benessere immediato del paziente e della precisione della diagnosi.

Per affrontare l'ipertrofia prostatica benigna la terapia adottabile dipende dalla gravità dei sintomi e dalla risposta individuale del paziente. È bene fare ancora una volta un cenno alla benignità di questa condizione, accompagnata da un altro elemento molto rilevante.

L'ipertrofia prostatica può regredire? Sì, se diagnosticata e trattata con efficacia. Inoltre, non sono state riscontrate connessioni fra l’ingrossamento della prostata e il tumore della ghiandola stessa, sebbene le due patologie possano manifestarsi nello stesso paziente.

La terapia per ipertrofia prostatica benigna può inizialmente includere l’assunzione di farmaci alfa-bloccanti, che agiscono rilassando i muscoli intorno alla prostata e nel collo della vescica, migliorando così il flusso urinario. I farmaci antiandrogeni, che riducono i livelli di ormoni maschili, possono essere prescritti per ridurre le dimensioni della prostata. Va però detto che alcuni trattamenti farmacologici possono causare effetti collaterali nella sfera sessuale, in particolare un calo del desiderio, eiaculazione retrograda (lo sperma viene introdotto in vescica invece che espulso all’esterno) o disfunzione erettile. Altro effetto indesiderato può essere l’ipotensione ortostatica, ovvero una pressione arteriosa troppo bassa.

Per i casi più gravi di ostruzione urinaria o di resistenza al trattamento farmacologico, è possibile valutare l’opportunità di un intervento chirurgico. Diverse procedure chirurgiche, molto meno invasive rispetto a quella tradizionale a cielo aperto, sono oggi disponibili.
 

Resezione transuretrale della prostata (TURP)

Si esegue con anestesia generale oppure spinale. Il paziente si posiziona disteso supino sul lettino operatorio e gli viene somministrata la tipologia di anestesia ritenuta opportuna. Il chirurgo introduce nella prostata per via trans-uretrale il resettoscopio e asporta la parte più interna della ghiandola, causa dell’ostruzione urinaria.
 

Trattamento con laser

La sua applicazione in questo particolare campo medico è ormai diffusa, grazie alla sua mininvasività. Sono state messe a punto tre tecniche con l’utilizzo del laser: enucleazione (asportazione completa), vaporizzazione e vapoenucleazione (una combinazione delle prime due).

Per l’enucleazione di adenomi prostatici è possibile utilizzare il laser a olmio, il cui uso è già largamente sperimentato. Dopo che al paziente è stata somministrata l’anestesia spinale, si fa risalire dall’uretra fino alla prostata uno strumento dotato di fibra ottica e fibra laser a olmio. Avviene dunque la morcellazione, ossia la riduzione in frammenti dell’adenoma. 

Per livelli ancora più alti di efficacia, è possibile eseguire l’intervento con il laser al tullio ad alta potenza (fino a 200 watt), che assicura un’elevatissima precisione nell’incisione e una coagulazione rapida del tessuto. Questa tecnica può essere utilizzata nel trattamento non solo dell’ipertrofia prostatica benigna, ma anche di sclerosi del collo vescicale, condilomatosi genito-urinaria, lesioni pre-cancerose e tumori superficiali del pene.

Con il laser al tullio, è possibile eseguire una vaporizzazione con un’elevata quantità di energia mirata sul tessuto prostatico ostruente, con cui però la fibra laser non entra in contatto diretto: ciò consente una più efficace coagulazione e favorisce quindi i tempi e i modi di ripresa del paziente.

Le tecniche presentano tutta una serie di benefici:
  • È possibile intervenire anche su una prostata di volume significativo 
  • Rende possibile rimuovere il catetere vescicale dopo 24 ore
  • tempi di cateterizzazione e di ospedalizzazione si riducono circa della metà
  • Si riduce di molto il sanguinamento post-intervento è molto ridotto (anche nei pazienti cardiopatici che assumono anticoagulanti),
  • I rischi di infezione sono notevolmente minori 
  • È possibile eseguire in seguito l'esame istologico dei tessuti asportati, in modo da diagnosticare tempestivamente eventuali formazioni tumorali.

Il miglioramento della minzione è praticamente istantaneo e gli altri sintomi impiegano circa quattro settimane per scomparire. La scelta del trattamento giusto viene effettuata dallo specialista in base a diversi fattori, tra cui l'età del paziente, la gravità dei sintomi e la presenza di eventuali complicazioni. È quindi fondamentale discutere apertamente con il proprio medico della problematica e di tutte le opzioni disponibili.

Non è infatti per nulla facile rivolgersi a uno specialista quando si tratta di problematiche attinenti alla propria sfera più intima, soprattutto se la sintomatologia coinvolge anche la sfera sessuale. Il paziente potrebbe facilmente sentirsi “in difetto” o comunque non agevolato a comunicare in modo efficace la problematica che sta vivendo. Ma l’ipertrofia prostatica benigna deve essere diagnosticata, gestita e trattata non solo tempestivamente, ma anche in modo del tutto personalizzato.

Una gestione oculata e una consulenza medica approfondita sono essenziali per determinare il percorso migliore per ogni paziente. È inoltre importantissimo non limitarsi a selezionare il proprio medico di riferimento, ma scegliere strutture altamente specializzate, presso le quali siano attive équipe mediche multidisciplinari e dalla comprovata esperienza, e dove siano disponibili le migliori risorse tecnologiche all’avanguardia. Tutte caratteristiche fondanti degli ospedali GVM Care & Research, che si distinguono anche per una visione completa e integrata del percorso del paziente: ogni percorso di prevenzione, diagnosi e cura deve infatti aspirare a far raggiungere alla persona il più alto livello possibile di benessere sia fisico, sia psicologico.
 
Le informazioni contenute nel Sito, seppur validate dai nostri medici, non intendono sostituire il rapporto diretto medico-paziente o la visita specialistica.

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