Tromboflebite

La tromboflebite è un’infiammazione della parete di una vena (flebite) associata alla formazione di un coagulo di sangue (trombo) al suo interno.
La tromboflebite è un’infiammazione della parete di una vena (flebite) associata alla formazione di un coagulo di sangue (trombo) al suo interno. Questo coagulo può bloccare il lume del vaso sanguigno, rallentando la circolazione e rendendo la vena edematosa, irritata e dura al tatto. Questa condizione è comune, soprattutto tra le donne e gli anziani. Il trattamento può includere approcci chirurgici e farmacologici per alleviare il dolore e prevenire embolie.

Tromboflebite: cos’è e come si sviluppa

La tromboflebite implica la formazione di un trombo dovuto all’adesione delle piastrine alla parete del vaso sanguigno, che, sebbene normalmente liscia, può essere caratterizzata da irregolarità o placche che facilitano la formazione del coagulo. Col tempo, il trombo aumenta di dimensioni, protrudendo nel lume vasale e restringendone il diametro. Vi sono situazioni in cui il trombo può occludere completamente il vaso; in altre, un frammento del trombo può staccarsi, dando origine a un embolo, ossia un coagulo che entra nel circolo sanguigno.

È necessario fare un collegamento esplicito della tromboflebite con la flebite: la flebite è di per sé l’infiammazione che interessa le pareti delle vene; quando essa è associata alla formazione di un trombo, si parla di tromboflebite. Flebiti e tromboflebiti fanno quindi parte della stessa “famiglia” di patologie, ma le seconde hanno una natura più specifica.
 

È possibile individuare tromboflebiti di questo tipo:
  • Tromboflebite superficiale: interessa le vene vicine alla superficie della pelle. I sintomi sono arrossamento e gonfiore cutanei, edema localizzato e dolore. La vena può essere percepita durante la palpazione in modo netto, in quanto ha una forma lineare ed è simile a una corda di consistenza dura. Il paziente lamenta in genere dolore durante la palpazione stessa. Rientra in questa categoria anche la tromboflebite da trauma. La forma superficiale può risolversi da sola in un paio di settimane o anche meno. Tuttavia, in casi rari, può ripresentarsi, provocando dolore intenso e immobilità: si parla in questi casi di tromboflebite migrante o sindrome di Trousseau. Spesso la sua origine è cancerosa, in particolare legata a tumore al pancreas o ai polmoni. Il blocco delle vene può renderle soggette a infezioni (tromboflebite settica), e la circolazione compromessa può tradursi in un danno ai tessuti. Se la condizione si estende alle vene profonde, può causare una trombosi venosa profonda (TVP).
  • Tromboflebite venosa profonda, che colpisce le vene più grandi e profonde, lontane dalla superficie della pelle, causando una trombosi venosa profonda. Questa condizione è più grave e si manifesta con dolore che rende impossibile camminare, edema generalizzato, calore, arrossamento nell’area colpita, distensione delle vene superficiali, colorazione blu delle estremità (cianosi) e in rari casi anche febbre e brividi. Inizialmente, i sintomi possono essere meno evidenti, ma il rischio di embolia polmonare è presente quando il coagulo si stacca e viaggia verso i polmoni. Inoltre, può causare insufficienza venosa cronica, caratterizzata da dermatite, discromie cutanee e gonfiore.

La tromboflebite è più frequente negli arti inferiori, ma può interessare anche le vene delle braccia o del collo. Come si è accennato, può colpire sia le vene superficiali, sia quelle profonde.
Nel dettaglio, è possibile che si manifestino queste forme.
 

Tromboflebite alle gambe

La tromboflebite alla gamba (arti inferiori) è tra le forme più frequenti e può colpire sia le vene superficiali che quelle profonde. La tromboflebite superficiale della gamba provoca sintomi come arrossamento, calore locale e gonfiore ed è riconoscibile grazie a un cordone duro e dolente lungo il tracciato della vena colpita. Questa condizione può risolversi spontaneamente ma in alcuni casi può recidivare o evolvere in una trombosi venosa profonda.
 

Tromboflebite al piede

La tromboflebite superficiale può interessare anche le vene del piede, sebbene sia meno frequente rispetto alle gambe. La tromboflebite del piede può essere associata a condizioni locali come traumi, infezioni o dopo interventi chirurgici nella regione.
 

Tromboflebite al braccio

La tromboflebite nel braccio è spesso risultato di trauma, infusione endovenosa o cateterismo. Questa condizione può manifestarsi con dolore locale, arrossamento e gonfiore della cute circostante. Sebbene meno comune rispetto alle gambe, la tromboflebite delle braccia può comportare il rischio di complicazioni se non trattata adeguatamente, come la propagazione alla vena cava superiore.
 

Tromboflebite al collo

È una forma meno comune, ma può verificarsi in seguito a procedure invasive come il cateterismo venoso centrale o in condizioni cliniche specifiche come la sindrome di Trousseau associata a neoplasie. Il coinvolgimento delle vene del collo può comportare sintomi locali come dolore, indurimento della vena e in casi gravi, rischio di complicanze neurologiche o embolie.

In presenza di tromboflebite, fra i sintomi iniziali vi sono dolore e sensazione di intenso calore nella zona coinvolta. Non è detto che ciò valga per la forma profonda, ossia quella più grave: secondo i dati, circa la metà dei casi è del tutto asintomatica.

La tromboflebite provoca altri sintomi e segni come gonfiore locale (edema) e dell’arto coinvolto, arrossamento (eritema) e infiammazione della pelle. Se superficiale, il punto in cui è presente il trombo è ben visibile e palpabile. In alcuni pazienti, si presentano anche febbre e brividi.
 

Le cause di tromboflebite possono essere illustrate attraverso la Triade di Virchow, che identifica tre principali fattori coinvolti nella formazione dei coaguli:
  • Danno all’endotelio: può essere causato da traumi, infezioni, infiammazioni, inserimento di cateteri endovenosi, iniezioni, che danneggiano la parete interna del vaso sanguigno, facilitando l’adesione delle piastrine e l’inizio del processo di coagulazione.
  • Stasi (riduzione) o turbolenze del flusso sanguigno possono favorire la formazione di coaguli. La stasi può essere dovuta a immobilità prolungata (ad esempio durante un ricovero ospedaliero o un viaggio aereo molto lungo) o al mantenimento della posizione seduta o sdraiata per lungo tempo.
  • Ipercoagulabilità del sangue, dovuta a vari fattori come familiarità o precedenti di trombofilia, assunzione di ormoni estrogeni (ad esempio con contraccettivi orali o terapia sostitutiva), tumori maligni.

Fattori di rischio da tenere in considerazione possono essere:
 
  • Pacemaker o catetere in una vena centrale, che possono irritare le pareti dei vasi sanguigni.
  • Infusione endovenosa, soprattutto nel braccio o nel collo.
  • Patologie associate con le vasculiti, come la malattia di Buerger o la poliartrite nodosa.
  • Gravidanza, in quanto aumenta la pressione esercitata sulle vene di bacino e gambe.
  • Età avanzata (dopo i 60 anni o dopo la menopausa nel caso delle donne).
  • Obesità.
  • Fumo.
  • Abuso di droghe per via endovenosa.

Il processo infiammatorio è acuto nel caso della tromboflebite superficiale: il coagulo aderisce così saldamente alla parete venosa e si riducono le probabilità che si rompa. L’embolia è quindi molto rara in queste forme. Nel caso invece della tromboflebite profonda, il processo infiammatorio è meno pronunciato. Inoltre, diversi muscoli circondano le vene e durante la contrazione possono comprimere e rompere il coagulo, creando potenzialmente un embolo.

Le tromboflebiti superficiali sono generalmente considerate meno gravi e si risolvono generalmente in modo spontaneo, con poche complicanze significative.
Molto più pericolose sono le tromboflebiti profonde, perché possono portare a:
  • Embolia polmonare: una volta raggiunto il circolo polmonare, il frammento di coagulo distaccatosi finirà giocoforza per trovare un vaso sanguigno troppo stretto, provocando un’occlusione potenzialmente fatale.
  • Ictus o infarto miocardico acuto: il coagulo può infatti raggiungere le arterie cerebrali o coronariche. Queste complicazioni sono meno comuni rispetto all’embolia polmonare e spesso sono associate a difetti cardiaci congeniti come il forame ovale pervio.
Da considerare a parte è la tromboflebite migrante, che può essere un segno significativo della presenza di carcinomi.
Tali distinzioni sottolineano l’importanza di identificare tempestivamente e trattare adeguatamente la tromboflebite.

In caso di tromboflebite superficiale, la diagnosi si accerta con un esame clinico accurato e con ecocolordoppler, un test strumentale essenziale per diversi aspetti: è in grado di distinguere la patologia da altre condizioni che comportano vene pervie e comprimibili; permette di determinare fino a che punto la trombosi si estende lungo il tratto venoso superficiale; consente di comprendere se vi sia coinvolgimento del sistema venoso profondo, specialmente valutando le giunzioni safeno-femorale e safeno-poplitea, che sono le prime vie di comunicazione tra il sistema superficiale e quello profondo.

Un segno diagnostico importante è la mancata comprimibilità della vena, dovuta alla presenza del trombo all’interno. In alcuni casi, potrebbe essere necessario ricorrere ad altri esami strumentali come venografia, TC o risonanza magnetica.

Il dosaggio del D-dimero nel sangue può a sua volta essere prezioso: questo marcatore indica con alti livelli la presenza recente e la lisi dei trombi. Tuttavia, va considerato che il D-dimero non è così specifico: quindi livelli normali escludono efficacemente la TVP, mentre livelli elevati richiedono ulteriori indagini per escludere o confermare la presenza di trombosi.

In caso di tromboflebite, la terapia si articola in base a localizzazione e tipologia, mirando a risolvere i sintomi locali, prevenire complicanze gravi e impedire recidive.
Come curare la tromboflebite venosa superficiale? Questa forma tende a risolversi spontaneamente nel tempo, ma può essere gestita con le seguenti misure per alleviare i sintomi:
  • Bendaggio elastocompressivo per ridurre il gonfiore.
  • Farmaci antidolorifici, in particolare gli antinfiammatori non steroidei come l’aspirina, che agisce anche come antiaggregante sul sangue.
  • Antiinfiammatori topici in crema, gel o unguento.

In alcuni casi di tromboflebite, il trattamento può includere una terapia anticoagulante con eparina a basso peso molecolare per 20-30 giorni per ridurre l’estensione della trombosi e il rischio di recidiva. Sebbene questa tipologia di tromboflebite comporti un evento acuto, possono essere necessarie diverse settimane per veder scomparire i sintomi.

Come si cura invece la tromboflebite venosa profonda? Questa forma richiede un trattamento più intensivo per prevenire l’embolia polmonare:
  • Terapia anticoagulante: si inizia con eparina iniettabile per 5-7 giorni e al secondo giorno si inizia ad assumere anche un anticoagulante orale come warfarin, che richiede alcuni giorni per raggiungere l’effetto desiderato. I nuovi anticoagulanti orali (NAO) possono essere considerati alla fine della terapia con eparina, in quanto iniziano ad agire più rapidamente. Si tratta di una fase cruciale per il trattamento, soprattutto le prime 24-28 ore.
  • Farmaci fibrinolitici o trombolitici: in casi selezionati, possono essere utilizzati per distruggere il coagulo, ma comportano un rischio emorragico significativo e sono riservati a situazioni gravi e sotto stretto monitoraggio.
  • Trombectomia (rimozione chirurgica del coagulo) o nei casi più gravi fasciotomia.

Per prevenire la tromboflebite e ridurre il rischio di complicanze associate, è fondamentale adottare alcune misure preventive e modificare lo stile di vita. Ecco alcuni consigli utili:
  • Evitare una lunga immobilità. È importante praticare regolarmente attività fisica, ma anche prestare attenzione in situazioni specifiche: durante viaggi particolarmente lunghi, tipicamente in aereo, ma anche in treno o in macchina, è consigliabile alzarsi ogni tanto e muovere le gambe. Se non è possibile alzarsi, è bene fare esercizi sul posto per stimolare la circolazione.
  • Mantenere una corretta idratazione per favorire il flusso sanguigno.
  • Non indossare capi di abbigliamento troppo stretti in generale o stretti in vita, in quanto possono compromettere la circolazione.
  • Non assumere la pillola anticoncezionale in caso di fattori di rischio conclamati.
  • Evitare il fumo, che danneggia le pareti delle arterie.
  • Seguire una dieta sana, riducendo il consumo di cibi ricchi di grassi animali, in particolare carne rossa e burro.
  • Tenere sotto controllo il peso per evitare stress sul sistema circolatorio.
  • Controllare regolarmente la pressione sanguigna per rilevare tempestivamente eventuali anomalie che potrebbero predisporre alla tromboflebite.
  • Per i pazienti a rischio, indossare calze elastiche contenitive può aiutare a supportare la circolazione sanguigna.
  • In casi selezionati, soprattutto quando sussiste una controindicazione al trattamento anticoagulante o si verificano frequenti recidive nonostante la terapia, l’uso di filtri cavali può essere considerato. Questi dispositivi impediscono ai coaguli di raggiungere il cuore e causare embolia polmonare, offrendo una protezione efficace nei pazienti con trombosi venosa profonda degli arti inferiori.
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